Sanità pubblica
di Vittorio Angius – a cura di Guido Rombi
Malattie e cure sanitarie. Sia i maschi sia le femmine hanno aspetto, vivacità e agilità, propri di chi ha una salute forte.
Le malattie sono piuttosto rare; quelle però che più spesso si riconoscono sono nell’inverno i dolori “laterali” (polmonari), e dal luglio alla metà di novembre quelle periodiche e pericolose causate sia dalla variazione di temperatura, sia dall’aria malsana assorbita fuori del paese passando per valli infette.
La mortalità maggiore colpisce i giovani, perché essi meno di altri hanno cura di sé.
Attendono alla cura sanitaria dei cittadini quattro medici, due chirurghi ed alcuni “flebotomi” (infermieri). Questi, spesso presumendo troppo di sé, fanno le parti dei medici e dei chirurghi, e tuttavia se certamente mal suppliscono i secondi, pareggiano bene i primi, perché fanno tanto quanto quelli, cioè entrambi uguali nell’imperizia e nella indifferenza per la salute e la vita dei cittadini.
Ci sono quattro “spezierie” (farmacie), fornite dei prodotti di rifiuto ‒ in gran parte droghe ‒ delle farmacie di Sassari e di Cagliari, e ciò a causa della malafede dei distributori.
La vaccinazione non trova oramai alcuna opposizione, e ciò si deve allo zelo del compianto medico Terzitta, che seppe vincere a poco a poco il pregiudizio contrario.
Igiene pubblica e polizia sanitaria. Il forestiero troverà accettabilmente pulite le vie principali più frequentate; ma nelle altre ci si nausea per l’odorato delle carogne di animali domestici che giacciono in mezzo alle strade e per la sporcizia accumulata ai lati.
Uscendo fuori dell’abitato, in certe parti si trovano grossi cumuli di letame che imputridiscono nella fermentazione e restano finché gli ortolani li levano in tutto od in parte.
Il municipio dovrebbe badare a togliere queste cause di insalubrità, a vietare di contaminare e di sporcare le vie e di formare letamai così vicini all’abitato; ma non se ne è ancora occupato.
Questa nessuna sollecitudine del municipio è favorita dal fatto che i cittadini non reclamano per l’inosservanza delle regole dell’igiene pubblica.
Camposanto. Due siti pestilenziali sono dentro Tempio: la macelleria, come abbiamo già accennato, ed il cimitero.
Quest’ultimo sta in un recinto alle spalle della cattedrale, così piccolo che vi si possono aprire appena 160 fosse. Siccome il numero medio annuo dei morti è di circa 150, così accade che si devono riaprire dopo un anno le fosse per togliere i resti dei cadaveri non tutti interamente consunti, e deporvi i nuovi morti.
Le fosse sono così poco profonde, così mal chiuse, che in certi giorni caldi, specialmente ai crepuscoli, non vi si può passar vicino per l’insopportabile fetore che ne vien fuori e si sparge.
Entrando dentro si vedono tante sozzure ai lati del sentiero che bisogna tornare indietro. La terra sacra dei sepolcri è tenuta dai sacristi e da altri della cattedrale come una cloaca.
Nel 1835 si era finalmente deliberato di formare un camposanto fuori del paese a distanza di circa 12 minuti secondo le prescrizioni del governo, ma i proprietari vicini al luogo destinato si opposero, ed uno ‒ pagando 100 scudi alla Intendenza ‒ ottenne che si stabilisse lontano dalla sua vigna. Allora lo si disegnò dietro la chiesa di San Giuseppe, si costruì la cinta sino ad una certa altezza, e sembrava finalmente che vi si sarebbero dopo poco aperte le sepolture; ma in due diverse notti, col concorso di molti uomini armati di picconi e vanghe (“d’istromenti”), quella costruzione fu rasa al suolo.
L’autorità cercò gli autori ed istigatori di quella distruzione, ma non venne a capo di nulla.
Corse però voce che vi avessero avuta gran parte i proprietari dei poderi vicini, che detestavano la vicinanza delle tombe; e si disse pure che anche i preti della cattedrale fossero indignati che i cadaveri dei corpi battezzati venivano portati fuori dalla città come si faceva con le carogne, e che questo nuoceva al bene delle anime defunte perché, essendo lontane dalla chiesa, il loro ricordo presso i propri cari avrebbe rischiato di sbiadirsi rispetto al presente in cui invece, andando in chiesa, ognuno si ricordava dei propri morti; infine sarebbero calate le messe ed assoluzioni in loro suffragio.
A Tempio è profondamente radicata nel popolo l’opinione che l’anima sia molto sollevata nelle pene dell’espiazione da un sontuoso funerale, e perciò bisogna proprio che i parenti dell’estinto giacciano nell’indigenza per non domandare i riti più o meno solenni della chiesa. Basti dire che le famiglie dei cavallanti, che pur non guadagnano molto trasportando merci di poco prezzo da un paese all’altro, non sogliono spendere meno di 200 lire perché uffici il capitolo. A questa idea religiosa si aggiunge, a soddisfare la vanità delle famiglie, l’onore della visita di condoglianza che il capitolo dopo l’ufficio fa tutto insieme (“in corpo”) alla famiglia del defunto.
È necessario qui segnalare la maniera indegna con cui i cadaveri dei poveri si trasportano nella chiesa sopra una rozza e brutta bara sulla quale resta disteso il corpo morto bene in vista a tutti, sebbene per le alterazioni della malattia e della morte debba fare orrore la sua visione. Il cadavere d’un povero cristiano è trattato come quello di un cane morto.
Non diversamente sono trattati i corpi di persone rispettate se non hanno lasciato apposite disposizioni di spesa per funerali onorifici. È il caso della morte di Pietro Giganti [fondatore del teatro cittadino] nel 1843, che fu causa di grande scandalo, Egli, che aveva reso ai suoi concittadini il massimo bene che aveva potuto e saputo fare, amico dei poveri, aveva voluto una modestissima sepoltura. Gli eredi, per rispetto della sua volontà, non fecero le spese che le altre famiglie erano solite fare, ed allora il defunto fu trattato come i più abbietti poveracci: deposto sul pavimento senza lumi e senz’altro onore, dove restò finché la vedova non comprò il velluto a ricoprire la cassa, la solita quantità di cera ed offerto le elemosine per i riti. Il velluto, la cera e le elemosine sono per il capitolo. Questo fatto fu causa di grande scandalo.
Se si grida contro questo sistema non è sempre a torto.