OLBIA
di William Henry Smyth⇒
Relazione sull’isola di Sardegna⇒
Londra 1828
A cura di Manlio Brigaglia, traduzione di Tiziana Cardone
Nuoro, Ilisso, 1998 (Bibliotheca Sarda, 33)
in inglese:
La barriera che va da una parte all’altra dell’entrata del golfo, dal litorale a nord fino ad un piccolo isolotto a sud, non è transitabile dalle imbarcazioni in alcun punto, perciò l’unico passaggio possibile è tra questo isolotto e il mare aperto.
Oltrepassata la fila di scogli che si estende in mezzo al porto come un immenso molo e approdando a una spiaggia poco profonda, la spiacevole impressione è rafforzata dalle strade non lastricate e dai viottoli pullulanti di sudiciume di ogni tipo; mentre le tristi case basse di granito rosso, con i loro interni oscuri, sembrano caratterizzare il paese come la dimora dell’indegnità e della miseria.
La migliore costruzione è la chiesa di San Simplicio, un edificio pisano fuori della città, proprio al di sotto del quale vi è una sorgente di ottima acqua.
Nessuna città d’Europa è più disonorata di questa da un gruppo di miscredenti assetati di sangue; la vita di un uomo vi è considerata un oggetto così insignificante che per un’offesa anche di minima entità si uccide senza cerimonie e senza commenti. […]
A nord vi è il Monte Pino, alto circa 1900 piedi e così chiamato per i suoi alberi di pino, e anche perché è quasi l’unico luogo dell’isola in cui si possano trovare.
Si vedono ancora molti resti dell’antica Olbia, un nome derivato, presumo, piuttosto dalla fertilità del terreno che dalla felicità dei nativi, perché l’”intemperie” al tempo del fratello di Cicerone era probabilmente altrettanto fatale quanto lo è ora, sebbene la terra sia coltivata meglio.
Nel 1710 Terranova fu occupata da un distaccamento dell’esercito comandato dal duca di Tursis, ma sia le truppe sia i quattro vascelli che li avevano trasportati dalla Corsica furono catturati dall’ammiraglio Norris e dal generale Brown nel giugno di quello stesso anno.
A causa dei difetti del porto, quando soffia il vento di terra spesso i piccoli battelli costieri gettano l’ancora nell’isolotto di Porto Vitello, una baia profonda, situata tra Capo Ceraso e la barriera di scogli, ma di solito le grandi navi si fermano, in dodici o quattordici braccia d’acqua, a Golfo Aranci, una baia sotto il Capo Fìgari che è il Columbarium di Tolomeo. Qui le navi sono quasi racchiuse dalla terraferma, perché l’isola di Tavolara si estende di traverso al golfo verso sud, così piatta e scoscesa da rassomigliare ad una gigantesca muraglia.
FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI
Cartoline e foto di fine ’800 e primi ’900
coll. Marella Giovannelli
Antonio Castellini, foto San Simplicio, IN Album ricordo della Sardegna, Milano, Garzini-Pezzini, 1911.
Foto contemporanee
Salvatore Solinas, Gianni Careddu – CC-BY SA 4.0, wikimedia commons, Aurelio Candido, www.gruppogedi.it, Japs 88 – CC-BY SA 4.0, wikimedia commons
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