Mezzadria

di Francesco De Rosa

In nessun luogo meglio che in Gallura si è risolto più equamente il problema tra il capitale ed il lavoro, tanto nelle cose agricole che nella pastorizia, col far sì che l’agricoltore ed il pastore partecipino in parti eguali ai frutti che ne provengono.

Nella coltivazione dei cereali e degli ortaggi il proprietario, o per meglio dire, il soccida principale (lu gjuagliu maggjori) deve fornire il terreno per la coltivazione, i buoi, il pascolo e gli strumenti di lavoro, oltre a provvedere al mantenimento dell’agricoltore e della sua famiglia mediante retribuzione all’epoca della raccolta, senza interesse di sorta: l’agricoltore o soccida minore (gjuagliu minori) contribuisce alla manodopera, responsabile però del bestiame che gli viene affidato. Le spese dell’aia sono a carico di entrambi, meno quella del formaggio che è a tutto carico del soccida maggiore.

Talvolta la mezzadria è pattuita fra due agricoltori. In questo caso, trattandosi di cereali, uno è tenuto a preparare il terreno per ricevere la semente ed a mieterlo, il secondo agli altri lavori d’ammendamento, come dissodamento, aratura, zappatura, diserbamento ecc., e a provvedere la semente, i buoi, il pascolo e gli attrezzi rurali; entrambi contribuiscono al pagamento del terreno affittato per la coltivazione dei cereali e alle spese dell’aia, meno che per il formaggio, che deve essere fornito dal secondo; il quale, essendo il socio minore, deve provvedere al mantenimento della famiglia del primo nel tempo che sta disboscando il terreno e mietendo il grano. Tale mezzadria viene denominata a gjuaglinu.

Nella coltivazione della vigna, il proprietario la concede nello stato in cui si trova, ed il socio minore deve coltivarla secondo la usanza comune, e contribuire col primo alle spese della vendemmia.

Per quanto concerne la pastorizia, il socio principale (lu pupiddu) fornisce il bestiame, ed il minore, ossia il pastore, provvede al pascolo e a tutte quelle cure che sono necessarie alla buona tenuta del bestiame, come anche ai lavori necessari per ottenere e raccogliere i frutti ed i prodotti della pastorizia: frutti e prodotti che il principale ed il pastore dividono in porzioni eguali.

Il pastore è responsabile del bestiame a lui affidato salvo che non muoia in tutto o in parte per malattia, morbo epidemico o altra causa non imputabile a disonestà o negligenza. Di tutte le bestie che muoiono per malattia o per colpa delle volpi o d’altri animali, il pastore deve presentare al soccida primario la pelle od il cuoio, altrimenti il danno rimane tutto a suo carico. Il pastore è tenuto a regalare a Pasqua e a Natale un agnello al socio primario o maggiore.

Dopo sei anni per il bestiame grosso (vacche) e otto anni per il bestiame minuto (capre, pecore e porci), le bestie consegnate al pastore ed i loro nati diventano proprietà comune di entrambi i soci i quali se li dividono in parti eguali.

Spesso il soccida principale compra la porzione aspettante al pastore, affidandogliela poi alle stesse condizioni del primo contratto.

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