LA GALLURA MONTANA

di

Ugo E. Imperatori

in

Italia! Letture mensili

1913
anno 2°, n. 7, luglio 1913, pp. 112-117
La Gallura montana

La Gallura mostra ancor oggi a chi la percorra e la osservi con intelletto d’amore il duplice miracolo della sua originaria costituzione geologica e della gente sua primitiva plasmata dall’ambiente fisico in cui vive. Nella ciclopica solennità delle granitiche solitudini alpestri, individui, generazioni e società hanno segnato per lungo ordine di secoli il loro cammino sulla via tracciata dall’aspetto naturale della regione.

L’enorme superficie della Gallura montana è ancor oggi la zona d’Italia meno popolata: vi son rarissimi i centri abitati costituiti in comuni autonomi, vi sono scarsi gli aggruppamenti di case costituenti borgate. Sulle alture innumerevoli che dai monti di Limbara degradano intorno, in ampie ed enormi ondate granitiche, verso il mare, sono sparsi –  isolati, lontani – tremila stazzi, tremila rifugi di pastori, tremila nidi di uomini.

Spesso, in Gallura, al viandante che sale a grandi altezze s’apre un orizzonte assai vasto fino a colline prossime, fino a lontani monti, finanche al lontanissimo mare, fino alla Corsica sorella. Ma lo stesso viandante può numerare le case degli uomini, rare nel vasto orizzonte: son capanne e grotte e rustiche costruzioni elevate su la massa granitica ricomponendone con semplice linea primitiva blocchi e frammenti. Si che non appare limite fra la roccia e la casa.

Il terreno è, in parte notevole, coperto di boschi: ma nella massima sua estensione è pascolo naturale, pascolo di varie erbe fragranti cresciute a ravvivare l’eterna gravità colossale di quel mondo di granito che pare scagliato dal cielo piuttosto che emerso dalle acque.

Al viandante lontano appare frequente lo spettacolo di colossali avanzi d’un mondo in cui sia spenta ogni vita: i monti della Spina offrono talvolta la visione di paesaggi quali ne osserva un telescopio profondo nella faccia lunare. Ma qui ogni ombra cela un fragrante palpito di vita vegetale: fin presso le cime dei monti più alti crescono agili arbusti frequenti, fin sulle estreme vette dove sembrano accumulati in mostruoso disordine gli enormi proiettili granitici lanciati dalla furia di un dio fin sulle estreme vette è impresso il sorriso di microrganismi vegetali: all’eccelsa arida roccia sale il bacio di Flora.

Contro l’ira dei venti e delle acque il terreno dei primi sollevamenti geologici di costituzione granitica o feldspatica oppone ancora la sua caotica enormità. I maggiori colossi minerali stanno ancora quali li corrose, li affinò, li sospinse e li aggruppò la furia primitiva dei primitivi oceani. La gigantesca roccia raffigurante un orso che s’eleva di fronte all’isola della Maddalena è descritta da Tolomeo quale oggi dopo venti secoli si mostra a noi, negli stessi particolari. I monti della Spina che fanno corona al paese di Aggius conservano oggi la ciclopica originalità per la quale nei secoli furon popolati delle più strane leggende.

La natura attenua però e ingentilisce le petrose caratteristiche della regione montana e selvaggia: l’ampia zona dei monti di Limbara è varia e pittoresca per gli spettacoli naturali che ravvivan frequenti la maestosa gravità della montagna. Su per i fianchi dei monti sale oggi la ferrovia: va per ardue strade tagliate nel granito, si svolge in ampi valloni[1] fra monoliti enormi sospesi in miracoloso equilibrio, corre per vasti altipiani verdeggianti (o ignorata piccola Svizzera sarda!), esce in tranquilli paesaggi solenni fin che perviene qualche sughero vigila fin sulle estreme alture.

all’unica città della Gallura, a Tempio, che posa le sue gravi membra tutte granitiche davanti alla catena del Limbara. Fin sui rocciosi fianchi del Limbara s’arrampica qualche stazzo e s’agita qualche vita vegetale e sorride qualche lago breve:

nel sereno gorgo

la tenue miro saliente vena:

trema, e d’un lieve pullular to specchio segna de l’acque.

[1] Nell’ampio vallone di Furru di conca (fornace della grotta) furono rinvenuti gli avanzi di un’antica fonderia.

Gallura montana
Gallura montana
Gallura montana
Gallura montana
Gallura montana
Gallura montana

In più bassa regione si stendono boschi di sughero e di leccio: qualche leccio s’inerpica fin sulle vette estreme, qualche sughero vigila fin sulle estreme alture.

Qua e là s’aprono antiche e recenti cave di granito, donde Roma adornò il suo Pantheon e Pisa il suo Battistero[1].

Fra le sommità del Limbara e lo stretto di Bonifacio la vita degli uomini s’agita a pena in villaggi ristretti ed in brevi borgate. La vita palpita invece in lontane case isolate, in microcosmi lontani; intorno alla semplice casa del pastore s’aggruppano tuguri, grotte e capanne. È l’omerica abitazione di Laerte:

comoda casa

gli sorgea quivi di capanne cinta, ave cibo e riposo ai corpi e sonno davan famigli [2].

E’ l’omerica grotta di Polifemo, che nessuna leggenda potrebbe situare in luogo più ciclopico che sulle alture aspre di Gallura: entriamo nella grotta e rinnoviamo la meraviglia di Ulisse:

Entrati, gli occhi stupefatti in giro noi portavam le aggraticciate corbe cadeano al peso de formaggi, e piene d’agnelli e di capretti eran le stalle: e i più grandi, i mezzani, i nati appена, tutti, come l’etade, avean del pari lor propria stanza e i pastorali vasi, secchie, conche, catini, ov’ei le poppe premer solea delle feconde madri entro il siero notavano...[3].

E’ ambiente primitivo stanza collettiva e libera. di primitiva esistenza collettiva e libera.

La vita patriarcale degli antichi pastori galluresi, la vita dei Balari e dei Corsi annidati sui monti granitici non fu costretta, né corrotta dal dominio dei più potenti. Nelle loro spelonche – dispersi tuguriis et speluncis [4]  – i popoli montanari fuggirono la schiavitù romana: né le invasioni dei Vandali trassero al piano e al giogo i pastori dei monti.

Per molti secoli il senno dei patriarchi mantenne la mirabile tradizione del comunismo, che resistette ai romani ed ai barbari così come più tardi resistette al feudalesimo.

Alcun non era

che gridasse alle genti: Il mio podere voi siete e la mia messe in voi m’è a grado stender la falce, e il mio talento è legge [5].

[1] I Romani ed i Pisani sfruttarono successivamente le cave granitiche di Gallura. Nel 1828 il Lamarmora riconobbe provenienti da tali cave alcune colonne del Pantheon. L’annalista Roncioni ricorda il trasporto di colonne pel Battistero di Pisa, avvenuto nel 1115.

[2] Odissea, XXIV.

[3] Odissea, IX.

[4] Pausaniae Phocica, 1. Χ.

[5] TERENZIO MAMIANI, I patriarchi.

Gallura montana
Gallura montana

Durante il Giudicato di Gallura i pastori vissero ancora in comunità di pascoli: essi limitarono poi i diritti dei feudatari fino a renderli presso che nulli di fatto. Si che pur all’inizio del secolo scorso la costituzione della Comunità ricorda la costituzione di un villaggio collettivista[1]: sono indivise le terre da semina, da pascolo e da bosco.

Ma quando fatalmente il diritto divise e chiuse le terre, quando la legge derivò dalle proprietà collettiva e feudale la privata proprietà, i pastori di Gallura si trovarono balzati, da un giorno all’altro, in un mondo inadatto alla loro esistenza secolare ed alla lor secolare tradizione: il malcontento fu immediato. Poi, per rapida reazione dovuta alla estrema difficoltà di pronto adattamento della gente antica alla nuova costituzione, i galluresi in seguito al continuo frazionamento della proprietà divennero i piccoli proprietari egoisti, misoneisti ed antisociali degli anni più recenti: negli stazzi lontani l’isolamento fu pieno quando le secolari tradizioni di collettivismo si spensero improvvisamente, quando i pastori rinchiusero insieme la terra nei limiti dei bisogni domestici e la vita nei limiti della famiglia più ristretta.

Fra gli stazzi lontani si spense ogni amorosa relazione d’altruismo: unico legame fra i lontani pastori fu la vasta rete d’odio tessuta nel secolo scorso dalla vendetta.

Ma non furono affatto senza eco le tradizioni antiche: sopravvisse e sopravvive qualche forma del buon comunismo tradizionale. Oltre la ristretta famiglia son saldi i vincoli di ampie parentele: i nati d’una stirpe si riuniscono in comunione di letizia, nelle feste frequenti o nelle frequenti visite. Ma pur oltre i vincoli del sangue vive sublime la tradizione nelle due istituzioni patriarcali della ponitura e delle paci.

Quando l’abitatore d’uno stazzo perda il gregge o la mandra per mala ventura, tutti i pastori degli stazzi limitrofi, della cussorgia, contribuiscono a ricostituire la mandra o il gregge perduto, facendo la ponitura di uno o due capi di bestiame, facendone dono cioè allo sventurato compagno. Così – oltre i limiti che chiudono il pascolo ed il gregge – si riannodano i vincoli della umana solidarietà.

Quando il recente spirito antisociale delle genti per una serie di sanguinose vendette decima famiglie intere ed intere stirpi, e la legge comune è impotente a placare la furia omicida, allora oneste persone degne di rispetto grande e di più grande amore si interpongono finalmente tra le genti rivali: la cussorgia o la borgata bagnata di sangue spinge i gruppi nemici al bacio del rinnovato amore. Si celebrano le paci alla luce del sole, in una piazza vasta, davanti al Cristo crocifisso: le folle rivali s’allineano l’una contro l’altra. Il ministro della Fede dice la parola evangelica: i più diretti nemici, quelli che pur nel di precedente covavan nel cuore l’ulteriore vendetta, si baciano: e allora l’amore stringe e riunisce e confonde le due folle nell’abbraccio di pace e nel bacio di letizia. Né questa è tradizione di tempi lontani: efficace testimonianza ne reca in questa stessa pagina un documento fotografico di recentissima data[2].

[1] Dott. SILLA LISSIA, La Gallura.

[2] La illustrazione riproduce una scena delle paci ultimamente celebrate in Trinità d’Agultu.

Paci di Trinità d'Agultu

Vero è che ormai ogni tradizione antica di queste antiche genti è incalzata dal grande rinnovamento che pur qui s’inizia. Ormai la Gallura ha segnato il suo felice destino consacrando le granitiche alture alla boschicultura e le valli fertili all’agricoltura, dopo aver iniziato con fortuna la lotta contro il torrente, contro l’inondazione e contro la malaria. I preziosi boschi di sughero costituenti la nuova massima ricchezza della regione sono curati sempre più razionalmente e sempre più razionalmente diffusi: quando accanto alla cultura del sughero fiorirà la relativa industria e sarà assai presto più frequenti gli uomini staranno ed andranno per le regioni montane.

Quando la bonifica assidua avrà liberato all’agricoltura le più fertili valli[1], il lavoro dei campi, il commercio dei prodotti e l’industria di preziose essenze vegetali (come il caffè, il tabacco, il cotone, la canna da zucchero già felicemente coltivate in semplici esperimenti, ma non in grandi culture impedite dalle alluvioni frequenti) muteranno necessariamente pur la fisionomia sociale della regione. Sempre più scarsi diverranno i pastori pigri ed antisociali: nelle campagne la fertilità del suolo chiamerà agricoltori fiduciosi nell’abbondante raccolto dal lavoro assiduo, e sui monti le preziose culture boschive daran ricchezza agli uomini di buona volontà, e nei centri abitati sarà un fervor nuovo d’industrie. Il viandante di domani conoscerà qui altri uomini delle tradizioni di ieri che pur oggi tenacemente vivono soltanto rimarrà la memoria. Fermo nei secoli rimarrà ancora l’aspetto ciclopico dei più alti luoghi, il miracolo geologico delle massime alture che saran sempre libere dal rimboscamento.

Oggi la Gallura è ignorata da tutti: ma domani finalmente, quando ai piedi delle sue alture s’agiterà una frequente fervida e feconda esistenza sociale, pur alle maestose sommità granitiche delle regioni montane verranno uomini da lontane terre: verranno uomini di scienza a studiarne i periodi delle ere geologiche che tutti vi son rappresentati, dall’arcaico al quaternario; verranno esteti ad ammirare il bello complesso e mutevole, che qui esprimono in continuo connubio solenne la terra ed il cielo, agitando in mille luci varie i colossi granitici ora schiacciandoli sotto. l’uguale azzurro, ora sollevandoli in una furia di nuvole; verranno poeti a cantar le tradizioni patriarcali, e musicisti a raccoglier gli antichi motivi suggeriti al cantore gallurese dalla più sicura memoria greca; verranno glottologi a coglier nel dolce dialetto solenne i sapori del latino classico e del puro pisano; verranno uomini sani a gustar l’amaro miele delle dolci api di Gallura, e uomini infermi a chieder salute alle terme del Coghinas[2].

[1] La fertilissima valle del Coghinas è stata già quasi completamente bonificata.

[2] Sotto l’antico castello dei Doria edificato nei secoli XI e XII alla base di una roccia che scende a precipizio di oltre cento metri, l’acqua esce dalla sabbia granitica del Coghinas alla temperatura di 80-85%. Una tale temperatura è raggiunta nel mondo soltanto da alcune acque termali dell’Asia.

La Gallura montana

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