Dal 1807 al 1837
di Vittorio Angius – a cura di Guido Rombi
Verso il 1808 gli aggesi ed altri galluresi, avendo sentito che stava entrando in vigore la coscrizione militare, si armarono per opporsi alla esecuzione dei supposti ordini. Nominarono a capo Don Gavino Agostino Valentino, ma questi rifiutò; chiamarono allora Don Pietro Prunas di Bonorva, imparentato alla casa Valentino, uomo ricchissimo e potentissimo nel Logudoro, il quale ugualmente rinunciava. Il Governo li ricondusse comunque facilmente all’ordine.
Nel 1810 si stabiliva a Longone [Santa Teresa] una nuova popolazione: dal nome della regina Maria Teresa d’Austria si volle chiamare il borgo Villa Teresa, ma questo nome non fu accettato dall’uso. Dell’insediamento si occupò l’avvocato e capitano Magnon, uomo di molto ingegno e virtù, che era felice di beneficare anche quelli dai quali aveva patito ingiurie. Egli educava, istruiva, formava all’onestà i coloni e li dirigeva nelle opere rurali. L’introduzione delle patate in Sardegna si deve a lui. Alcuni pastori, ai quali spiaceva che una parte dei loro antichi pascoli fosse assegnata a quei nuovi popolani, pensarono che se avessero tolto di mezzo Magnon, il nuovo villaggio si sarebbe sciolto. Il Magnon fu preso di mira una prima volta, eppure, salvatosi, non perseguitò l’offensore ma lo beneficò; poi però fu ucciso da un altro mentre faceva ritorno dal territorio di Capo Testa che gli era stato concesso dal sovrano. Il suo nome è oggi venerato tra i longonesi, e se sulla sua tomba non si legge alcun titolo gli valgano a perpetuo onore queste mie parole.
Nel 1812 ci fu una grande carestia, per cui la Gallura patì non poco. Molti morirono.
L’arciduca d’Austria Francesco duca di Modena, venuto in Sardegna per sposare Maria Beatrice, la figlia di Vittorio, perlustrando l’isola visitava la Gallura.
Nel 1814, restaurata in Francia la dominazione dei Borboni, si riapriva il commercio lecito tra la Gallura e la Corsica – il clandestino non era mai stato abbandonato –, neppure quando la inimicizia politica era più viva.
Nel 1819, nella festa popolare di San Paolo di Monti, molte persone influenti dei villaggi, che dopo la creazione dei carabinieri vedevano scemata o annullata la loro influenza e compresso il loro egoismo, e finalmente severe leggi a reprimere la ingiustizia, intesero far recedere il Governo dai saggi provvedimenti chiamando in rivolta tutti i capi di squadriglie. Questi si presentarono con le loro genti presso Tempio, minacciando atti di vera ostilità se i preposti al Governo ed all’amministrazione della giustizia non avessero consentito ad un indulto generale, al libero porto delle armi ed alla continuazione delle barracellerìe, oltre che alla riduzione dei tributi, articoli, che erano stati suggeriti, giacché i postulanti non vi avevano alcun interesse.
Il Viceré Thaon capì bene da dove proveniva il movimento e in breve tempo lo disperse. Si ripresentò un’altra volta un mese dopo, sebbene in minor numero; ma la forza del Governo snervò la loro audacia. Successivamente i moschettieri, detti carabinieri reali, non persero mai di vista i principali sobillatori e in breve liberarono la Gallura dalla loro tracotanza.
L’istituzione dei sunnominati militari se apportò un gran miglioramento in quei dipartimenti dove era gran numero di pastori e di uomini oziosi, audaci e malefici, lo fu ancor più per la Gallura. I carabinieri, rispettati e temuti, controllavano quelli che potevano creare disordini e reprimevano i malfattori, che erravano per le campagne. Gli aggesi cominciarono a farsi più tranquilli e si applicarono all’agricoltura; allo stesso modo tutte le altre genti della Gallura migliorarono di giorno in giorno diventando più docili.
Il 13 maggio 1829 Carlo Alberto, Principe di Savoia-Carignano ed ora Re di Sardegna, mentre visitava quest’isola venne in Tempio, e fu alloggiato nell’Episcopio e nell’attiguo palazzo Villamarina. Anche i galluresi, come tutti i sardi, confidavano in lui per migliorare il proprio destino e lo onorarono come poterono. Se il suo ingresso nel capoluogo della Gallura non fu propriamente pomposo, ricevette però le più sincere acclamazioni e dimostrazioni di amore. Il giorno dopo, in un salone dello stesso palazzo, si fece vedere al Principe il lavoro festivo del carminatoio, al quale parteciparono le più belle zitelle; quindi una numerosa mascherata a cavallo sfilò per la vicina piazza. In ultimo i più abili giocarono al bersaglio.
Nel 1836 Tempio ottenne gli onori di municipio da molto tempo meritati e desiderati. Si celebrarono magnifiche feste, e si manifestò a Carlo Alberto tutto il possibile ringraziamento e tutta la propria devozione.