LA MADDALENA
di Alberto La Marmora
Itinerario dell’isola di Sardegna
Torino 1860
traduzione e cura di Maria Grazia Longhi
Nuoro, Ilisso, 1997 (Bibliotheca sarda, 16)
in francese:
Queste isole erano abitate appena da qualche famiglia di pastori originari della Corsica, e di costumi pacifici. Esse passarono senza difficoltà sotto la nuova dominazione e alla vita sociale; si costruirono anzitutto un piccolo forte, per premunirsi contro gli assalti dei Barbareschi, e una chiesa, col titolo della Trinità. Stabilirono legami matrimoniali con le famiglie dei pastori della Sardegna settentrionale e in pochissimo tempo crebbe una popolazione di persone robuste, formate dal sangue delle due nazioni. Questi insulari mantennero il loro vecchio idioma, che è una specie di italiano corrotto.
Il punto preferito dal futuro vincitore di Trafalgar era il tratto di mare che separa la Maddalena dalla Sardegna, detto il Parau o “rada d’Agincourt”. Da lì quest’infaticabile uomo di mare spiava il passaggio delle squadre francesi, nel caso di una seconda spedizione d’Egitto.
Si racconta a questo proposito che, durante tutto il tempo passato nelle acque della Maddalena, Nelson non sia mai sceso a terra, perché aveva giurato di lasciare la nave solamente dopo aver battuto i nemici. La permanenza continua a bordo del vascello non gli impedì di elargire doni agli abitanti del luogo i quali si affrettano a mostrare con orgoglio agli stranieri i candelieri e una croce d’argento, con un Cristo d’oro, offerti alla loro parrocchia dall’ammiraglio protestante.
La chiesa parrocchiale è passabilmente bella; fu costruita grazie alle offerte e soprattutto con il contributo materiale degli abitanti, che vi lavoravano a turno, mentre le donne e i bambini si incaricavano del trasporto delle pietre e della calce.
C’è inoltre una vecchia fortezza al centro dell’isola, sul punto culminante e che all’occasione serve ancora per la vigilanza; lì ho stabilito la mia stazione trigonometrica, perché vi si domina non solo l’isola della Maddalena, ma anche molte delle isole circostanti.
Tra la Maddalena e il capo dell’Orso si trova un altro isolotto granitico della stessa grandezza di Spargi, chiamato “di Santo Stefano”, che ha acquisito una certa celebrità dopo l’anno 1793. È lì che Napoleone Bonaparte giovane e alle prime armi, lanciando qualche bomba e qualche bolide sulla Maddalena, preannunciò quell’immenso consumo di polvere da guerra il cui boato doveva poi esplodere su tanti campi di battaglia in tutta Europa.
Il 21 febbraio, quando la piccola flottiglia francese, composta da una corvetta e da ventidue vele latine, abbordò a Mezzo Schiffo, vi si fermò solo la corvetta; gli altri bastimenti andarono all’ormeggio di Villamarina, da dove sbarcarono nell’isola di Santo Stefano circa ottanta uomini. La corvetta aveva appena gettato l’ancora quando aprì il fuoco contro le due mezze galere sarde e una galeotta che si trovavano a cala Gavetta, o porto della Maddalena, e contro il paese.
La corvetta, bersagliata dalle palle lanciate dal forte Balbiano e dai proiettili infuocati tirati da una batteria improvvisata in un punto della Sardegna detto “Teggia”, levava l’ancora e si riuniva alle altre navi attraccate nel porto di Villamarina.
Le tre navi da guerra sarde, comandate dal cavaliere di Costantini, temendo uno sbarco immediato del nemico e vedendo che da parte loro ogni resistenza era inutile, si ritirarono nel canale della Moneta, mentre subivano i colpi dei Francesi che avevano già stabilito la loro batteria nell’isola di Santo Stefano, in un luogo detto “la Puntarella”.
Le altre bombe esplosero quasi tutte; la seconda colpì l’angolo della chiesa a ovest; nell’esplodere ferì al viso un certo Simone Ornano che era accorso in armi a difendere il suo paese. La terza e la quarta caddero sul tetto dell’abitazione del defunto Giuseppe Fenicolo [Giuseppe Ferracciolo], attigua alla chiesa (la casa fu notevolmente danneggiata); la quinta esplose sulla piazza della chiesa e provocò dei danni alle case vicine; una palla entrò dalla finestra della facciata della chiesa e andò a cadere ai piedi della statua della patrona, Santa Maria Maddalena, senza causare danni. Un’altra bomba cadde sull’abitazione del defunto Paolo Martinetti, un’altra su quella del fu Michele Costantini, entrambe esplosero e non fecero gravi danni; una decima colpì il tetto della casa del defunto comandante Millelire; essa esplose e ancora oggi se ne conserva un frammento nella famiglia; un’altra, infine, cadde sulla piazza del molo; non esplose e fu raccolta dal padre di colui al quale devo questa notizia; è quella che adesso si trova in cima a una piccola piramide elevata sul molo in occasione della visita fatta alla Maddalena da re Carlo Alberto nel 1843.
Questo pezzo fu realmente lasciato dal giovane Napoleone vicino al mortaio nella batteria di Santo Stefano, che dovette abbandonare suo malgrado in tutta fretta. È con questo strumento di legno che puntò il mortaio; di conseguenza si tratta del primo strumento di guerra di cui quest’uomo straordinario fece uso nella sua stupefacente carriera militare; a questo titolo è un oggetto davvero prezioso e unico.
Lo strumento fu preso immediatamente dal signor Ornano, allora ufficiale di marina, nativo della Maddalena e originario di Corsica; egli comandava i battelli che portavano all’isola di Santo Stefano la truppa che sbarcava da una parte dell’isolotto, nel momento in cui i Gallo-Corsi se ne andavano dall’altra, lasciando quattordici prigionieri che non ebbero il tempo di imbarcare. L’Ornano, diventato ufficiale generale, conservò per tutta la vita questo trofeo di cui si era impadronito per primo; alla sua morte, lo lasciò in eredità al genero, il defunto viceammiraglio conte Albini, che depositò il reperto in una specie di museo della Marina reale a Genova, detto “Sala dei modelli”; è lì che si trova ancora (col. n. 221) al momento in cui scrivo (agosto 1859).
Quanto alle bombe, garantisco l’autenticità di quelle che si conservano ancora intere o in frammenti, cioè quella posseduta dall’attuale console d’Inghilterra a Cagliari, William Craig; quella posta sulla piramide del molo della Maddalena, con un’iscrizione; infine, il frammento conservato dagli eredi Millelire. Tali sono le testimonianze storiche che ci restano di una spedizione non molto conosciuta fuori dall’Isola.
FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI
Disegni, dipinti e litografie dell’800
Alessio Pittaluga, Pastore della Gallura, ca 1826, IN Royaume de Sardaigne dessiné sur les lieux. Costumes par A. Pittaluga [litografia incisa da Philead Salvator Levilly], Paris – P. Marino, Firenze – Antonio Campani, 1826, rist. Carlo Delfino 2012.
Nicola Benedetto Tiole, “Abitanti di La Maddalena”, ca 1819-1826, IN Nicola Tiole, Album di costumi sardi riprodotti dal vero (1819-1826), Nuoro, Isre 1990.
Nicola Benedetto Tiole, “Abitanti benestanti di La Maddalena”, ca 1819-1826 op. cit.
Agostino Verani, Isolani di La Maddalena, ca 1806-1815, IN Scoperta della Sardegna. Antologia di testi e autori italiani e stranieri, a cura e introduzione di Giuseppe Dessì, Milano, Il Polifilo, 1967.
John Francis Rigaud, Horatio Nelson, 1781.
Henri Félix Emmanuel Philippoteaux, Napoleone Bonaparte, 1835.
Antoine Roux, Corvetta francese, 1806.
Cartoline e foto di fine ’800 e primi ’900
collezione di lamaddalena.info; Corisma – La Maddalena; Antonio Frau – La Maddalena
Foto contemporanee
Antonio Frau, Salvatore Zizi – Flickr, Gianni Careddu CC BY-SA 4.0 – wikimedia commons, Punta Tegge, Claudio Ieli – Flickr
“Le bombe di Napoleone”, presso il Palazzo del comune di La Maddalena, foto cortesia di Antonio Frau
LA MADDALENA E CAPRERA
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