Prefazione

di Silla Lissia

La Gallura si differenzia per diversi lati dalle altre regioni della Sardegna. Forse ab antiquo essa trovò una ragione di differenziazione nella sua composizione etnica, differenziazione che anche oggi trova la sua manifestazione nel linguaggio comune dei galluresi, i quali chiamano sardi gli abitanti del centro dell’isola e maurreddi quelli della provincia di Cagliari. Ma questa differenza è poi scomparsa durante parecchi secoli di vita e di governo in comune.

Tuttavia il carattere psicologico della popolazione gallurese è diverso da quello dei rimanenti popoli sardi e ne è diverso il modo di vita. La metà della popolazione gallurese vive sparsa nei più che tremila stazzi che popolano le campagne della Gallura, mentre nelle altre regioni la popolazione vive per lo più agglomerata. Da qui, una prima differenza antropo-geografica.

Il sentimento della vendetta, più forte nel gallurese che negli altri popoli, dà poi una impronta speciale al popolo di Gallura e ne forma la caratteristica morale. Ed io non credo di dover attribuire questa caratteristica ad una ragione etnica, come l’origine prevalentemente corsa della popolazione porterebbe a credere. Io ho ragioni di pensare che lo spirito di vendetta, comune a tutti i sardi in genere ma più accentuato nei galluresi, sia dovuto ad un fatto di indole economica.

I Galluresi erano già arrivati alla pastorizia fissa quando ancora gli altri popoli di Sardegna continuavano a mantenere la pastorizia errante. Mentre quindi questi non avevano acquistato il sentimento speciale della casa propria stabile e mutavano indifferentemente dimora a seconda delle stagioni e delle vicende atmosferiche, il popolo gallurese si aveva fabbricato i suoi stazzi di granito, nei quali viveva stabilmente con la propria famiglia. Questo cambiamento di vita non poteva non portare un cambiamento nella costituzione psichica del popolo di Gallura. E mentre quelli conservarono tenacemente quello spirito razziatore proprio della pastorizia nomade e che oggi trova la sua manifestazione nelle grassazioni, il popolo gallurese acquistò un sentimento elevato della propria famiglia, della propria casa e del proprio onore, abbandonando quello spirito razziatore che tanto filo da torcere aveva dato ai Romani.

Coerentemente a questo sentimento della famiglia dell’onore si sviluppò fortissimo il sentimento della “vendetta d’onore”, che in quei tempi di prepotenza e di iniquità diveniva l’unico presidio dell’integrità personale e famigliare.

Un’altra ragione di differenziazione si trova nel dialetto parlato dai galluresi, il quale è tanto diverso dal logudorese e dal campidanese.

Per cui credo sia giustificato uno studio a parte della Gallura, indipendentemente dalle altre parti della Sardegna.

In generale siamo abituati a leggere in un libro scritto da Sardi su cose Sarde le lodi incondizionate ed esagerate di questo povero popolo Sardo abbandonato e continue querimonie, le quali non cessano di esser tali benché basate sul giusto diritto. In questi studi io ho cercato, per quanto mi è stato possibile, di spogliarmi di quello spirito di campanile, che lega ogni uomo alla sua terra natale; né mi sono lasciato vincere da quel sentimento naturale ed umano, che porta a nascondere sempre od attenuare le colpe ed i difetti dei propri compaesani. Io ho detto, quello che ho creduto di dover dire, senza reticenze e senza eufemismi, perché sono convinto che il bene del proprio paese si ottenga meglio e solo col disvelarne le piaghe che lo affliggono, per fare in modo che a tempo possano essere curate e sanate.

Io non so se sarò riuscito a far bene quello che mi ero proposto di fare, ma so che questa era la mia volontà; e se non sarò riuscito il lettore benevolo voglia indulgere alla buona intenzione.

Tempio, ottobre 1903.

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