Il vino, la vigna, l’uva in Sardegna

di

Carlo Corbetta

Sardegna e Corsica: libri due⇒

1877

[p. 12]. L’Ogliastra tutta vigneti ed oliveti, le terre che si distendono sulle spiaggie orientali da Lanusei a Tortoli.

[p. 37]. Le viti si coltivano basse, a guisa dei vigneti di Borgogna e del Reno, anzi più spesso quasi a fior di terra, anche senza sostegni. Il modo poi con cui se ne estrae il vino, è ancora assai più primitivo del nostro. Nei campi stessi in mezzo ai tralci, stanno bacini o di pietra od anche semplicemente di muratura, ove, di mano in mano che si raccolgono, si pongono i grappoli. Due piccoli pali confitti ai lati nel suolo, tengono fissa una traversa orizzontale con madrevite nella quale gira una vite che porta una piccola tavola, ed essa, spinta a mano con leggere manovelle, viene ad introdursi nel bacino e pigia le uve. Così estratto il mosto, lo si porta a casa e si mette nelle botti a fermentare, e il resto dei graspi e le buccie degli acini, ancora ricchissimi di liquido, o si abbandonano o rado se ne estrae un’acquavite di una potenza straordinaria, di cui i Sardi van ghiotti. Codesti residui da noi servirebbero colla potente pressione del torchio a fare un secondo vino ancora fortissimo e spiritoso. Veri torchi per estrarre totalmente il sugo dalle uve si può dire non si conoscano o non se ne usano. La vernaccia che arieggia alquanto i vini di Spagna, è bianca, come ho detto, ma di tinta alquanto carica, essa non si può assolutamente bevere a pasto, ma solo a piccoli bicchieri ad

[p. 209]. Conoscevo per fama la famosa vernaccia sarda, vino bianco potente; ne ordinai dunque una bottiglia, offrendone anche ai miei compagni di viaggio. Ma non lo avessi mai fatto! Vi feci la peggior figura del mondo, ma più di me il caffettiere, poiché, stappatene una, due, tre, le si trovaron tutte inacetite ed imbevibili, tantoché si dovette accontentarsi di un pessimo vermut.

[p. 214]. A molte porte, in questi quartieri e nelle vie adiacenti, vedonsi sventolare numerose banderuole rosse; sono vendite di vino e rosticciaj, assai frequentati dalla gente meno agiata.

[p. 221]. Nessun villaggio o casolare s’incontra sulla strada in tutto il lungo tratto da Sassari ad Alghero di ben oltre trenta chilometri, per cui è stato d’uopo collocarvi due o tre cantoniere ove abitano gli operai addetti alla manutenzione della strada colle loro famiglie, i quali, oltre all’abitazione gratuita, hanno un sussidio mensile coll’obbligo però di tenersi forniti di vino e liquori, e qualche più indispensabile commestibile a comodo dei viaggiatori che vi trovano cosi assistenza ed alloggio.

[p. 231]. I pendii e le valli [dell’Anglona] sono più dolci, spesso seminati a frumento ed orzo, sparsi di belle macchie di quercia, alternati da pascoli e da qualche vigneto.

[p. ] Continua [dopo Martis] una vegetazione abbastanza vigorosa, e i vigneti coltivati bassi alla francese senza sostegni, e i pascoli popolati di numerose greggie di piccole pecore nere.

[p. 234]. Si lascia sulla sinistra Bortigiadas, seguendo la via fra massi irregolarissimi che pare minaccino ad ogni tratto rovina sovra il tuo capo, e finalmente ad un brusco risvolto di strada, in mezzo a vigneti e a campi di frutta, si vede Tempio.

[p. 239]. Per buon tratto ancora il terreno è ben coltivato a vigneti e grano; si lascia a sinistra Nuchis nascosto fra i monti, poi in mezzo a folte macchie di quercia-sughero che dà ottimo prodotto, si arriva a Calangianus che sorge sopra un’altura.

[p. 25]. Il terreno [del Goceano] nei contorni, solcato da qualche corso d’acqua ricco di saporose anguille, è abbastanza ben coltivato a grano, vigneti ed uliveti, sopratutto però si vedono pei vasti pascoli errare grosse mandre di bovi.

[p. 253]. Cordialissima e disinvolta è l’accoglienza; si accetta dell’eccellente vino di Nasco passito che ci offrono su argentea gualchiera in calici a labbro dorato, con certe paste di forma e sapore assai originale più forti e piccanti che dolci, preparate dalla signora del luogo.

[p. 265]. Ripreso il viaggio, continua la natura vulcanica del suolo, si passa vicino a Monte Pelao e si vedono i crateri spenti di Cheremule e Manno, i più alti fra i molti di quella plaga, ed i cui fianchi sono coperti di vigneti che danno ottimi vini, e dove ho occasione di osservare il modo di pigiare le uve, di cui ho già detto, modo veramente degno del patriarca Noè.

[p. 272]. Le sponde del Temo e i contorni di Bosa son proprio posti sotto una lieta guardatura di cielo, fecondante gli uliveti e i vigneti, che danno ottimo olio e la squisita malvagia.

[p. 279]. E fuori appena da quelle stamberghe che formano l’abitato hai terreni ricchi di rigogliosissima vegetazione e giganteschi cacti che danno abbondantissimi frutti, mele granate e vigneti, e nelle parti più umide e basse, pioppi e salici; poi chiusi a frutteti, vigneti, uliveti, a mandorle, con ricchi ed eleganti ingressi architettonici solidamente costrutti in muratura, protetti da immagini di santi, a statue, a pitture, e in fondo a questi ingressi, ville signorili e case di campagna.

[p. 288]. Altrove molti si aggruppano davanti alle porte delle case, ove i padroni offrono vino a tutti, e tutti ne bevono girando intorno la medesima tazza, dimentichi dell’igienico e seguito precetto sardo: Si ti queres samiy ahba su vino (se desideri esser sano annacqua il vino).

[p. 330]. Il terreno compreso … e vi hanno stabilito una colonia agricola che prospera assai bene, massime posta com’è sotto al vigile occhio, e sopratutto vicino, del direttore che può visitarla ogni giorno ove il voglia. Qui vi son pascoli e buoi, frumento e viti che danno ottimo vino.

[p. 354. A Musei per] gustare un bicchiere dello squisito vino, detto dì Nasco, che vi si produce.

[p. 378]. Tutti gli abitanti [di Calasetta e Sant’Antioco] si dedicano specialmente all’agricoltura, ed hanno buone viti ed abbondante vino che si esporta principalmente a Genova per pochissimo prezzo.

[p. 382]. Rimontando a nord di Capo Pula si costeggia il gran golfo di Cagliari, […] e finalmente proprio alla spiaggia il gran podere del Marchese di Villa Hermosa denominato Orri. Di questo podere il proprietario fece una vera delizia ed anche proficua, piantandovi a migliaja gli ulivi, ì mandorli e le viti che danno vino moscato ottimo fra gli squisiti di Cagliari.

[p. 383]. Intanto ì vasti terreni […] furono dalla solerte società utilizzati coltivandovi come a podere modello con vigneti, uliveti, agrumi, e grano.

[p. 390. Verso Cagliari]. I campi estesissimi, conterminati da siepi di fichi d’India, si alternano coi vigneti.

[p. 393]. A destra si eleva poi una catena di bassi colli coltivati a vigneti, sulle cui sommità vedonsi santuari di San Gemiliano e Santa Lucia, e dietro ad essi, in pianura, un gruppo di quattro paesuccii San Pantaleo, Sini, Serdiana e Soleminis.

[p. 433]. La contrada che si passa è tutta montuosa, a pascoli naturali sparsi di querele e di olivastri, pochi campi di grano, qualche rado vigneto; nessun abitato sulla tortuosa strada a saliscendi continuo, altro che il santuario isolato di Santa Maria di Loreto.

[p. 440]. Partono dal paese i cacciatori a cavallo, armati di lungo moschetto ad una canna e di stocco, per passarvi fuori anche la notte se occorre, e non portano seco altro che vino e pane, il companatico deve fornirlo la caccia, e se essa è sfortunata, il che è però difficile, ne fanno senza.

[p. 447]. Lasciati i monti e sulla destra Oliena, celebre pei suoi vigneti che danno vini eccellenti, si arriva al piano nella valle ove scorre il Cedrino e si costeggia per poco.

[p. 459]. [A La Maddalena] vi è pur coltivata in qualche luogo la vite, che dà ottima uva, tanto per vino, che per disseccare.

[p. 467]. Fatto il giro dei campi, rientrammo in casa, ove l’amico del Generale precedutoci ci aveva fatto preparare una colazione alla campagnuola, la quale benché fosse ancor presta ora, gustammo assai. Era carne salata, e cacio, e frutta bellissime e saporosissime, tutta roba di Caprera, e vino di Marsala stravecchio, dono di un negoziante siciliano, il tutto ammannito senza cerimonie, ma cordialmente in linde cestelle e panieri senza apparato di tovaglioli o porcellane.

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