Bonaparte e la Maddalena
di Vittorio Angius – a cura di Guido Rombi
Il 22 febbraio 1793 i francesi – che già andavano ritirandosi da Cagliari senza successo – attaccarono la Maddalena con una flotta di 23 imbarcazioni, la maggiore delle quali era una grossa fregata. Partecipava a questa spedizione Napoleone Bonaparte.
Mentre i nemici erano in gran numero e ben forniti di tutto, la Maddalena non aveva che 500 uomini di difesa, compreso il piccolo distaccamento di truppe d’ordinanza e i 250 galluresi che vi furono mandati di rinforzo. Come imbarcazioni avevano solo due mezze galere e alcune gondole e galeotte, che si ormeggiarono in luoghi favorevoli a mantenere le comunicazioni con la più grande isola; a Palau invece erano giunti a presidio – avendo come vessillo la bandiera della Madonna di Luogosanto – alcune migliaia di galluresi sotto il comando di Don Giacomo Manca dei marchesi di Thiesi, commissario generale della cavalleria miliziana.
Inoltre vi erano altri uomini disposti in ulteriori luoghi dove si poteva tentare uno sbarco, e non pochi sul litorale di Vignola.
Nella mattina del 23 i francesi cominciarono a bombardare il forte e il borgo della Maddalena, subito controbattuti dai sardi da mare e da terra. Mentre il combattimento infuriava, otto piccole barche francesi si diressero verso l’isola di Santo Stefano che veniva occupata da Bonaparte, mentre la fregata andò a porsi nel canale tra le isole e la Sardegna.
All’alba del 24 i sardi videro che sopra la punta di Santo Stefano si era finito di apprestare la batteria contro cui il giorno precedente aveva molto sparato il cannone della Maddalena. Napoleone cominciò quindi un intenso cannoneggiamento; ma subito si accorse che gli assaliti si erano ben preparati: perché da una piccola batteria di due cannoni eretta nella tregua della notte essi cominciarono a sparare sulla fregata francese che, colpita negli alberi, dovette nascondersi.
Poiché la batteria francese continuava a martellare la Maddalena, i sardi capirono che quell’isola era perduta se non fossero andati a Santo Stefano a sloggiarne i nemici. A tal fine costruirono nella notte successiva un’altra batteria per costringere la squadra nemica a lasciar libero l’accesso.
Giunto il 25 si riaccese lo scontro, e i nemici furono contraccambiati con un terribile fuoco per tutto il giorno.
Il 26, mentre la battaglia ferveva più forte, 400 sardi si imbarcarono da Palau con varie imbarcazioni e si diressero, a voga arrancata, a Santo Stefano contro la batteria francese, mentre la fregata francese molto danneggiata dalle palle incendiarie veleggiava verso Arzachena lasciando libero il passo.
Napoleone accortosi del pericolo d’assalto imminente dei sardi corse a imbarcarsi frettolosamente seguito dai corso-galli che erano con lui, e lasciò sul terreno in preda ai vincitori un mortaio, quattro grossi cannoni, una grande quantità di munizioni e tutto il bagaglio.
Le barche nemiche, mentre fuggivano passando fra le isole, presero molte cannonate, e soprattutto al Capo della Caprera ricevettero una scarica di tiri ben distribuiti ad opera di 150 galluresi lì posizionati, che fece strage degli assalitori.
In totale i francesi subirono 210 uomini uccisi e molti feriti, mentre poche perdite infersero ai sardi. Contro i quali avevano scagliato 500 bombe e 5000 palle con pochissimo danno, ad eccezione di due soli edifici. Andò perso però tutto il bestiame che pascolava a Santo Stefano e nelle altre isolette, salvandosi solo quello di Caprera.