La Copertina del National Geographic

Al centro del Mediterraneo occidentale vi è la Sardegna. Lungo le rotte commerciali che collegano quest’isola rocciosa alle terre circostanti, mille influenze diverse sono venute a insaporire la vita e colorare il carattere dei Sardi.

Da quando le navi fenicie trovarono in Sardegna somiglianze coi loro porti d’origine, dove il Libano si affaccia al mare, l’isola a ovest del collo del piede d’Italia è stata invasa da una razza dopo l’altra. Tre continenti hanno lasciato la loro impronta nella vita e nelle caratteristiche delle persone.

L’isola è rimasta aperta alle influenze esterne. Ma le montagne, che quasi monopolizzano il territorio, hanno talmente segregato le varie parti che ancora oggi ogni villaggio ha un sapore proprio. La Sardegna è ancora incontaminata. Il banditismo della strada è diventato una semplice tradizione e l’isolano più romantico può rivelarsi un amico premuroso. Gli hotel sono pochi e i treni sono comodi. Ma così varia, così interessante è la vita tra le colline tondeggianti e nel vasto Campidano, che il viaggiatore è ben ripagato dei disagi derivanti dalla condivisione della vita di gente, la cui ospitalità con il poco che hanno svergogna l’avido lusso di località rinomate.

Per quanto povera di beni terreni, la Sardegna è ricca di accoglienza per quegli amici che vengono a trovarla, cercano di capirla e si immergono con piacere a conoscere le usanze e le tradizioni dei luoghi dove vivono.

IRRIGAZIONE E AUTOMOBILI FANNO IL LORO AVVENTO IN SARDEGNA

L’apostolo del progresso e della vita standardizzata non si lasci scoraggiare. Gli abiti europei stanno sostituendo i costumi brillanti per i quali la Sardegna è giustamente famosa. Cagliari, con la sua cittadella, è ora scossa da tram che servono la città bassa, con i suoi edifici a struttura d’acciaio e le sue ampie vie di comunicazione. Le automobili stanno già contendendo le strade ai lenti carri a buoi su rozze ruote di legno. I lavori di irrigazione sono in corso e presto i torrenti tumultuosi saranno arginati in grandi laghi interni, e tutta la campagna sarà animata dall’elettricità, mentre vaste regioni saranno bonificate per l’agricoltura.

Per il momento, tuttavia, la letteratura di viaggio non ha molto da dolersene. Nelle regioni dell’interno, la domenica viene illuminata dai radiosi abiti scarlatti che prendono il posto di quelli cupi delle giornate lavorative, e piccoli asini e buoi pazienti percorrono lentamente le strade che i Romani costruirono quando Roma era la padrona del mondo.

Se l’automobile si infila nella solitudine bucolica, si viene trasportati attraverso scene incantevoli e ricche di diversità, e si riceveranno, in un pur breve itinerario, accoglienze così festose che non è facile trovare altrove.

La maggior parte dell’isola è ricoperta da basse catene montuose, la maggior parte delle quali hanno una forma rotonda e liscia. Le regioni sud-orientali hanno vette di grandiosità alpina, ma la montagna più alta del paese, il Gennargentu, è più imponente più per la sua massa che per la sua altitudine di 6.233 piedi. La sua cima, da cui si gode una vista meravigliosamente estesa, può essere facilmente raggiunta a cavallo, anche se le vette più alte sono coperte di neve per gran parte dell’anno.

LA SARDEGNA VOLTA LE SPALLE ALL’ITALIA

Lungo la costa orientale della Sardegna corre una catena montuosa che presenta una brusca scarpata verso il continente e rende l’isola difficilmente accessibile da questo lato. Tra Capo Carbonara e Baia Aranci non si trova alcun porto naturale sicuro o baia ben riparata.

Sul lato occidentale, le montagne hanno pendenze più dolci e qui si trovano i golfi più belli di tutta l’isola: il golfo di Palmas, tanto citato dall’ammiraglio Nelson, e il Porto Conte vicino ad Alghero, un porto naturale in grado di ospitare la flotta più potente del mondo.

La pianura sarda più estesa è quella che si estende a nord-ovest da Cagliari a Oristano. Essa produce nel viaggiatore una strana impressione. Sebbene sia lunga appena 50 miglia, sembra immensa, perché è proporzionata alla scala degli oggetti circostanti, soprattutto alla modesta altezza delle catene montuose che la limitano.

In primavera questa pianura, le cui due parti prendono rispettivamente il nome di Campidano di Oristano e Campidano di Cagliari, è ricoperta nei suoi tratti incolti dai più bei fiori selvatici, che conferiscono allo scenario una tonalità calda e variegata e abbelliscono notevolmente il paesaggio.

Nei mesi estivi un sole impietoso dai raggi cocenti secca e brucia tutto, e la pianura, ricoperta com’è da un manto giallo e uniforme di erbe secche, assume un aspetto desolato. I villaggi senza pretese, costruiti con mattoni cotti al sole, acquistano un aspetto più povero di prima.

CINQUE MESI DELL’ANNO SENZA PIOGGIA

Da giugno a fine ottobre sull’isola non cade pioggia. Di settimana in settimana non si scorge la minima nuvola nel cielo azzurro, che nelle ore più calde assume una tinta lattiginosa.

Altre due pianure, meno estese e interessanti, si trovano nella parte alta dell’isola: la Piana della Nurra a nord-est, che termina a Capo Argentiera, e il Campo di Ozieri, che si trova nei pressi di Chilivani, punto di convergenza di quattro linee ferroviarie. Entrambi hanno un aspetto un po’ diverso dal Campidano.

Con queste eccezioni, la Sardegna, soprattutto nella sua parte centrale, non è altro che una rete di catene montuose, una massa ininterrotta di colline tondeggianti e prive di alberi, verdi e belle in primavera, bruno-giallastre e desolate in estate, anche se qua e là, lungo le pendici dei Monti Barbaricini si trovano macchie di verde, anche nella stagione calda.

LO SVILUPPO DIPENDE DA QUATTRO FIUMI

Naturalmente ci si aspetterebbe molti fiumi in un’isola ricca di montagne; ma in Sardegna non è così. A causa della scarsità delle piogge durante diversi mesi dell’anno, i torrenti sardi difficilmente meritano il nome di fiumi. D’inverno, dopo piogge abbondanti, diventano veri e propri torrenti e hanno un corso rapido e pericoloso; d’estate si seccano quasi completamente, e uno stretto rivolo d’acqua fangosa, che si può facilmente attraversare d’un passo, è spesso tutto ciò che resta di un impetuoso torrente invernale. A volte un ponte in ferro a quattro arcate si estende su uno stretto nastro d’acqua tra tratti di selce che segnano il corso di un fiume nella stagione delle piogge.

Una nota a parte meritano i quattro fiumi principali, perché dalla loro regolamentazione dipende il benessere e la prosperità dell’intera isola.

Il Tirso nasce nell’altopiano granitico di Buddusò, nella parte alta dell’isola, e dopo un percorso di 84 miglia sfocia nella baia di Oristano, dove anticamente sorgeva la città romana di Tharros. Il Flumendosa nasce dai monti della Barbagia e sfocia nel Mar Tirreno nei pressi di Muravera, nella Baia del Corallo. Il Coghinas, che nasce nelle catene montuose del Marghine, nella Sardegna nordoccidentale, sfocia nel Golfo dell’Asinara, mentre il Temo sfocia nel mare nei pressi di Bosa.

LA SARDEGNA SI ASPETTA DI AVERE IL PIÙ GRANDE LAGO ARTIFICIALE D’EUROPA

Nella parte centrale dell’isola è stata costruita un’imponente diga, alta 235 piedi e spessa 250 piedi. È progettato per trattenere e raccogliere le acque del Tirso in modo tale da formare un lago artificiale di circa 12 miglia di lunghezza e 40 miglia di circonferenza, che sarà il più grande del suo genere in Europa. Le turbine elettriche forniranno corrente in gran parte dell’isola.

Una particolarità della costruzione è che le turbine e le macchine elettriche sono collocate nel corpo stesso della diga. Le eccedenze verranno raccolte in un grande serbatoio nei pressi di Fordongianus, e mediante tre canali le acque del Tirso verranno indirizzate a scorrere nella pianura che circonda Oristano, irrigando un vasto tratto di terreno coltivabile, con grande vantaggio dell’agricoltura e miglioramento delle condizioni di salute. Le turbine sono già in funzione e la corrente elettrica viene fornita a basso prezzo, sia per l’illuminazione che per scopi industriali.

Le caratteristiche paesaggistiche della valle dove si realizzano lavori così imponenti saranno molto cambiate, e d’estate la pianura oristanese non avrà più l’aspetto di adesso. Quando si formerà il lago artificiale, i fianchi rocciosi e brulli delle colline, ora ricoperti di arbusti selvatici, saranno sostituiti da ampi tratti di terreno coltivato e ben irrigato. Sorgeranno fabbriche dove ora ci sono solo poche misere capanne, abitate da poveri pastori che guidano i loro greggi alla ricerca di scarso cibo.

Il Flumendosa, pur avendo un corso più breve del Tirso, è sicuramente più imponente, sia per la portata d’acqua che trasporta, sia per la bellezza pittoresca delle sue sponde. Scorre tra colline brulle, ma durante l’estate le sue sponde si ricoprono di arbusti di oleandri. Il paesaggio assume un aspetto grazioso, e i fiori rosa degli oleandri si confondono con i pendii bruni, mentre il fiume, che anche nei mesi più caldi trattiene una notevole quantità d’acqua, si snoda qua e là, o spande larga la sua piena, secondo la conformazione del suo letto.

Il paesaggio in questa parte dell’isola è tipicamente sardo. I villaggi sono situati distanti tra loro. Di tanto in tanto un gregge di pecore bianche costella il fianco di una collina, dove un piccolo recinto di pietra attorno a una capanna a forma di cono con il tetto di paglia indica l’esistenza di un ovile. La strada maestra, in splendide condizioni percorribili in automobile, nonostante innumerevoli curve e tornanti, corre lungo il fianco di colline sovrastanti, brulle e bianche.

Un altro torrente che sfocia in mare sulla costa occidentale è il Temo, sulle cui rive è edificata la città di Bosa. Assomiglia ad un fiume più di qualunque altro corso d’acqua della Sardegna. Barche a vela spiegata risalgono la corrente per quasi due miglia, e nei pressi di Bosa il fiume scorre tra gli orti e i giardini più belli della Sardegna; ma il suo corso è così breve e la rada in cui sfocia così aperta che il Temo non ha alcuna importanza commerciale.

La stessa ditta che ha progettato e realizzato la costruzione della diga del Tirso è stata incaricata di realizzare analoghi invasi per i fiumi Coghinas, Flumenda e Temo.

LE PISCINE DI MARE UNA CARATTERISTICA DELLA PROVINCIA DEL SUD

Lungo la costa sarda, soprattutto nella provincia meridionale, sono presenti notevoli specchi d’acqua, popolarmente conosciuti come stagni di mare. Cagliari è circondata da tali saline, le quali, essendo in diretta comunicazione con il mare e trattenendo nella loro acqua una notevole quantità di sale, non sono pericolose per la salute, poiché le larve delle zanzare non possono vivere in esse.

Il lago di Santa Gilla vicino a Cagliari costituisce un elemento sorprendente del paesaggio ed è il rifugio di innumerevoli anatre selvatiche e altri uccelli acquatici. Soprattutto è il luogo preferito dai fenicotteri che emigrano dall’Africa per trascorrere i mesi più caldi dell’anno nei dintorni di Cagliari.

In agosto, poco dopo il tramonto, si possono vedere quegli strani uccelli volare alti sopra la città, nel loro viaggio quotidiano dallo stagno ovest verso est. Visti dal basso sembrano tante croci, con il collo teso, le zampe strascicate e le ali corte.

L’ISOLA PRINCIPALE CIRCONDATA DA ISOLOTTI

La severa costa sarda, con i suoi speroni e le sue scogliere, presenta una brusca parete orientale con poche rientranze. Sul lato occidentale la riva presenta un dolce pendio. fino al Golfo di Alghero e Porto Conte, quest’ultimo però essendo circondato da alte scogliere che formano Capo Caccia, sede della famosa Grotta di Nettuno. Vale la pena visitarlo, ma è difficile entrarvi, poiché la sua foce è situata al livello del mare e la minima brezza accumula le onde contro l’ingresso.

L’isola principale è circondata da piccole isole, di cui Sant’Antioco è la maggiore. Una stretta lingua di terra, con l’ausilio di un breve ponte costruito dai Romani, la collega con la terraferma. Segue l’isola di San Pietro, sulla quale si trova Carloforte, centro della più importante pesca del tonno della Sardegna.

All’angolo nord-est si trova un gruppo di piccole isole, le più importanti delle quali sono La Maddalena e Caprera. Quest’ultima è giustamente chiamata l’Isola Sacra. Qui visse e morì il grande patriota italiano Garibaldi, eroe dei due mondi. Molti altri isolotti poco importanti sono sparsi lungo la costa sarda.

La Sardegna è ricca di resti preistorici. Nessuna parte dell’isola è del tutto priva di quei pittoreschi monumenti antichi, che hanno sfidato il tempo e le intemperie e sono ancora in piedi come testimonianza di un’antica civiltà e come dimostrazione che i primi sardi non potevano essere semplici selvaggi.

Il viaggiatore ha sempre davanti agli occhi queste reliquie dei tempi più antichi, sulle quali le ali nebbiose del tempo hanno steso la loro ombra. Questi nuraghi sono costruzioni megalitiche senza malta a forma di tronco di cono. Dopo molte controversie, gli archeologi hanno finalmente concordato che probabilmente servivano come fortezze, torri di guardia e persino abitazioni per i capi tribù.

Molte di queste strutture preistoriche, di cui oltre 3.000 sparse su tutta l’isola, sono in ottimo stato di conservazione.

Non possono mancare al visitatore anche altre rovine antiche, risalenti all’età del bronzo, come le domus de gianas (case delle streghe) e le sepolturas de gigantes (sepolcri dei giganti), che sono tombe scavate nella roccia naturale o templi di antiche divinità.

La Sardegna estende il suo libro di storia fino alla pagine che ricordano la più remota esistenza dell’uomo. I trattati sull’archeologia sarda sono numerosi e preziosi e chi lo desidera può approfondire l’argomento.

Cagliari

PANORAMA DI CAGLIARI DAL MARE
Il porto più grande e la città più importante della Sardegna conta 70.000 abitanti. La sua ampia Via Roma è parallela al trafficato lungomare e il nuovo edificio municipale sulla sinistra è il più bello dell’isola.

Cagliari, saline

LE PIÙ IMPORTANTI SALINE D’ITALIA, NELLA PIANURA A SUD DI CAGLIARI
Qui i grandi cumuli di sale vengono levigati dalle pale a vapore. La vendita di questo bene è sotto il controllo del governo ed è abbinata alla vendita del tabacco nelle migliaia di negozietti sparsi in tutto il regno.

ROMA ANTICA HA LASCIATO LA SUA IMPRONTA INDELEBILE

L’occupazione romana ha lasciato interessanti resti. Sia nella Provincia Settentrionale che in quella Meridionale si trovano resti di ponti, templi e acquedotti, Cagliari può vantare un anfiteatro quasi interamente scavato nella roccia naturale, dove si vedono ancora gradinate, corridoi, passaggi e tane per belve. Chiamata dai romani Carales, era nell’antichità, come oggi, il principale centro abitato dell’isola.

Delle antiche città romane come Nora, Sulci, Olbia e Tharros, tutte situate sulla costa, oggi restano solo pochi resti, dove regnano solitudine e silenzio. È triste vagare tra quelle reliquie di moli, templi, case e strade lastricate, così occupate dalla vita quando Roma era la padrona del mondo.

*Vedi “Sardegna poco conosciuta”, di Helen Dunstan Wright, nel Nationa GrocrapHic Magazine dell’agosto 1916

Dare conto della storia medievale della Sardegna, per quanto breve, sarebbe un compito arduo e inutile. Gli stessi sardi, per quanto incredibile possa sembrare, ignorano la propria storia quanto qualsiasi straniero che viene a visitare l’isola.

È tuttavia opportuno dare un’idea generale della storia della Sardegna, poiché molte condizioni esistenti si spiegano con avvenimenti avvenuti nel passato.

I monumenti medievali che possiede la Sardegna sono in completa rovina. Dei castelli restano solo poche mura ammuffite; sicchè ogni investigazione sulla loro forma, sulla disposizione delle loro sale, o sullo splendore delle loro maestose stanze è quasi impossibile. Un rudere, un nome, una storia leggendaria di dubbia veridicità: ecco tutto ciò che resta dei castelli che un tempo si innalzavano sulle vette delle colline sarde.

L’epoca della dominazione pisana non fu felice per la Sardegna, perché mai come in quel periodo il popolo fu così gravato e tassato; tuttavia l’isola è debitrice a quella città per la sua arte. Molte chiese pisane di squisita architettura toscana sono sparse in tutta l’isola, ma poiché facevano parte di monasteri e conventi, furono costruite in luoghi lontani dalle strade principali, così che quelle meglio conservate non possono essere visitate senza qualche difficoltà.

DUE CASTELLI SARDI FIGURANO NELL’EPOCA DI DANTE

Meritano di essere menzionati due castelli costruiti nel Medioevo, sia per la loro importanza storica, sia perché i nomi dei loro proprietari sono ricordati nella “Divina Commedia” di Dante.

Il primo è il Castello del Goceano, conosciuto anche come Castello di Burgos, nome preso dal paese che si trova ai suoi piedi. Fu costruito nel 1127 da Gonario, uno dei giudici del Logudoro, e qui visse e morì l’infelice regina Adelasia di Torres, moglie di Enzio, figlio naturale di Federico II. Questa regina sarda sembra aver avuto qualche legame anche con quel Michele Zanche che Dante raffigura nel profondo del suo Inferno, tra i barattieri. Il castello sorge in una posizione molto pittoresca e gode di una splendida vista su tutto il comprensorio conosciuto come Goceano.

L’altro castello, situato nei pressi di Iglesias, si chiamava Aqua Fredda (acqua fredda) ed apparteneva alla potente famiglia pisana dei Conti della Gherardesca, di cui il Conte Ugolino era uno dei membri più importanti. Chi conosce la “Divina Commedia” ricorderà il celebre canto dell’Inferno in cui Dante descrive in modo emozionante la morte del conte Ugolino, condannato a morire di fame insieme ai figli e ai nipoti nella celebre torre di Pisa.

Altri castelli, come quello dei Malaspina, eretto sulla collina sovrastante Bosa, e il castello Doria, nella provincia settentrionale, sono in uno stato di totale abbandono e desolazione, sebbene forniscano ancora materiale prezioso per il romanziere storico e sensazionale.

LA STORIA DEL MEDIOEVO È NUVOLOSA

Le invasioni vandaliche, la distruzione dei monasteri, l’abbandono dei monumenti antichi, la mancanza di libri e pergamene, i tanti incendi che distrussero archivio e sacrestia, la mania dei contadini sardi di scavare e distruggere ogni monumento antico nella speranza di ritrovare nascosti dei tesori – tutto ciò rende la storia della Sardegna nel Medioevo piuttosto nebulosa.

Ad eccezione di Cagliari, il cui Castello, con le sue torri conservate, le porte d’ingresso, i bastioni e il forte, conserva anche in tempi moderni molte tracce della vita medievale, le città e i villaggi della Sardegna non hanno quasi un monumento degno di nota.

La storia della Sardegna si può riassumere in poche parole. Invasori di ogni epoca vennero a saccheggiare, a portare via tesori e a imporre pesanti tributi agli abitanti, i quali dovettero lottare incessantemente per non essere sbranati da questi uccelli rapaci.

Poi la Sardegna dovette subire il dominio spagnolo, che portò sventure a tutta l’isola. Anche oggi molti pregiudizi, ipocrisie e falsi standard per giudicare la vita non sono altro che tracce persistenti di quei governanti spagnoli che portarono via tutto il tesoro che poterono, ma lasciarono come triste ricordo del loro dominio i tratti peggiori del loro carattere.

Lo storico sardo Enrico Costa ha scritto un sonetto intitolato “La Storia della Sardegna”. Dà un’idea della storia sarda meglio di molti libri sull’argomento. Ecco una traduzione letterale:

Fenici, Greci e Africani ne fecero la loro preda e costruirono i Nuraghi.

I Cartaginesi cercarono di valorizzarla ed i Romani si accontentarono di tenerla in schiavitù.

Poi i Vandali, gli imperatori greci e i Mori provocarono la sua completa rovina.

Sotto i Pisani ebbe monaci e signori, ma Genova, l’usuraia, la trattò come una vile serva.

La dinastia aragonese le diede feudi, la Spagna accese meschine gelosie e chiese oro.

Il Piemonte apprezzò l’astuzia e la governò tra altare e patibolo.

Era francese e tedesca, ora è italiana, ma se Dio non la salva nessuno sa cosa diventerà.

Gli ultimi versi del sonetto del signor Costa suonano un po’ troppo amari. L’autore li scrisse diversi anni fa, quando il governo italiano trascurava quasi completamente l’isola e quando i delinquenti politici venivano mandati in Sardegna come colonia penale.

Cagliari, anfiteatro

L’ANFITEATRO ROMANO ALLA PERIFERIA DI CAGLIARI
Il pubblico si sedeva, come i romani, su sedili scavati nella roccia e su pietre sparse sulla superficie dell’anfiteatro.

Porto Torres, ponte romano

L’ANTICO PONTE ROMANO A OTTAVA, PORTO TORRES
I suoi sette archi di campata disuguale sono costruiti con enormi blocchi di pietra.

Burgos, by Clifton Adams

SORRISI SARDI – Fotografia di Clifton Adams

IL CASTELLO DI BURGOS NEL NORD SARDEGNA
Il borgo di Burgos si trova in una posizione pittoresca sotto le rovine di un castello del XII secolo costruito sulla cima granitica di una collina staccata che domina la valle del Tirso. La colonia spagnola originaria era composta da sole venticinque famiglie, ma alcune delle loro usanze sono sopravvissute fino ai giorni nostri.

I PESCHERECCI RISALGONO L’ANTICO CANALE SCAVATO DA BOSA VERSO IL MARE
L’antico castello dei Malaspina domina la città dalla cima di una collina adiacente.

UN PANORAMA DI BOSA DALLE ROVINE DEL CASTELLO DI SARRAVALLE DELL’XI SECOLO
La vista comprende la città nuova e l’antico canale scavato dai cartaginesi che per primi si stabilirono qui. Il porto marittimo è situato sul fiume Temo a un miglio e un quarto dalla sua foce.

La Sardegna sarà sempre italiana. I suoi figli hanno un forte attaccamento alla madrepatria, e l’Italia a sua volta deve molto ai Sardi per quanto hanno fatto durante la Guerra Mondiale. Nessun soldato si dimostrò più fedele e coraggioso.

A questo proposito è opportuno ricordare che la Sardegna non dimenticherà mai ciò che la Croce Rossa Americana ha fatto per i suoi figli. Questa grande organizzazione ci ha insegnato a formare i nostri giovani come gli americani addestrano i propri.

Tempio, Cave granito

LA SARDEGNA HA LE SUE RAGAZZE “CAMP-FIRE” E LE SUE RAGAZZE SCOUT
Queste due organizzazioni a Cagliari sono sotto la guida di insegnanti donne di ginnastica del sistema scolastico pubblico.

VARIETÀ DI MODI E COSTUMI

In Sardegna, così piccola rispetto ai paesi che la circondano, il visitatore intelligente rimane subito colpito dalla varietà dei paesaggi in un campo limitato. Nota anche una differenza nei costumi e nelle abitudini tra gli abitanti dei quartieri vicini e le sue orecchie scoprono presto i diversi dialetti parlati nei villaggi attraverso i quali passa. L’infinita varietà di modi, discorsi e costumi aumenta il piacere del suo tour.

In risposta ad una lettera del poeta italiano D’Annunzio, che gli chiedeva alcune espressioni colloquiali in dialetto sardo che avrebbe voluto mettere in bocca ad uno dei personaggi della sua commedia “Pit che l’Amore” , Enrico Costa rispose:

“Il vostro fedele servitore sardo, molto affettuoso verso il suo padrone, mi permette di far notare che erroneamente gli abitanti dell’Italia continentale, e spesso gli stessi isolani, credono erroneamente che la Sardegna abbia un solo aspetto. Non è così. La Sardegna può essere divisa in zone, e da zona a zona c’è un grande cambiamento di paesaggi, usi, costumi, lingua ed espressioni. Dimmi dunque, per favore, in quale parte della Sardegna vuoi che nasca il tuo servo?»

Cinque anni dopo J. E. Crawford Flitch scrisse: “La Sardegna è sorprendente tanto nel suo aspetto fisico quanto nei suoi contrasti razziali”. Fa un paragone tra gli altopiani del Nuorese, che chiama la Svizzera della Sardegna, e le terre basse e paludose dell’Oristanese, – che gli fanno pensare all’Olanda; eppure da un distretto all’altro ci vogliono solo poche ore in quelli che lui chiama “trenini”.

Non sarà mai abbastanza sottolineare la diversità all’interno di un’isola lunga solo 160 miglia e larga 70 miglia. Quindi, invece di dare una descrizione sistematica della Sardegna da nord a sud, o da est a ovest, sarà molto meglio trattare separatamente le regioni che presentano i maggiori contrasti. Sarà facile per ogni lettore rintracciarli su una mappa.

UNA MAPPA DELL’ISOLA DI SARDEGNA
In termini di superficie, la Sardegna è leggermente più piccola del Massachusetts e del Rhode Island messi insieme, con circa un quinto della popolazione di questi due Stati.

UN PEZZO DI VECCHIA SPAGNA VIENE TRAPIANTATO IN SARDEGNA

Se si visita Alghero e si è già viaggiato in Catalogna, si rimane subito colpiti dalla somiglianza tra questa cittadina sarda e varie località della Spagna. Alghero, infatti, non può essere definita una cittadina sarda. È una colonia dell’antica Catalogna e ha mantenuto inalterato il carattere dei suoi primi coloni spagnoli. L’aspetto stesso delle strade, con le loro case a quattro piani; gli uomini, con la faccia ben rasata, che fanno pensare a qualche matador spagnolo; la lingua, che è quasi catalana pura, fanno sì che Alghero sembri effettivamente “straniera” a un posto, ad esempio, come Villanova, con le sue donne splendidamente vestite, situata a pochi chilometri di distanza.

Sassari, capoluogo della Provincia Settentrionale, è circondata da uliveti le cui distese di alberi dalle foglie grigie sono qua e là interrotte da vasti vigneti. Le rocce calcaree bianche sono molto sporche e le strade di campagna, incredibilmente polverose, hanno un candore che abbaglia gli occhi. Il paese in sé non è così particolare, ma i suoi abitanti hanno un carattere molto diverso da quello degli altri isolani. Il sassarese è loquace, allegro, socievole e ospitale, con un po’ di umorismo che tinge ogni argomento di cui parla.

Nessuno scrittore, antico o moderno, ha mai mancato di parlare della Fontana di Rosello. È curioso notare come autori di epoche diverse abbiano invariabilmente riportato quanto detto su quel modesto monumento dai precedenti visitatori; tanto che è sorta una leggenda sull’estrema bellezza di una fontana che possiede poco. Nel 1849 uno scrittore inglese disse: “Poche città possono vantare una fontana più bella di Rosello”. Nel 1885 un altro scrittore inglese stampò le stesse parole, e il pittoresco vecchio monumento, così modesto nelle sue dimensioni e così semplice nei suoi ornamenti, non avendo altro che interesse storico, è favorevolmente paragonato alle splendide fontane di cui le città italiane sono così ricche. La leggenda è però così fortemente radicata che non parlare della fontana di Rosello nel descrivere Sassari sarebbe considerato una grave colpa. Sassari può essere definita una delle città straniere dell’isola, come La Maddalena, Carloforte e Alghero. Fu colonia pisana e il dialetto ivi parlato conserva ancora alcune caratteristiche toscane.

La Maddalena è una colonia corsa e la vita vi si svolge secondo gli usi e i costumi della madrepatria. La lingua parlata è quasi un puro dialetto corso, mescolato ad alcune parole genovesi; ma il visitatore deve essere estremamente attento nel giudicare le caratteristiche razziali, perché a La Maddalena vivono molte famiglie italiane.

Carloforte, che prende il nome dal re Carlo Emanuele III, è una colonia genovese pura. L’isola di San Pietro, su cui è situato il paese, fu donata agli abitanti da re Carlo quando li riscattò dalla schiavitù. In passato la popolazione abitava l’isola di Tabarca, al largo della costa tunisina, e attraverso un’incursione di pirati tutti i suoi abitanti furono catturati e venduti al mercato degli schiavi di Tunisi. Questa piccola, pulita e graziosa cittadina si sta impegnando con successo per prosperare e migliorare, ma essendo un’isola più piccola, non collegata alla Sardegna, il suo isolamento è doppio.

Sassari, fontana del Rosello

IL LATO SUD DEL PORTO DI ALGHERO
Dopo l’evacuazione da parte dei Catalani questa città fiorì sotto il dominio dei Pisani, che la fortificarono con una cinta muraria e numerose torri di avvistamento, alcune delle quali oggi visibili.

Sassari, fontana del Rosello

IL SISTEMA DI APPROVVIGIONAMENTO IDRICO DI SASSARI
Ai piedi di una collina sotto il mercato, nella zona orientale di Sassari, si trova la Fontana del Rosello, che sgorga in continuazione e la cui acqua viene portata in città in barili a dorso d’asino. La fontana barocca risale al 1605 ed è coronata da una statua equestre di San Gavino, santo tutelare della parte settentrionale dell’isola, che si dice fosse un centurione romano prima della sua conversione al cristianesimo.

Sassari, mercato

LUMACHE IN VENDITA
Molte sono le varietà di lumache proposte nel mercato sassarese. I sardi, come i francesi, li apprezzano come una prelibatezza.

LA FAMOSA ROMANZIERA RAFFIGURA SOLO UNA FASE DELLA VITA SARDA

La scrittrice sarda, la signora Grazia Deledda, ha attraverso i suoi racconti fatto conoscere l’isola agli italiani e ad altri lettori che hanno avuto la fortuna di leggerli, ma ha raffigurato solo una fase della vita sarda.

La descrizione che fa di quella parte della Sardegna dove vivono i suoi eroi e le sue eroine non è inesatta, ma le sue opere hanno avuto un’influenza deleteria sulla stima che si forma generalmente nei confronti dell’isola. La parte della Sardegna raffigurata nelle descrizioni della signora Deledda è una piccola regione, che per quanto interessante e caratteristica possa essere, è estremamente circoscritta.

Nelle verdi pianure del Campidano, che circondano Cagliari come un ampio prato, si trovano grandi borghi che non mancheranno di interessare il turista o l’artista in cerca del pittoresco.

LE STRADE SONO COPERTE DI CACTUS

Ai paesi del Campidano si accede attraverso lunghe strade polverose e bruciate dal sole, diffuse tra le siepi di fico d’india, dai frutti commestibili violacei, così diffuso sulle sponde del Mediterraneo. Gli steli carnosi, irti di spine, che nella varietà meridionale sono lunghe e rigide, sono così strettamente intrecciati che è del tutto impossibile oltrepassarli.

Nei mesi di agosto e settembre si vedono spesso donne vicino a queste siepi, intente a raccogliere i frutti maturi, che vengono dati in pasto ai maiali. Si utilizza una lunga canna, che è stata spaccata nella parte superiore in modo da formare una specie di imbuto che serve per afferrare il frutto, strapparlo e gettarlo a terra. Raccolto in questo modo un certo numero di fichi d’india, un’altra donna con una scopa ne spazza via i microscopici aculei, dopodiché il frutto viene deposto in un cesto.

LA RACCOLTA DEI FRUTTI DEI CACTUS PROTETTI DALLE SPINE
D’estate donne e bambini raccolgono con lunghe canne di bambù il dolce frutto del “fico d’india”. Un sindacato italiano propone di costruire nel sud della Sardegna una fabbrica per produrre alcol commerciale da questo frutto, ricco di zucchero.

Bambina con riccio

TRASPORTO DI STUOIE IN BAMBÙ
Queste stuoie sono fatte di stecche aperte di bambù, che cresce in tutta l’isola nelle zone marine. I contadini usano le stuoie come coperture per i carri, e in casa i cilindri servono come contenitori per conservare il grano.

IN LINEA IN SARDEGNA
Innumerevoli rondini dal petto bianco costruiscono i loro nidi sotto le grondaie e i davanzali delle case di roccia nelle città collinari dell’isola. Questo stormo di velocisti piumati si sta riposando dopo un volo in cielo.

A volte la pianura si estende monotona e ininterrotta per chilometri e chilometri e i villaggi, le cui case sono immancabilmente costruite con mattoni cotti al sole, quasi scompaiono tra i campi bruni e solcati.

Le strade del paese sono ampie e soleggiate, ma spesso al centro della via c’è una pozza d’acqua fangosa, che scompare lentamente nei mesi più caldi dell’anno. Di tanto in tanto case di nuova costruzione con muri imbiancati e qualche pretesa architettonica, formano un forte contrasto con queste lunghe strade delimitate da muri alti e spogli.

A brevi tratti i muri di fianco sono interrotti da porte ad arco, con grandi porte che presentano nella parte inferiore due aperture, come quelle che spesso vediamo nelle alte porte d’ingresso dei conventi. Questo ingresso è chiamato nel dialetto campidanese su portali.

Questi portali costituiscono uno degli elementi caratteristici di un paese del Campidano, e il viaggiatore non fa altro che notarli, così come la quasi totale assenza di finestre, che fa apparire la strada solitaria e cupa.

In uno spazio aperto, solitamente alla periferia di un villaggio, si trova la noria, su una piattaforma circolare di pietra, dove un paziente asino bendato gira e rigira, aggiogato alla sbarra di legno che fa girare la ruota idraulica. I secchi di terracotta sono attaccati ad una cinghia di corda che gira attorno al suo bordo. I secchi, che scendono in una cisterna o in un pozzo, si ribaltano non appena raggiungono la sommità dell’apparecchio, versando l’acqua in un abbeveratoio, da dove viene condotta ad un grande serbatoio da utilizzare quando il giardino necessita di irrigazione.

Questo apparecchio, così frequente in Spagna, è chiamato dagli abitanti del Campidano su mulinu (il mulino).

C’è qualcosa di orientale nella disposizione delle case, delle strade e dei giardini del villaggio. Dietro gli alti muri che chiudono le strade si vedono spesso le cime ondeggianti di rigogliose palme, che suggeriscono incantevoli giardini e aiuole nascoste. Questa suggestione di bellezza nascosta è rafforzata se il passeggero intravede l’interno del complesso attraverso la piccola porta nei portali quando è socchiusa.

LA “LOLLA” È L’ORGOGLIO DELLA CASALINGA CAMPIDANO

Varcata la soglia ci si trova in un ampio cortile, che nella maggior parte delle case è diviso in due parti. Sul lato occidentale, dove il sole splende quasi tutto il giorno, si trova una specie di veranda, sulla quale si aprono le porte delle varie stanze della casa. La veranda è addobbata con fiori bellissimi, coltivati in vasi di terracotta.

UN VASAIO A ORISTANO, DOVE SI PRODUCONO VASI PER RIFORNIRE TUTTI, IN SARDEGNA
Il tornio viene girato a piedi nudi.
Il vasaio sta attaccando un doppio manico a una brocca per uso campestre.

Davanti alla veranda c’è solitamente un piccolo giardino, dove crescono rigogliosi aranci, palme e una varietà di alberi da frutto. Questo portico, o veranda, si chiama sa lolla.

La lolla, con lo spazio aperto antistante, è una modificazione del patio spagnolo, e lo stesso nome viene utilizzato nel dialetto della Provincia Settentrionale per indicare lo spazio aperto antistante una casa di campagna. La lolla è l’orgoglio di ogni massaia campidanese, la cui passione è che tutto sia bello e ordinato.

In una stanzetta c’è la macina, perché ogni famiglia ha la sua macina, fatta girare da un paziente asinello che viene bendato per evitare le vertigini. Il recinto è così piccolo che c’è appena spazio sufficiente perché la serva possa osservare l’operoso animale e ispirarlo con una corta verga quando si ferma.

La farina così macinata viene vagliata attraverso setacci realizzati in casa dalle donne di casa. Questa operazione viene spesso eseguita al centro del cortile. La crusca viene conservata per nutrire i polli, che invariabilmente si trovano qua e là davanti alla lolla o appollaiati sul timone del carro, che usano come posatoio.

Colpisce ed interessante il contrasto tra la lolla piena di fiori, dotata di ogni comfort della vita moderna, elegante nell’aspetto e illuminata di notte da lampade elettriche, e l’altra parte del cortile, dall’aspetto rurale.

Non sempre le lolla del Campidano sono le belle verande appena descritte. Nelle case delle famiglie povere il portico è primitivo, con il tetto di tegole malconce e trasandate, sostenuto da rozzi pilastri di legno, sostituiti talvolta da pilastri di muratura. Gli altri lolla non hanno giardini davanti; ma si trovano sempre dei fiori o una pianta rampicante, che colorano la parete della casa. Ovunque si vedono prove degli sforzi della brava massaia per abbellire la sua lolla come meglio può.

L’AUTOMOBILE CONTRO IL CARRO DA BUE

Il cortile di una casa campidanese è sempre ingombro di caratteristici carretti sardi, con i loro telai formati da lunghe pertiche.

Il carro trainato da buoi si trova ancora su tutte le strade sarde, in strano contrasto con la veloce automobile, per la quale il lento veicolo sardo costituisce spesso un serio ostacolo, poiché il carro è solitamente carico di fascine ammucchiate fino a un’altezza incredibile e sparse così ampiamente che la strada è completamente bloccata. Spesso è del tutto inutile suonare il clacson. Nessuno sente, dorme il conducente del carro e anche i buoi.

Quando, dopo molti grida, suoni di clacson e grida, il carro si sposta lentamente di lato, l’automobile viene bruscamente sfiorata dalle estremità irte delle fascine.

Le strade della Sardegna, un tempo deserte e silenziose, sono oggi percorse da numerosi autobus a motore. Oggigiorno ogni parte dell’isola è facilmente raggiungibile con l’automobile pubblica, ma c’è sempre anche l’antico carretto. Si muove lentamente e impiega giorni per raggiungere un villaggio, ma ogni tanto si vendica del suo moderno nemico, l’automobile. Il motore si guasta, si rompe una molla, oppure il magnete non funziona e un sole feroce splende su tutta la scena. Poi il carro sardo trascina al seguito il suo nemico abbattuto e umiliato e i passeggeri osservano cupamente il paesaggio, sapendo che il paese è lontano e che sulle strade di campagna non ci sono né locande né alberghi.

Nelle regioni centrali dell’isola il carro è più piccolo e ha ruote di legno massiccio. È proprio un veicolo come quello utilizzato dai romani venti secoli fa.

COME SI MUOVE IL MONDO SULL’ISOLA DI SAN PIETRO
In alcune contrade montane dell’interno e nell’isola di San Pietro è ancora in uso il piccolo carretto con ruote di legno massiccio, esattamente come ai tempi del dominio romano.
Le ruote sono fissate all’asse, che gira sotto il carro in blocchi di legno duro.

NON CI SONO FINESTRE CHE SI AFFACCIANO SULLA STRADA

La casa del Campidano è quasi sempre l’edificio ad un piano così comune nei paesi spagnoli. Nessuna finestra si affaccia sulla strada, una condizione che si dice sia dovuta al fatto che in passato gli uomini erano così gelosi delle loro donne che nessuno esponeva la moglie o la sorella agli sguardi curiosi degli estranei.

Questa riservatezza e tutti questi sforzi per nascondere gli affari di casa sono così comuni nella vita anglosassone che i lettori non capiranno come potrebbe essere altrimenti. Eppure la vita nel sud dell’Europa è così aperta all’ispezione che questa caratteristica dei paesi del Campidano merita di essere notata.

Le eroine delle opere della Deledda sono tipi rozzi, tutte in carne e ossa, con forti passioni, spesso non frenate dall’educazione o dalla religione. Descrive le donne di quella piccola porzione dell’isola che si chiama Nuorese. Nel Campidano non si trova nulla di simile nei volti belli, tranquilli, aperti delle donne, le cui preoccupazioni sono tutte rivolte a crescere una famiglia; donne che hanno negli occhi il riflesso delle ampie e verdi pianure dei loro amati. Campidano e le cui anime bucoliche sono libere da ogni passione pericolosa.

Nelle loro lolla, piene di sole e di fiori, sorvegliano la casa. I loro uomini coltivano i campi e curano grandi appezzamenti di vigneti, tornando a casa al tramonto. Il grande portone è spalancato per far entrare il carro carico di botti di vino o sacchi di mais. Poi si richiude l’ampio cortile con la sua lolla e la felice vita domestica continua nel santuario della famiglia.

Una visita, anche breve, ai paesi situati nella parte settentrionale della Sardegna e uno sguardo frettoloso ad una casa del Campidano sono sufficienti per rivelare la grande differenza che esiste tra la parte settentrionale e quella meridionale dell’isola.

QUANDO L’UVA È MATURA NEL CAMPIDANO
Le donne e i bambini aiutano a scaricare i pesanti carri a buoi quando arrivano dai vigneti ai grandi capannoni della fattoria. L’uva viene pigiata in un piccolo torchio a mano, quindi conservata per un breve periodo in grandi botti prima di continuare il processo di vinificazione.

Osilo, riposo dei contadini

UNA PIGRA MATTINA D’ESTATE IN PIAZZA AD OSILO
Questo è il mercato della frutta ogni volta che ce n’è da vendere, ma è sempre il luogo di ozio dei contadini e della gente del paese.

LA SARDEGNA OFFRE TANTI CAMBI DI SCENA IN PICCOLI SPAZI

Appena si lascia la pianura e si salgono le prime colline, l’aspetto della natura cambia improvvisamente, e prima di raggiungere le più alte vette dei monti sardi, si è attraversato tante diverse regioni, si è ammirato tanta varietà di paesaggi, si è rimasti incantati da costumi così diversi, che ha l’impressione di aver fatto un viaggio lunghissimo,

Ecco la Gallura, con le sue vette granitiche e le sughere, di cui interi boschi ricoprono i pendii delle montagne, con paesi intimiditi da rocce che sembrano sul punto di crollare su di loro da un momento all’altro. C’è Aggius, con la sua lunga catena di cime a dente di sega; Tempio, con le sue case realizzate in granito, che conferiscono alla cittadina un aspetto unico in Sardegna; Nuoro, che unisce le comodità della civiltà moderna con l’opportunità di conoscere le antiche usanze della Sardegna.

Poi i paesaggi montani, con il loro incredibile contrasto di colori! Valli aspre e valli incantevoli, frutteti e giardini, e lunghi tratti di tancas (recinti), limitati da muri di recinzione nelle regioni settentrionali e da siepi di cactus nel sud, tutti ricoperti di asfodelo ed erbe aromatiche, con greggi di capre che pascolano su pendii scoscesi.

Poi ci sono Oliena, con i splenditi costumi dei suoi abitanti, e Fonni e Orgosolo e Desulo, il triste paese che perde la solitudine dei boschi, dove abitano le donne più belle della Sardegna, tutte vestite di rosso, colore che diventa una massa di fiamma quando una processione di donne in preghiera si proietta sul verde intenso dei boschi di castagni.

Nel distretto chiamato Ogliastra si trovano Lanusei, Arzana e Villagrande, paesi da cui si godono ampi e magnifici panorami: una serie di colline che svettano una sull’altra fino al mare che bagna la costa di Tortolì.

Sul versante occidentale è il distretto paludoso di Oristano, così potente ed importante quando regnava Eleonora d’Arborea, e vicino Cabras, villaggio situato sulla riva di un grande stagno, ricco di pesca, ma malsano, dove, nel mesi estivi, la malaria uccide molti degli abitanti.

I paesi di questa parte della Sardegna sono quasi tutti in condizioni miserabili, perché il delta del Tirso è molto malsano. Ma quando i grandi lavori di irrigazione saranno terminati il suo corso sarà meglio regolato, e si crede che la terribile malaria scomparirà.

Là si vedono ragazze pallide, con gli occhi febbricitanti, neri come l’ala di un corvo. Mangiavano scalze e indossavano un costume incolore, cupo come il loro aspetto. Anche il peculiare copricapo, che consiste in un fazzoletto giallo vivo annodato sotto il mento, non serve altro che a rendere i volti più tristi e pallidi. Che differenza tra loro e le ragazze dalle guance rosa, dagli occhi azzurri e dai capelli neri della zona montana! Eppure entrambe sono figlie della stessa terra.

Tempio, Cave granito

L’ANNUNCIATORE DEL PAESE, O “BANDITTORE”, CHE FA UN ANNUNCIO IN UN VILLAGGIO DI MONTAGNA
Tra squilli del suo piccolo corno di ottone sta dicendo alla folla riunita che si possono comprare belle angurie nella prima casa a sud della chiesa.

Tempio, Cave granito

UNA DOMENICA MATTINA, RADUNO DI CONTADINI A OLIENA
Gli uomini si divertono a giocare a carte durante il pomeriggio e tutti si uniscono al ballo che si tiene nella piazza principale dopo il tramonto.

Desulo

TRE RAGAZZE DI DESULO
Anche le bambole di Desulo sono vestite con il grosso orbace rosso, quindi è del tutto naturale che i bambini si vestano come le loro mamme e le loro sorelle maggiori.

Desulo

DONNE E BAMBINI IN COSTUME DI DESULO
Realizzato in casa, in lana di montagna a tessitura grossolana, questo costume deve il suo colore a una tintura di frutta e verdura il cui segreto fu ricercato dagli esperti tedeschi prima della guerra mondiale.

PICCOLE DONNE DI OLIENA
Vestite con gli stessi costumi delle donne anziane, queste ragazze sembrano non aver mai avuto un’infanzia. Erano molto timide e emozionate, perché questa era la prima volta che venivano fotografate.

Aritzo, gioco della morra

CONTADINI DI ARITZO CHE GIOCANO AL GIOCO DELLA “MORRA” DIFFUSO NELL’ITALIA MERIDIONALE
I giocatori cercano di indovinare il numero di dita mostrate nell’istante in cui la mano viene lanciata in avanti. È un gioco molto popolare nei locali e alle feste, ma è proibito in alcune città italiane per motivi di ordine pubblico.

Dorgali di Clifton Adams

SORRISI SARDI – Fotografia di Clifton Adams

UOMINI DEL QUARTIERE DI DORGALI SULLA COSTA ORIENTALE DELLA SARDEGNA
I loro bei costumi sono messi in risalto dalla ruvida mastruca di lana d’agnello nera [mastruca: veste di pelle caprina, senza maniche, lunga fin quasi ai ginocchi] con tasche di pelle lavorata a mano con disegni artistici. I costumi indigeni stanno lentamente lasciando il posto a capi più economici e meno caratteristici.

LA PREPARAZIONE DEL PANE È UN’OPERAZIONE IMPORTANTE

Una delle operazioni più importanti nei villaggi sardi è la preparazione del pane, poiché è l’alimento principale dei contadini.

Quando devono lavorare nei campi lontani dalle loro case, portano con sé pane sufficiente per una settimana. Una volta alla settimana ogni massaia sarda è impegnata a fare il pane, e fino a tarda notte sorveglia le ancelle, che prestano la massima operosità nello svolgimento di questo compito domestico e sono aiutate da ogni membro della famiglia.

Bisogna scaldare il forno, ammucchiare le fascine a portata di mano, e regolare bene il fuoco, perché, poiché la quantità deve durare una settimana, deve essere ben preparata affinché non diventi stantia. Da villaggio a villaggio la forma in cui viene preparato il pane varia notevolmente, e anche la sua composizione presenta lievi differenze.

L’impasto della farina viene effettuato in cucina, spesso in grandi ciotole di terracotta, ma viene finito su un tavolo dalle gambe così corte da costringere l’operatore a inginocchiarsi davanti ad esso. L’impasto viene steso molto sottile. Una volta cotto e raffreddato, diventa così duro e fragile che non può essere rotto senza sbriciolarsi in innumerevoli pezzi.

Questo pane, avendo poco lievito, non ha il sapore della varietà fermentata e ha nomi diversi. Nel nord della Sardegna è chiamata carta di musica. In Barbagia, come a Desulo, Aritzo e Sorgono, la chiamano pillonca.

In autunno le mosche sono un grande fastidio in Sardegna. Coprono ogni centimetro dei tavoli della cucina e ogni particella di cibo. Nelle case del Campidano, le cui caratteristiche principali sono la pulizia e l’ordine, questi parassiti alati hanno nelle massaie implacabili nemiche, che impiegano tutti i mezzi per scacciarli; ma nei villaggi situati al centro dell’isola, dove la pulizia non è affatto in accordo con la bellezza del paesaggio, il turista non abituato a tali spettacoli si spaventa e giura di non assaggiare mai quel pane, ricordando le sue lezioni di igiene. Si chiede come vivono e prosperano le persone.

Per fortuna il fuoco che arde vivace all’interno del forno distrugge i germi. Gli arbusti aromatici di cui si nutre emettono un fumo che ha un odore caratteristico.

Invece di fuoriuscire attraverso il camino, spesso cola tra le tegole stagionate dei tetti. L’intero villaggio puzza di fumo, il che indica al visitatore che è giorno di cottura.

Making flour in a Sardinian home

SORRISI SARDI – Fotografia di Clifton Adams

LA FARINA IN UNA CASA SARDA
Dopo essere stato macinato nel mulino degli asini, il grano viene vagliato attraverso setacci di stecche di canna in grandi cesti di foglie di palma. Successivamente viene passata attraverso setacci di tela di seta per ottenere una farina abbastanza fine per il pane azzimo che viene cotto nei forni di fango

Sennori

UNA FARINA FATTA IN CASA, IN UNA CUCINA SARDA
La roccia è la lava nera con cui sono costruiti i nuraghi preistorici. Il mulino è dello stesso modello di quelli rinvenuti a Pompei ed Ercolano. L’intero processo di pulizia e macinazione del grano, setacciatura della farina e cottura del pane grossolano azzimo viene svolto in casa.

Lavori domestici

IMPASTARE LA PASTA
In alcune case sarde il compito di fare il pane è limitato a un giorno alla settimana. si prepara la mattina e si inforna nel pomeriggio. L’impasto dei pani per la fornitura della settimana. Alla fine della settimana sono duri e secchi e spesso vengono fatti a pezzi con un grosso coltello.

Lavori domestici

PREPARAZIONE DEL PANE PER IL FORNO
L’impasto per i pezzi di pane circolari, grandi, sottili e conosciuti come “carta di musica” viene portato sulla spianatoia in grosse palline riposte in un cesto. A causa degli sciami di mosche che si trovano ovunque, i pani vengono avvolti in un lungo telo, poi trasportati in un vassoio sulla testa al forno più vicino per la cottura.

Lavori domestici

CURARE IL FORNO IN UN COTTAGE A DESULO
Il sottobosco secco di montagna viene utilizzato come combustibile in questi forni di fango. Vi vengono arrostiti lunghi spiedi di montone per i banchetti nuziali, che a volte durano diversi giorni.

Pane carasau

MANGIARE LA PILLONCA
Il pane azzimo autoctono della Sardegna, che è alto circa mezzo metro e viene cotto in grossi dischi da 14 a 18 pollici di diametro.

Grandmother at the fireplace

PREPARARE IL PASTO SERALE
In molti dei paesi poveri di montagna è la nonna che ravviva la fiamma del camino per cucinare la cena familiare, un piatto unico composto da un misto di verdure.

Lavoro nei campi, di Clifton Adams

SORRISI SARDI – Fotografia di Clifton Adams

SCENA PASTORALE MEDITERRANEA
I contadini sardi fanno un ottimo uso delle loro risorse naturali. Questa paglia di lino rimase nel ruscello per cinque giorni finché la fibra bianca non si gonfiò. Ora i tessuti vengono essiccati e portati a dorso di mulo alle fattorie, dove le donne li intrecceranno fino a farne un lino bianco e fine.

Lavoro nei campi

LA TREBBIA DEL GRANO
Il grano viene sgusciato dalla testa dagli zoccoli ferrati dei buoi che passano più volte sulla paglia. Successivamente la paglia e la pula vengono lanciate in aria con le forche e il vento vaglia il grano.

Sennori

RIPOSARE DOPO UN LUNGO VIAGGIO
Nel Campidano i buoi vengono dotati di larghe fasce di pelle grezza al collo, con un campanello di ottone e talvolta una nappa di lana colorata da indossare quando trascinano verso la festa il pesante carro, allegramente addobbato con la migliore tovaglia di famiglia.

NON GIGANTESCHE CASTAGNE, MA RICCI
Queste piccole creature dall’aspetto bizzarro, che assomigliano a palle di aculei, vivono in buchi nel terreno nelle montagne della Sardegna, a volte sono tenute come animali domestici, ma più spesso vengono catturate e vendute come prelibatezza nei mercati.

Dopo la trebbiatura

DOPO LA TREBBIATURA LA PAGLIA VIENE IMBALLATA
A volte la paglia viene ammucchiata in questo modo nelle pianure vicino alle stazioni ferroviarie, in attesa della spedizione durante i mesi invernali.

Torralba

DI SERA NELLA PIANURA DI MORES, VICINO A TORRALBA
Sui pascoli pianeggianti sono numerose le greggi di pecore, accudite dai pastorelli.

Macomer lavorazione formaggio

PREPARAZIONE DEL FORMAGGIO DI LATTE DI CAPRA
Questo formaggio di Macomer è stato stagionato per cinque mesi, da maggio a settembre, e dopo altre due o tre lavorazioni e l’aggiunta di olio d’oliva e altri ingredienti, sarà pronto per il mercato invernale.

Macomer, negozio formaggio

PREPARAZIONE DEL FORMAGGIO DI LATTE DI CAPRA
Questo formaggio di Macomer è stato stagionato per cinque mesi, da maggio a settembre, e dopo altre due o tre lavorazioni e l’aggiunta di olio d’oliva e altri ingredienti, sarà pronto per il mercato invernale.

SORRISI SARDI – Fotografia di Clifton Adams

UN NEGOZIO DI FERRAMENTA DI PAESE IN SARDEGNA
I negozi dei paesi montani della Sardegna espongono una varietà di utensili domestici a buon mercato. Questi vengono acquistati un pezzo alla volta dai contadini più poveri per abbellire le pareti delle loro case quando non vengono utilizzati nei caminetti.

SORRISI SARDI – Fotografia di Clifton Adams

LUNEDI MATTINA AL LAVATOIO COMUNALE DI BURGOS
Il bucato sulle montagne sarde presenta una scena animata con file di contadine in costumi sgargianti che lavorano su ciascun lato di un lungo abbeveratoio. Sullo sfondo ci sono bollitori neri sopra i fuochi aperti per riscaldare l’acqua.

Porto Torres

UNA SCENA MOVIMENTATA DI LUNEDÌ MATTINA VICINO A PORTO TORRES, SARDEGNA SETTENTRIONALE
Dato che non c’è acqua nelle case, questo ruscello è una benedizione per le casalinghe, che portano qui i panni in equilibrio sulla testa in grandi bidoni di latta. I panni, dopo essere stati lavati, vengono stesi sui cespugli ad asciugare al sole caldo.

LA CURIOSITÀ È UNA CARATTERISTICA DEGLI ISOLANI

Nei villaggi la gente è piuttosto curiosa. Si radunano attorno al turista e lo tempestano di domande, cercando di sapere tutto sulle sue commissioni. A Desulo in particolare le donne sono tremendamente curiose. “Perché sei venuto? “Sei single o sposato?” “Dove intendi andare?” A queste domande deve rispondere ogni visitatore se desidera la pace.

Se porta con sé una macchina fotografica la faccenda diventa ancora più seria. I bambini, numerosi come mosche, si stringono intorno allo sventurato, e sono così audaci da infilarsi anche tra le gambe del treppiede della macchina fotografica. Ognuno vuole che gli venga scattata una foto e ha un’abilità straordinaria nel trovare il punto esatto in cui non è desiderato.

Quando finalmente tutto è pronto e l’otturatore sta per scattare, un ragazzo che finora è riuscito a sfuggire all’attenzione si avvicina e sbircia nell’obiettivo. Così va un altro film!

A chi porta con sé una macchina fotografica viene spesso chiesto: “Quanto costa un ritratto?” È piuttosto difficile far capire alla gente le ragioni per cui si scattano fotografie. Le belle ragazze spesso si oppongono a posare davanti a una macchina fotografica, per paura che le loro sembianze appaiano su una cartolina illustrata, una cosa che detestano sopra ogni altra cosa.

Sono però le figlie di Eva. Quando vengono invitati a posare, fingono di essere timidi, ridacchiano, si coprono il viso con i grembiuli e dicono che non permetteranno assolutamente a nessuno di fotografarli. Ma non si muovono; non scappano. Il finale sarà quasi sicuramente felice per lo zelante fotografo.

UN ECCEZIONALE TIPO BIONDO DI CAMERIERA DELL’ISOLA
Sebbene viva in un villaggio in una regione montuosa e arida della Sardegna, non è diversa da un’americana nei lineamenti, nei vestiti e nelle azioni.

La Maddalena

UNA BELLA DELLA MADDALENA
Nelle vene del sardo di oggi scorre il sangue di tante razze. A volte un ceppo razziale sembra più pronunciato di un altro, come nel caso di questo tipo di bellezza spagnola.

STOFFA FATTA IN CASA PER COSTUMI CONTADINI

Nelle zone montane del cuore della Sardegna e in alcuni paesi del Nord – Osilo, per esempio – la stoffa di cui sono confezionati i costumi contadini viene tessuta in casa. La filatura è eseguita da donne la cui pelle pergamena, gli occhi infossati e gli zigomi sporgenti suggeriscono una maschera grottesca.

L’ordito viene steso a terra in spazi aperti per prepararlo al telaio, al quale donne e ragazze lavorano tutto il giorno, cantando le loro canzoni malinconiche accompagnate dal clic-clac della sley, che costringe il tessuto a posto.

Una varietà di tessuto così tessuto è chiamata orbace. Da un punto di vista moderno manca di eleganza, perché è piuttosto ruvido e peloso, ma è così forte e quasi impermeabile che ufficiali della marina italiana, marinai e sportivi ne acquistano una grande quantità per abiti e soprabiti.

Per gli abiti da donna, la stoffa è tinta di nero, scarlatto o rosso scuro. I contadini utilizzano coloranti vegetali estratti dal succo di alcune bacche, e né la pioggia né il sole possono sbiadire i colori, spesso i chimici tedeschi studiavano le piante da cui vengono presi questi coloranti. Invano esortarono le donne sarde ad utilizzare le brillanti tinture all’anilina. Alcuni villaggi li hanno sperimentati, ma si sono rivelati un fallimento. I contrasti erano sgradevoli, le tinte troppo accese; l’effetto complessivo non era artistico.

I TAPPETI E LE BORSE SONO PITTORESCHE

Con lane multicolori le donne sarde tessono tappeti e bisacce davvero meravigliosi, sia per la varietà dei disegni che per l’armonioso accostamento dei colori.

Il senso dell’arte in queste persone incolte fa sì che un pittore moderno si chieda come le donne che vivono così lontano da qualsiasi centro d’arte riconosciuto riescano a creare disegni così piacevoli. Di generazione in generazione, queste persone modeste hanno tramandato un gusto naturale, che ricamano gonne e corpetti e realizzano tappeti così splendidi che nessun artista esperto potrebbe fare di meglio.

Lavori domestici

UN ANTICO TELAIO FATTO IN CASA IN UN COTTAGE CONTADINO
Le donne della Sardegna sono esperte nella tessitura, un’arte tramandata di madre in figlia da generazioni.
Il tessuto è solitamente di pura lana di pecora autoctona e la capacità del telaio va da 8 a 11 metri al giorno.

Lavori domestici

PREPARAZIONE PER LA PRESSATURA
Nei villaggi sardi è familiare la casalinga seduta sulla porta di casa con il suo grande ferro da stiro. La donna accende la carbonella per riscaldare il ferro.

[LE FESTE DEI SARDI]

Da giugno a ottobre il calendario sardo prevede numerose feste. I santi, sia maschi che femmine, sono tenuti in grande stima, ma la religione è più l’occasione che la causa per scatenare il flusso di musica, sfarzo e rivalità. Gli spagnoli sono in gran parte responsabili di questo tratto del carattere sardo.

Intere famiglie di contadini pensano alla festa con due o tre mesi di anticipo. Accumulano ogni centesimo e sopportano grandi privazioni con l’unico scopo di spendere in un giorno felice ciò che hanno accumulato durante settimane di lieto disagio. Viaggiano da luoghi lontani su carri coperti da tende a forma di tunnel e trainati da buoi o cavalli.

ARREDAMENTO DI UN CARRO CONTADINO

Gli arredi sono semplici. Un paio di sedie fatte in casa sono fissate saldamente ai lati del carro per la padrona di casa e qualsiasi altro personaggio importante della casa, gli altri si sistemano come possono su materassi o cuscini. Il carro è ingombro di tesori domestici: bisacce piene di formaggi, pane, patate, agnelli o capretti già macellati ma non ancora scuoiati, caldaie, pentole di terracotta e bambini di ogni età e carnagione, per non parlare di un cane magro e denutrito. che è costretto a trotterellare sotto il carro, al timone del quale è legato il povero animale con una corta corda.

A volte il carro è così pieno che non c’è posto per il cocchiere, che è costretto a sedersi su una delle stanghe e da lì condurre il cavallo infelice.

Nessuna molla attutisce i violenti sobbalzi che le strade dissestate impongono al veicolo; ma l’entusiasmo dei viaggiatori non si placa affatto davanti allo scomodo carro, e finalmente la comitiva arriva al luogo dove avrà luogo la festa, un po’ affannata per il continuo sussulto, ma di ottimo umore e ansiosa. per tutti i divertimenti che la festa può offrire.

Festa di Santa Greca, Decimomannu

UN GRUPPO DI CONTADINI IN ACCAMPAMENTO DURANTE LA FESTA DI SANTA GRECA
Molte famiglie del Campidano, a nord di Cagliari, arrivano con utensili da cucina e strumenti musicali e si accampano per tutta la durata della festa.

Festa di Santa Greca, Decimomannu

CONTADINI ACCAMPATI NEL LETTO ASCIUTTO DI UN TORRENTE A DECIMOMANNU DURANTE LA FESTA DI SANTA GRECA

Festa di Santa Greca, Decimomannu

ALLA FESTA ANNUALE DI SANTA GRECA
Le famiglie contadine vengono a Decimomannu con i loro carri e si fermano due o tre giorni. Si accampano vicino al paese e arrostiscono maiali e montoni accanto ai fuochi da campo. Una fisarmonica o un altro strumento musicale è indispensabile quanto gli utensili da cucina.

Festa di Santa Greca, foto di Clifton Adams

SORRISI SARDI – Fotografia di Clifton Adams

I CONTADINI DEL CAMPIDANO ALLA FESTA DI SANTA GRECA
Il padre ha appena comprato un maialino da latte presso la capanna d’erba del macellaio, e la famiglia è lieta nell’attesa dell’arrosto davanti al fuoco da campo. Questa festa si tiene a Decimomannu, da dove parte una linea ferroviaria che porta a Iglesias e alla costa occidentale.

LA MOGLIE ADORA LA FAMIGLIA

Non bisogna trascurare i doveri religiosi. Le candele di cera vengono devotamente portate in chiesa e poste davanti all’edicola dalle massaie, che restano tutta la mattina in ginocchio davanti al quadro o alla statua del santo, mentre il resto della comitiva è impegnato a preparare la cena.

Tutte le operazioni di cottura vengono eseguite all’aria aperta. Si accende il fuoco e si girano tra due pietre davanti al fuoco lunghi spiedi di legno sui quali vengono messi ad arrostire capretti interi. Questo metodo si chiama «furria, furria» (girare e girare) e i sardi lo utilizzano alla perfezione.

Le botti di vino vengono messe all’ombra. Dai sacchi si tirano fuori formaggio, pane e verdure e quando, a mezzogiorno, la messa è finita e la processione ha riportato il santo in chiesa, inizia il banchetto e regna una grande allegria.

Dopo cena inizia la musica. Molto richiesta è la fisarmonica e anche la launedda, un tipo di piffero diffuso soprattutto nel sud della Sardegna. Le canzoni si sentono ovunque. Nel tardo pomeriggio la gente si prepara per il ballo.

Le feste, che generalmente si svolgono in piccole chiese situate a poca distanza dal paese, sono più o meno pittoresche, a seconda dei costumi indossati dagli uomini e delle donne e dalla bellezza del paesaggio circostante. Offrono una importante opportunità per studiare gli usi e i costumi delle persone. È un peccato che tali feste avvengano in una stagione non proprio favorevole per il turista.

COME BALLANO I SARDI

Nel Ballo Tondo o Duru Duru i compagni di ballo si tengono per mano in cerchio e si slanciano a sinistra con un passo piuttosto difficile da descrivere e altrettanto difficile da eseguire per un principiante. Questa danza non è altro che un ricordo di riti a lungo dimenticati, quando Baal e Astarte erano gli dei popolari. I ballerini tengono il corpo eretto, i loro volti sono severi e i piedi si muovono continuamente, avanzando o allontanandosi con piccoli salti e balzi, tutti eseguiti in punta di piedi.

Di tanto in tanto, quando la danza ha raggiunto il massimo dell’eccitazione, i partner maschili scoppiano improvvisamente in grida selvagge, ma presto regna di nuovo il silenzio. Le dame ballano con contegno grave, con gli occhi bassi e l’aspetto modesto. Chiunque può unirsi al ballo, ma il nuovo arrivato deve fare attenzione a non rompere il cerchio alla destra di un ballerino, poiché è considerata un’offesa grave separare una coppia. «È abbastanza logico. Quando un giovane invita una ragazza a ballare, le offre la mano destra e così facendo la sceglie come sua compagna.

Ballo con organetto

UN BALLO CONTADINO SARDO IN CUCINA
A volte c’è la musica della chitarra o della fisarmonica, ma più spesso i ballerini solenni dondolano lentamente avanti e indietro a tempo con il canto senza parole intonato da chi conosce antiche usanze e leggende.

UNA FESTA RISALENTE ALLA PESTE DEL XVI SECOLO

Nelle due città più importanti della Sardegna, dove la civiltà ha avuto la più profonda influenza, sono sopravvissute alcune antiche feste religiose che, pur avendo perso gran parte del loro primitivo splendore, sono ancora popolari. A Sassari, il 14 di ogni agosto, si svolge una grande processione che non ha carattere del tutto sacro, ma è un compromesso tra una processione religiosa e un corteo inglese.

Dopo la terribile peste che causò la scomparsa di tanti abitanti nel 1582, il popolo fece voto solenne di portare in processione un certo numero di enormi ceri di cera, da porre, tutti accesi, intorno alla statua della Madonna di Mezz’Agosto Agosto); ma poiché tali ceri si rivelarono costosi, la gente cercò un sostituto più economico. Di conseguenza furono realizzati candelieri di legno, ai quali furono fissati stendardi di diversi colori e motivi, il tutto ornato con carta stagnola e orpelli.

Ogni corporazione e ogni gremio ha la propria candela, manifestando un certo orgoglio nell’accenderla. I vari membri che lo seguono nel corteo reggono grossi nastri di seta attaccati al capitello della colonna, e mentre il candelabro, portato dai facchini più robusti e robusti che si trovino a Sassari, scende per la via principale, i membri che lo hanno avvolto sulle braccia braccia e nastri splendidamente colorati lentamente li estendono fino alla loro massima lunghezza.

È uno spettacolo bellissimo vedere tutti questi nastri di seta scintillare agli ultimi raggi del tramonto e sventolare in fantasiose evoluzioni, mentre chi li tiene in mano avanza o retrocede. Nessun prete è presente nella processione. Nelle retrovie cammina il sindaco del paese, circondato dai consiglieri e protetto dalle spinte della folla impaziente dalle guardie municipali in alta uniforme.

La maggior parte dei membri della corporazione indossano caratteristici costumi spagnoli antichi e l’intero corteo è allietato dal suono di piccoli tamburi, battuti freneticamente e ininterrottamente per tutta la durata dello spettacolo, e dalle note acute dei flauti, che intonano una melodia così allegra da rendere i robusti portatori assumono inconsciamente un’andatura che ha tutto il ritmo di un balletto. Quando la processione raggiunge finalmente la Chiesa di Santa Maria i candelieri vengono posti attorno alla statua della Madonna e la festa è finita.

Altra festa religiosa, la più rinomata e caratteristica tra tutte, è la festa di S. Efisio, patrono della Provincia di Cagliari.

La cerimonia si svolge sotto forma di una processione da e per Pula, borgo situato sulla sponda sud del Golfo di Cagliari, dove, secondo la leggenda, il santo avrebbe subito il martirio. L’immagine del santo, una brutta statua di legno dai colori sgargianti, lucida di vernice, è trasportata in una carrozza tutta dipinta e dorata, trainata da una pariglia di buoi le cui lunghe corna sono ricoperte di mazzi di fiori e il cui collo è adorno di stendardi di ricco broccato. .

Il corteo è scortato da un corteo nei costumi delle antiche milizie, e il cocchio è preceduto da suonatori di launeddas. La cerimonia si svolge il primo maggio e il santo torna a Cagliari dopo il tramonto del quarto,

Si stanno facendo grandi sforzi per mantenere inalterate queste feste, ma l’affluenza di visitatori da tutte le parti dell’isola non è così grande come qualche anno fa. L’entusiasmo, un tempo vivo, per queste antiche usanze, che non sono altro che una reliquia del tule spagnolo in Sardegna, è diventato tiepido.

POCHI HOTEL O LOCANDE

In una terra che non possiede molti alberghi o locande, il sistema di ricevere i viaggiatori è più di una consuetudine; è quasi una legge. L’ospitalità è una delle caratteristiche più forti dei sardi. Uno straniero viene sempre accolto con la massima cordialità e socievolezza, tutti ansiosi di fare qualcosa per aiutarlo. Abituati come sono alla solitudine e al silenzio, i sardi temono che una persona possa sentire troppo profondamente la solitudine di viaggiare sconosciuta in un paese dove i villaggi sono così distanti tra loro.

L’ospitalità sarda è sempre stata vantata da autori e viaggiatori. È giunta fino a noi immutata dai tempi dell’antica Roma, quando in ogni villaggio e palazzo dell’isola veniva eretto il santuario di Giove Hospitalis.

ALL’OSPITE, PERSONA SACRA, È VIETATO PAGARE

Se capita di giungere in un villaggio in un giorno di festa, non si è mai lasciati soli. Sicuramente qualcuno verrà e vi inviterà a entrare in casa sua, a sedervi alla sua tavola e a partecipare alla sua cena. Se avete una lettera di presentazione per qualche persona influente del luogo, riceverete un’accoglienza quasi regale.

Uno straniero che non è abituato a tale trattamento è riluttante ad accettare un invito offerto così liberamente. Vorrebbe pagare per ogni assistenza che riceve, ma non può. È vietato, perché l’ospite, come un tempo, è considerato una persona sacra, e anche nei paesi dove la vita è simile a quella di qualsiasi altra parte del mondo, questo senso dell’ospitalità non è del tutto perduto, ma si manifesta in mille modi.

In alcuni villaggi una locanda, o qualcosa di simile ad una locanda, è gestita da una persona che nella maggior parte dei casi non è originaria del luogo. In questi posti a volte lo straniero paga un prezzo eccessivo, anche se ovviamente solo dal punto di vista sardo. Forse fanno pagare troppo per il cibo che forniscono; ma bisogna considerare che gli ospiti sono così rari e le spese così pesanti che l’affare non è redditizio. Se turisti e commercianti visitassero questi luoghi più frequentemente, le locande e gli alberghi fornirebbero maggiori comfort della vita moderna. Ma su questo argomento i futuri visitatori non devono illudersi. Le sistemazioni nelle locande sarde non sono buone, e in tutta l’isola gli alberghi sono pochi.

A meno che uno non sia disposto a sedersi a un tavolo basso in una stanza piena di fumo, mangiare maiale arrosto e pane grezzo e formaggio del negozio di famiglia, e bere vino forte che gli faccia venire le lacrime agli occhi, non può conoscere la Barbagia.

E finché il viaggiatore, cavalcando uno di quei pony che con passo sicuro scalano i pendii della montagna lungo sentieri tortuosi, seduto su una caratteristica sella sarda con la bisaccia piena fino all’orlo di tutte le provviste per un lungo viaggio, si ferma nel cuore di un bosco per vedere un capretto arrostito secondo la moda sarda, non può conoscere quei paesaggi selvaggi che conoscere è amare.

Uomini a cavallo con bisacce

LA MAGGIOR PARTE DEI VIAGGI IN SARDEGNA SI EFFETTUANO A CAVALLO
Le bisacce, o bisaccia, di lana grezza, fanno parte dell’equipaggiamento del cavaliere tanto quanto la sella stessa. Sullo sfondo si erge uno dei nuraghi, quelle rovine preistoriche che costellano l’isola.

Macomer, contadini a cavallo

CONTADINI SARDI IN ARRIVO A MACOMER
Poiché il cavallo è addestrato a portare il doppio, le donne cavalcano dietro gli uomini. Le selle sono opere d’arte in cuoio di vari colori, ornate con bottoni in osso e tasche. Sul lato c’è sempre una piccola pedana per i piedi dei cavalieri.

Desulo

UNA FESTA DI MATRIMONIO IN MONTAGNA A DESULO
La festa dura diversi giorni e comprende un banchetto per tutti gli amici della sposa e dello sposo. Il vino scorre a fiumi e i festeggiamenti si protraggono fino a notte fonda.

DOVE TROVARE I COSTUMI PIÙ RICCHI

Una descrizione accurata dei diversi articoli che costituiscono il costume femminile sardo richiederebbe pagine. I più artistici si trovano nei quartieri settentrionali. Le donne di Osilo indossano gli abiti più ricchi di tutta l’isola. A Nuoro le donne e le ragazze mantengono inalterate le antiche usanze. A Oliena, Fonni, Desulo e Aritzo i costumi variano molto sia nei colori che nei disegni; ma, purtroppo, i costumi sardi stanno rapidamente scomparendo. Il corpo di Eva è ansioso di vestirsi in stile moderno. I giovani contadini hanno già messo da parte l’abbigliamento maschile di un tempo e solo i vecchi paesani hanno un attaccamento ai costumi dei loro antenati.

Il costume delle donne di Quartu Sant’Elena è descritto in ogni guida, ma invano un visitatore si recherebbe in quel grosso borgo per cercarne uno. Oggi ne esistono solo cinque o sei esemplari e sono gelosamente custoditi nei fondi dei bauli di famiglia, come ricordi di un pittoresco passato.

A Cagliari per mesi e mesi non si vede più nessuna donna o uomo che indossi il caratteristico costume indigeno. Di tanto in tanto, per qualche ballo di lusso o evento simile, le eleganti signorine cagliaritane prendono in prestito per qualche giorno i costumi e li indossano per le strade. Tutti si voltano e guardano con ammirazione l’insolito spettacolo, tra lo stupore degli stranieri, che arrivando in Sardegna aspettiamo di trovare tutti in abiti gay.

Artisti e archeologi stanno pensando di fondare a Cagliari un museo etnografico contenente esemplari dei costumi delle varie contrade della Sardegna. A questo scopo si stanno già raccogliendo fondi.

Aritzo, di Clifton Adams

SORRISI SARDI  – Fotografia di Clifton Adams

UNA BELLEZZA DI PAESE AI PIEDI DEL BRUNCU SPINA
Questo splendido costume di Aritzo è prevalentemente di lana rossa a tessitura grossa. La decorazione è verde, blu e gialla, con una treccia d’argento sulla spalla, e il ricco copricapo o sciarpa è di seta verde e oro. Il grembiule a fondo tondo è caratteristico della Barbagia. Da Aritzo si può salire sulla vetta più alta dei Monti del Gennargentu, da cui si gode una superba vista sul mare e sul territorio montuoso.

Aritzo, di Clifton Adams

SORRISI SARDI  – Fotografia di Clifton Adams

PORTARE ACQUA DI MONTAGNA DALLA FONTANA
Ritorna questa figlia d’Aritzo con la erre piena in bilico sul panno che le è arrotolato sul capo. I suoi lineamenti suggeriscono una prova araba. I suoi occhi sono quelli delle sue sorelle del Monte Libano.

Desulo, di Clifton Adams

SORRISI SARDI – Fotografia di Clifton Adams

LO SGUARDO DI UNA DONNA DI DESULO
Fin dall’infanzia le donne v il costume caratteristico del loro villaggio, e anche le s hanno gli stessi colori vivaci. Le particolari tonalità di rosso e blu di questi costumi sono tipicamente sarde.

Osilo, di Clifton Adams

SSORRISI SARDI – Fotografia di Clifton Adams

TRE DEI FAMOSI COSTUMI DI OSILO
Ai lati sono raffigurati i costumi di gala indossati nei giorni di domenica e di festa di Osilo. Sono considerati i più belli del nord Sardegna. La nonna porta l’abito che di solito viene indossato dalle donne anziane in tutta l’isola.

Oliena, di Clifton Adams

SORRISI SARDI – Fotografia di Clifton Adams

UNA DONNA SARDA DI DESULO
Alcuni sardi ritengono che vi sia stata, generazioni fa, una mescolanza di sangue arabo in questo popolo il cui villaggio sorge sul versante occidentale dei Monti del Gennargentu. Hanno bellissimi occhi chiari, lineamenti finemente tagliati e un portamento orgoglioso.

SORRISI SARDI – Fotografia di Clifton Adams

UN NONNO SARDO
Si sa che è estate perché indossa la sua mastraca di pelle d’agnello con il pelo all’interno come protezione contro la malaria. C’è qualcosa da mangiare in fondo alla sua beretta, il lungo berretto sardo che si indossa tutto l’anno. Questo geniale contadino vive a Macomer, punto di snodo dove si incontrano e trascorrono la notte i treni provenienti da quattro direzioni.

I COSTUMI ORA COSTANO 100 PER LE SPOSE CONTADINE

Sebbene i costumi siano una sorta di cimelio di famiglia tramandato di madre in figlia, non durano per sempre. Una sposa moderna non può permettersi di farsene realizzare uno su misura. Dopo la guerra i prezzi del broccato e della seta sono aumentati di quattro o cinque volte, così come i gioielli. Come può una contadina di Osilo, prossima al matrimonio, permettersi 800 dollari per un costume completo da festa? Deve accontentarsi di un vestito che, essendo stato disegnato secondo la sua fantasia, ha perso le migliori caratteristiche del costume primitivo.

Inoltre, i contadini e i contadini ricchi dei villaggi sono soliti mandare i loro figli e le loro figlie nella città più vicina per frequentare le scuole secondarie. Quando i ragazzi e le ragazze torneranno a casa non indosseranno più i costumi indigeni, ma vorranno essere vestiti all’ultima moda europea. Nei villaggi sardi, anche nell’interno, si vede spesso una madre, vestita con il costume più bello e sfarzoso che si possa immaginare, camminare accanto alla figlia, vestita secondo la moda derniére di Parigi.

UNA SPOSA DI CITTÀ CHE ESCE DALLA CHIESA
La durata della cerimonia raramente supera i cinque minuti.

A volte la figlia costringe la madre a mettere da parte i bei costumi antichi e a indossare abiti moderni. La donna infelice, non essendo abituata a indossare cappelli moderni così inartistici, sembra così goffa e imbarazzata che molto spesso viene derisa e disprezzata dai cittadini e chiamata cugina di campagna.

Gli autori hanno una colpa deplorevole: quella di adulare attraverso l’imitazione. Troppo spesso sono disposti a copiarsi a vicenda.

La saggezza della generazione passata appare troppo spesso sotto un travestimento nuovo ma inadeguato. Invece di descrivere ciò che si vede e si sente, come sarebbe meglio, si è inconsciamente tentati, prima di visitare un luogo, di leggere ciò che qualche visitatore precedente ha detto e sentito riguardo allo stesso luogo, e così riversare nuove impressioni su vecchi stampi.

Spesso gli autori vengono in Sardegna di fretta, noleggiano un’auto, corrono per il paese ad una velocità di 30 miglia all’ora, e dopo pochi giorni tornano nel continente e scrivono un libro su ciò che hanno visto. Quando percepiscono di aver trascurato un luogo interessante o di aver trascurato un fatto utile, parafrasano ciò che hanno scritto gli autori precedenti. Gli errori sulla Sardegna sono quindi così numerosi che riempirebbero, e riempiono, molti libri,

Persiste ancora una leggenda troppo radicata che vede la Sardegna come una terra che non può essere concepita senza i suoi pastori, vestiti di pelli di capra; i suoi grandi recinti ricoperti di asfodelo; le sue donne sono tutte vestite con i costumi più sfarzosi, ballano e cantano tutto il giorno, e banditi ad ogni angolo della casa.

Molte di queste cose esistono ancora, ma per scoprirle bisogna recarsi all’interno dell’isola, in luoghi lontani dalle ferrovie e dalle autostrade.

NEL COSTUME DI GALA DI OSILO
Sotto questo copricapo ricamato viene sempre indossato un sottile velo bianco.

VISTA POSTERIORE DEL COSTUME DA OSILO
Il copricapo è di seta rossa, con parte superiore e fascia di seta bianca ricamata a motivi floreali multicolori, sotto la quale si indossa un sottile velo bianco. La gonna è di seta scarlatta intrecciata, con un’ampia fascia ricamata in basso.

IL DISTRETTO DI IGLESIAS RICCO DI MINIERE

Interessante la visita a Iglesias. Il visitatore si ritrova in una Sardegna di cui non ha letto nulla. Le miniere punteggiano la regione, alti camini rigano il cielo di fumo, macchinari di ogni tipo fanno risuonare di rumore le valli. Il paese è percorso da fili elettrici fissati ad alte torri di ferro, le strade principali sono percorse da un gran numero di veicoli moderni, e in questa contrada si vede raramente il vecchio carro sardo.

Questa è la Sardegna industriale, così poco conosciuta all’estero, che avrà una grande espansione quando sarà formato l’invaso del Tirso e sarà fornita corrente elettrica a buon mercato.

Iglesias, Piazza Sella

UN SUGGESTIVO ESEMPIO DI ARTE SARDA NELLA SCULTURA
I monumenti sardi sono di solito di scarso interesse, ma quello dedicato a Quintino Sella, il pioniere delle miniere, che si trova in Piazza Sella a Iglesias, è di straordinaria bellezza per il contrasto tra il marmo bianco e la roccia vulcanica nera della regione.

Iglesias

GENIALI CONTADINI DEL DISTRETTO DI IGLESIAS
L’anziano e la donna stanno andando in campagna, ma si fermano a visitare e a scherzare con le due donne che portano l’uva al mercato del paese e con il ragazzo che ha due bidoni di latte nella bisaccia dell’asino.

NIENTE TACCHI DI GOMMA IN SARDEGNA
D’estate le donne e i bambini di Iglesias sono completamente scalzi o indossano una tavola di legno grezzo attaccata al piede da una larga fascia elastica che attraversa le dita. Quando si cammina per le strade dei villaggi, questi sandali fanno un particolare rumore di schiocco sulle pietre.

Iglesias, di Clifton Adams

SORRISI SARDI – Fotografia di Clifton Adams

UN VECCHIO SARDO NEL PRINCIPALE DISTRETTO MINERARIO DELL’ISOLA
A Iglesias, paese di 10.000 abitanti e centro dell’Iglesiente, dove si estraggono piombo e zinco, gli uomini indossano la beretta, un po’ più corta di quella di alcune altre regioni. Quasi tutto il costume è di lana pesante, il gilet è allacciato con grandi bottoni quadrati d’argento di disegno antico.

Iglesias, di Clifton Adams

SORRISI SARDI – Fotografia di Clifton Adams

DUE VECCHI COMPAGNI DI IGLESIAS
Nonostante i loro costumi cupi, alleggeriti solo dal luccichio di antichi bottoni d’argento, questi due vecchi padri di città, che scherzano sulla piazza del mercato, assomigliano a gemelli Punch che raccontano le loro avventure con le rispettive Judies.

A young merchant of Iglesias

SORRISI SARDI – Fotografia di Clifton Adams

UNA GIOVANE MERCANTE DI IGLESIAS
Questa bambina indossa i costumi del suo distretto minerario. È venuta al mercato ortofrutticolo con la madre e la nonna e sta selezionando alcuni melanzane viola lucenti da offrire ai suoi clienti.

CAGLIARI

Cagliari ha tutto l’aspetto di una moderna città continentale delle dimensioni di Pisa. Nei pressi del porto, costellato di piroscafi e velieri, una lunga e larga strada fiancheggiata da palazzi affacciati sul mare, conduce dalla stazione alla Basilica della Buonaria. Su questa strada si aprono due ampie vie che, con una ripida salita, conducono ai quartieri superiori.

La città vanta terrazze che regalano viste ampie e magnifiche. Chi ha camminato per un po’ sul Bastione San Remy ne ha ricevuto un’impressione indelebile. Da questo atrio sopraelevato la vista del mare e della terra, delle piscine e dei prati, è tale che vivere a Cagliari significa vivere sul fianco di una montagna, perennemente rinfrescato dall’esaltante ambiente dello spazio.

La città ha monumenti, negozi eleganti, teatri, bar e club, un buon sistema scolastico, un’università e una biblioteca pubblica.

Nei mesi estivi la località preferita dei cagliaritani è una splendida spiaggia, dotata di comodi stabilimenti balneari. Una parte di essa si chiama Lido, ad imitazione del celebre litorale veneziano, e molti dicono che il paragone sia favorevole alle spiagge sarde

A Cagliari il visitatore è sempre interessato ai monumenti medievali. — Le sue torri, costruite dai Pisani intorno al 1300, sono in perfetto stato di conservazione, e meritano una visita le porte del quartiere di Castello, così come la Cattedrale. Nello stesso quartiere si trova un museo archeologico, con una sala dedicata alla storia preromana, che presenta un quadro della Sardegna preistorica, con i suoi nuraghi, domus de gianas e altre reliquie di un passato nebuloso.

Cagliari

LA TORRE DELL’ELEFANTE, UNO DEI SIMBOLI DI CAGLIARI
Questa reliquia della dominazione pisana medievale è in stato di prestamento, con lo stemma, la statuetta dell’elefante e il testo della saracinesca rilegato in ferro.

MOLTI MODERNI IMPIANTI INDUSTRIALI

La città di Cagliari ha delle industrie, ma sono abbastanza moderne e, ovviamente, nessuna guida le menziona. C’è la manifattura del cioccolato, una fabbrica per la produzione del cemento e un’industria della porcellana che promette uno splendido futuro per l’ottima materia prima di cui la Sardegna è ricca.

Sassari, nei suoi nuovi quartieri, è pulita e bella, e i continentali preferiscono viverci perché ha un’atmosfera paragonabile a quella delle normali città italiane. In questa città sono presenti anche industrie, tra cui le più importanti sono le concerie, che hanno già acquisito fama nell’Italia continentale e in Francia. Dagli uliveti che circondano il paese si produce l’olio più pregiato, venduto a prezzi elevati.

Tempio trasforma in sughero i prodotti dei suoi boschi di querce, e in tutta la Sardegna si assiste ad un risveglio dell’industria e del commercio che è incoraggiante.

Anche le industrie domestiche sono fiorenti.

A Bosa le donne realizzano merletti bellissimi secondo antichi modelli, molto apprezzati non solo in Sardegna ma in Italia e all’estero.

Tempio, fabbrica di sughero

CATASTE DI CORTECCIA DI QUERCIA A TEMPIO (fronte ad Aggius)
La raccolta e l’esportazione di questa corteccia costituiscono una delle principali industrie della regione settentrionale.

Tempio, fabbrica di sughero

FABBRICAZIONE DEI TAPPI
In passato i tappi di sughero per le bottiglie venivano faticosamente tagliati a mano, un processo pericoloso. Oggi sono prodotti da macchine che fanno ruotare i blocchi quadrati di sughero attorno a un coltello fisso.

Tempio, Cave granito

UNA CAVA DI ROCCIA VICINO A SASSARI
Si tratta di un calcare bianco tenero e viene segato in blocchi, molto richiesti come pietra da costruzione per la facilità con cui può essere lavorato.

Tempio porcilaie

A TEMPIO SI ALLEVANO I MAIALI IN CASE E RECINTI DI PIETRA SU UNA COLLINA SOTTO IL PAESE.
I maiali vengono portati in campagna a foraggiare durante il giorno e riportati a casa ogni sera.

LA CASA DEI CESTINI SARDI

A Castel Sardo, nel nord della provincia, e a Sinnai e Settimo nel sud, l’industria della cestaia è molto avanzata. I cestini realizzati a Castel Sardo sono i migliori e vengono venduti fino a Filadelfia. Vengono utilizzate le foglie di una palma nana che cresce nelle selvagge pianure del nord. Figure di animali e fiori ricavati da foglie di palma esposte al fumo in cucina per diversi mesi, in modo che assumano una tonalità nerastra permanente, sono abilmente intrecciate nel disegno.

A Isili, in provincia di Cagliari, vengono tessuti pregiati tappeti su telai a mano e venduti ovunque. Gli artisti sardi si sforzano di mantenere inalterati i disegni autoctoni sia dei tappeti che dei cestini. Insistono perché le donne continuino a tingere il primo con il succo delle bacche selvatiche, come un tempo.

Lavorazione cesti Castelsardo

INTERNO DI UNA CASA DI PESCATORE A CASTEL SARDO
Il forno e il caminetto sono gestiti all’interno dell’unico ambiente. Gatti, cani, maiali, bambini, genitori e galline vivono tutti insieme in un’antigienica armonia.

Sennori

L’INTERO PAESE DI SENNORI, VICINO A SASSARI, PRODUCE CESTINI PER LA CASA E PER IL MERCATO
I vimini della comunità sono di costruzione piuttosto grossolana; l’interno è di paglia di grano avvolta da ruvide foglie di palma. Il disegno è intrecciato nel cestino.

La maggior parte della Sardegna è montuosa e queste alture, un tempo ricoperte di foreste, sono ora per lo più brulle e desolate. Gli speculatori continentali abbattono le foreste e convertono il legno in carbone, mentre il governo italiano e quello sardo sono stati molto lenti nel rimboschire le aree tagliate.

Solo un ottavo del territorio è coltivato, fatto dovuto, in primo luogo, alla preponderanza della collina sulla pianura, e, in secondo luogo, alla mancanza di piogge nei mesi estivi e alla variabilità delle condizioni climatiche che impedisce raccolti sicuri,

Il terreno coltivato è ben lavorato. Sono molto diffusi gli attrezzi meccanici, soprattutto nel Campidano, e l’antico aratro sardo in legno, fatto a mano, è utilizzato solo nelle zone montane, dove il tappeto erboso ha poco spessore.

Il grande bacino del Tirso e i futuri bacini degli altri fiumi forniranno l’acqua necessaria nella stagione calda e saranno un vantaggio per l’agricoltura.

Del bestiame, ovini e caprini costituiscono la maggioranza; ma anche tra loro, lasciati così come sono al pascolo dove Madre Natura ha fornito il cibo, la mortalità durante una siccità prolungata è molto alta e la perdita di denaro considerevole. Quando la stagione è favorevole, l’allevamento del bestiame è redditizio.

LA MANCANZA DI FORZA LAVORO È IL PIÙ GRANDE HANDICAP DELLA SARDEGNA

Si è già detto che la caratteristica principale del paesaggio sardo è la solitudine. Tutta la popolazione dell’isola è inferiore a quella di Napoli. Le poche persone sono sparse su un vasto territorio, con villaggi a volte a più di quindici miglia di distanza. Solo Cagliari e i suoi dintorni hanno una popolazione relativamente densa.

Questa carenza di manodopera si fa sentire gravemente in ogni ramo dell’attività umana. Negli ultimi anni la popolazione dell’isola è diminuita ulteriormente a causa delle perdite subite sui campi di battaglia della guerra mondiale. Resta ancora molto da fare, anche se molto è già stato realizzato. Le meschine gelosie accese dai pisani e mantenute dai piemontesi tra le due province di Sassari e Cagliari sono del tutto scomparse.

I sardi sono ora uniti negli sforzi per migliorare la loro terra. Soprattutto dopo la guerra mondiale hanno indossato l’armatura dell’orgoglio e sono consapevoli della loro forza. Conoscono gli americani, perché hanno visto sventolare ovunque la Star-Spangled Banner, quando rappresentanti della Croce Rossa americana fornivano alla Sardegna aiuti di ogni genere. E allora, facciamo conoscere adesso agli americani la terra dei nuraghi e impariamo ad apprezzarla.

La maggior parte della Sardegna è montuosa e queste alture, un tempo ricoperte di foreste, sono ora per lo più brulle e desolate. Gli speculatori continentali abbattono le foreste e convertono il legno in carbone, mentre il governo italiano e quello sardo sono stati molto lenti nel rimboschire le aree tagliate.

Solo un ottavo del territorio è coltivato, fatto dovuto, in primo luogo, alla preponderanza della collina sulla pianura, e, in secondo luogo, alla mancanza di piogge nei mesi estivi e alla variabilità delle condizioni climatiche che impedisce raccolti sicuri,

Il terreno coltivato è ben lavorato. Sono molto diffusi gli attrezzi meccanici, soprattutto nel Campidano, e l’antico aratro sardo in legno, fatto a mano, è utilizzato solo nelle zone montane, dove il tappeto erboso ha poco spessore.

Il grande bacino del Tirso e i futuri bacini degli altri fiumi forniranno l’acqua necessaria nella stagione calda e saranno un vantaggio per l’agricoltura.

Del bestiame, ovini e caprini costituiscono la maggioranza; ma anche tra loro, lasciati così come sono al pascolo dove Madre Natura ha fornito il cibo, la mortalità durante una siccità prolungata è molto alta e la perdita di denaro considerevole. Quando la stagione è favorevole, l’allevamento del bestiame è redditizio.

LA MANCANZA DI FORZA LAVORO È IL PIÙ GRANDE HANDICAP DELLA SARDEGNA

Si è già detto che la caratteristica principale del paesaggio sardo è la solitudine. Tutta la popolazione dell’isola è inferiore a quella di Napoli. Le poche persone sono sparse su un vasto territorio, con villaggi a volte a più di quindici miglia di distanza. Solo Cagliari e i suoi dintorni hanno una popolazione relativamente densa.

Questa carenza di manodopera si fa sentire gravemente in ogni ramo dell’attività umana. Negli ultimi anni la popolazione dell’isola è diminuita ulteriormente a causa delle perdite subite sui campi di battaglia della guerra mondiale. Resta ancora molto da fare, anche se molto è già stato realizzato. Le meschine gelosie accese dai pisani e mantenute dai piemontesi tra le due province di Sassari e Cagliari sono del tutto scomparse.

I sardi sono ora uniti negli sforzi per migliorare la loro terra. Soprattutto dopo la guerra mondiale hanno indossato l’armatura dell’orgoglio e sono consapevoli della loro forza. Conoscono gli americani, perché hanno visto sventolare ovunque la Star-Spangled Banner, quando rappresentanti della Croce Rossa americana fornivano alla Sardegna aiuti di ogni genere. E allora, facciamo conoscere adesso agli americani la terra dei nuraghi e impariamo ad apprezzarla.

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