TEMPIO

di Alberto La Marmora

Itinerario dell’isola di Sardegna

 Torino 1860

traduzione e cura di Maria Grazia Longhi
Nuoro, Ilisso, 1997 (Bibliotheca sarda, 16)

in francese: 

Superato il ponte si entra in un terreno montuoso, interamente granitico, come è quasi tutta la Gallura. Da lì si passa sotto il villaggio di Bortigiadas che si lascia a sinistra, e dopo una salita piuttosto ripida si arriva a Tempio.

Questa città, di fresca data, è posta in una specie di pianura ondulata, ai piedi del gigantesco gruppo del Limbara; anticamente veniva chiamata Villa Templi e prima ancora lì vicino si trovava la stazione romana di Gemellas, da cui viene forse il nome Gemini dato alla regione.

È solo da una trentina di anni che il paese di Tempio è stato ammesso, con Ozieri e Nuoro, al rango delle città della Sardegna.

Bisogna dire che già da molto tempo era sede di un vescovo, dell’intendente della provincia, di un comando militare e di un tribunale locale e che nonostante il nome di paese da oltre due secoli è considerata il capoluogo di tutta la grande regione di Gallura.

Gli abitanti della provincia sono considerati tra i Sardi più intelligenti, avendo una maggiore predisposizione per certi studi, per la poesia e per le canzoni improvvisate; si cita Gavino Pes tra i loro poeti più famosi.

Il loro linguaggio si avvicina più all’italiano che al sardo, assomiglia cioè al dialetto corso, cosa d’altronde naturale perché fino ai nostri giorni, la Gallura, priva di ponti e di strade, comunicava più difficilmente con le altre province dell’Isola che con la Corsica, con la quale è separata da un piccolissimo stretto.

Bartolomeo Pinelli - Costumi di Tempio, 1828
Ignoro se, dopo che Tempio è diventata città, i suoi abitanti abbiano conservato il particolare modo di vestire che era loro proprio; le donne soprattutto avevano un costume degno di nota. È quello che ho descritto e raffigurato nella prima parte del Viaggio in Sardegna, assieme alla scena delle donne riunite per cardare la lana, il graminatorgiu, che ha un’impronta molto speciale.
Cominotti-Gonin-Lallemand - Tempio, 1826-1839
Cominotti-Gonin-Lallemand - Graminatoggiu, 1826-1839
Tempio era rinomata nell’Isola per i fucili indigeni e per le armi bianche, fabbricate con particolare cura; dopo l’introduzione dei fucili stranieri a percussione e a doppia canna, la prima delle due produzioni è cessata, e l’altra sopravvive a fatica.
Giuseppe Sotgiu - Fucili di Tempio
coll. Luzzietti - Tempiesi, ca 1795-1805
Adesso ci sono nella città una sala di lettura e un piccolo teatro, costruito negli anni 1838-39, con due file di logge e abbastanza spazioso; qualche volta vi si rappresenta una commedia, chiamando una compagnia straniera o un’associazione di dilettanti.

Infine c’è anche una società filarmonica, composta di una ventina di amatori di musica che suonano specialmente in chiesa o in teatro, e qualche volta aprono gratuitamente la loro sala al pubblico.

Gli edifici di Tempio sono costruiti tutti con lastre di granito, o piuttosto con blocchi allungati che vengono squadrati per mezzo di arnesi di ferro; le pietre sono poggiate l’una sull’altra e tenute appena insieme con una calcina fatta di argilla a forte presa, e molto raramente con la calce, perché questo materiale finora costava molto caro dal momento che bisognava portarlo da molto lontano a dorso di cavallo. In effetti, le sole zone della Gallura in cui si trovi la pietra calcarea sono capo Figari e l’isola di Tavolara; come cemento è ottimo, ma dista da Tempio cinquanta chilometri che bisogna fare su sentieri tremendi, fino a oggi impraticabili dai carri e buoni appena per i cavalli del paese. Si estrae la calce anche in Anglona, nel villaggio di Sedini, ma è di qualità inferiore e il trasporto è ancora difficile e costoso. Del resto le costruzioni in questione sono molto solide, solo che le case non vengono imbiancate all’esterno, e neppure varrebbe la pena di farlo perché la calce dell’imbiancatura non fa presa sul granito e il primo acquazzone asporta tutto.

Le case di Tempio si presentano perciò con un aspetto esterno tutto particolare ma un po’ massiccio, aggravato dai pesanti balconi di legno a strapiombo sulla strada.

Né la cattedrale, né il palazzo del vescovo, né quelli delle altre autorità offrono alcunché di notevole; solo alcune case si distinguono un po’ dalle altre. L’unico edificio che dia nell’occhio è la prigione che, costruita nel 1845, è capace di contenere da quaranta a cinquanta reclusi.

Tempio è ben fornita d’acqua; quest’ultima, siccome attraversa un suolo granitico, non si impregna di sostanze saline e di conseguenza è sana ed eccellente. Le sue sorgenti arrivano in gran parte dalla grande montagna vicina.

Antonio Concas - Cascata del Limbara
Antonio Concas - Torrente e cascata del Limbara
Questa massa granitica, la cui cima è lontana solo otto chilometri dalla città, e la cui base arriva quasi ai muri delle prime case, costituisce una catena diretta più o meno da est a ovest; viste da lontano, le cime dentellate del Limbara assumono le forme più strane.
by Antonio Concas
Tra queste piramidi naturali si distingue il Giogantinu che misura oltre 1.310 metri sul livello del mare; più lontano, verso est si trova punta Balestrieri, più alta di 9 metri di quella del Giogantinu; ma quest’ultima, considerata la posizione, mi è sembrata preferibile come base per le operazioni trigonometriche.
Foto propria - a sinistra Punta Balistreri, a destra il Giogantinu
Giacomo Calvia - Giugantinu
È sulla sua cima che per i quattordici anni di durata delle mie operazioni nell’Isola ho fatto dalle dodici alle quindici ascensioni, passandoci spesso due o tre notti di seguito, ritirato in una specie di grotta naturale vicina al mio segnale, e rimanendo in quel posto giorni interi, nella speranza che la nebbia mi permettesse di vedere a distanza gli altri segnali. È per questo che dopo due o tre notti passate su queste rocce mi sono visto più di una volta costretto a ridiscendere in città, per aver esaurito tutte le mie provviste di cibo nonché rassegnato a riprendere la salita l’indomani, dopo averle ricostituite.
Giogantinu, di Alessandro Penduzzu
Salvatore Carta - Vista da Ozieri
Ricordo che durante una di quelle corse da Tempio al Giogantinu alloggiavo presso i frati delle Scuole Pie, detti “Scolopi”, che mi avevano dato ospitalità, e che, dopo due giorni e due notti passati infruttuosamente sulle cime, rientrai al convento proprio nel momento in cui quei buoni padri si mettevano a tavola; presi posto con loro nel refettorio con un grande appetito ma di pessimo umore per le avverse condizioni atmosferiche.

All’inizio del pasto un giovane laico salì su un pulpito per la lettura, e ben presto sentii queste parole del Nuovo Testamento, attribuite a San Pietro: Per totam noctem laborantes, nihil cepimus.

Essendo questo precisamente il mio caso, il mio cattivo umore svanì e scoppiai in una risata che fu condivisa dai miei gravi commensali ai quali avevo dichiarato l’insuccesso della mia escursione.

Scuole Pie o collegio dei padri Scolopi di Tempio
L’indomani ritornai alla stazione con nuove provviste, e fui più fortunato perché potei finalmente portare a termine il mio compito.
Salvatore Solinas -  Alba sul Limbara
A. La Marmora - Carta di triangolazione, 1835-1838
Dalla cima del Giogantinu lo sguardo spazia su tutta la Gallura e in lontananza sulla Corsica meridionale, oltre il canale che separa quest’isola dalla Sardegna; verso sud si scorge gran parte di quest’ultima, e verso ovest l’Anglona, la Nurra e l’Asinara.

Ho spesso tentato di distinguere, all’alba, la costa e i monti dell’Italia, ma invano; tutto ciò che ho potuto scorgere, verso est, è l’isolotto di Montecristo.

È nelle rocce elevate del Limbara che abitavano gli antichi popoli detti Balari, nome che, secondo diversi autori, significherebbe “fuggitivi”.

Matteo Aisoni - Vista della Corsica dal Limbara
Matteo Aisoni - Vista dal Limbara fino all'isola di Montecristo
Matteo Aisoni - Il mare visto dal Limbara
Salvatore Solinas - Limbara: vista dal Limbara del tramonto sull'Asinara

FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Carte, disegni, dipinti e litografie dell’800

Bartolomeo Pinelli, Costumi di Tempio, 1828, IN Raccolta di costumi italiani i più interessanti disegnati ed incisi da Bartolomeo Pinelli nell’anno 1828.

Giuseppe Cominotti e Enrico Gonin [disegno], A.J. Lallemand [incisione], Vestimenti sardi in serie – Tempio, ca 1826-1839, IN Alberto Della Marmora, Voyage en Sardaigne, ou Description statistique, phisique… Atlas de la première partie, 1. ed. Paris, Delaforest 1826; 2. ed. Paris, Bertrand – Turin, Bocca,1839.

Giuseppe Cominotti e Enrico Gonin [disegno], A.J. Lallemand [incisione], Graminatorgiu, ca 1826-1839, IN Alberto De La Marmora, Voyage en Sardaigne op. cit.

fucili di Tempio, IN Giuseppe Sotgiu, I fucili di Tempio, Tempio, Accademia Popolare Gallurese G. Gabriel, 2012.

Collezione Luzzietti, Tempiesi, ca 1795-1805, IN Francesco Alziator, La collezione Luzzietti: raccolta di costumi sardi della Biblioteca universitaria di Cagliari, De Luca 1963, Zonza 2007.

Alberto de La Marmora, Carta dimostrativa di triangolazione 1835-1838, IN Alberto de La Marmora, Viaggio in Sardegna, a cura di Manlio Brigaglia, Nuoro, Archivio Fotografico Sardo, 1997.

Cartoline e foto dell’800 e primi ’900

Collection Erennio Pedroni, Gianfranco Serafino, Vittorio Ruggero – Tempio Pausania

Photos contemporaines

Antonio Concas – Flickr; Alessandro Penduzzu – Flickr; Salvatore Solinas – Flickr; Matteo Aisoni – Flickr; Salvatore Carta – Instagram; Giacomo Calvia

© Tutti i diritti riservati

Condividi Articolo su: