VI.3 – Vestizione e sistemazione nella bara
di Maria Azara
Subito dopo la morte, il cadavere non subisce una lavatura generale, come in tempo antico pare si praticasse, avvolgendolo, poi in un lenzuolo. Da parenti e da amici, invece sono lavati il viso con aceto rosato (207) o con vino bianco, le mani e i piedi del cadavere, che viene pettinato e rivestito con biancheria pulita e con gli abiti di festa.
(207). Quando ad uno vuole imprecarsi la morte, è usata questa frase: «Chi ti laini in acetu» (che ti possano lavare con l’aceto).
In qualche luogo (Tempio) si usava anche radergli la barba. Generalmente, per gli uomini l’abito è nero; le donne, non vedove, abito bianco o di altro colore, secondo l’età, per le vedove abito e fazzoletto nero in testa (208).
(208). A Santa Teresa Gallura si mettono al cadavere calze bianche senza scarpe.
Ai sacerdoti si mettono i paramenti da messa. Il lenzuolo si mette nel fondo della cassa e sotto al capo del cadavere un cuscino.
A Loiri, più che il lenzuolo, si usa una coperta di seta o altro drappo fino.
Non si lasciano addosso al defunto né oggetti di valore né gli amuleti, che avrebbero dovuto preservarlo dalla sventura.
In alcuni luoghi non si deve aprire, subito dopo la vestizione, la finestra perché l’anima del defunto si trattenga quanto più è possibile nella casa.
In altri, al contrario, e sono la maggior parte, si apre subito la finestra, e, talvolta, porta e finestra, perché l’anima abbia possibilità di uscire immediatamente e non debba soffrire a stare ancora rinchiusa, dopo essere uscita dal carcere del corpo.
Nelle mani incrociate del defunto si mette un crocifisso e un rosario.
In un primo tempo il cadavere deve restare sullo stesso letto in cui è avvenuta la morte. Appena è portata la bara vi si depone il cadavere e la bara è messa su un tavolo in modo che i piedi siano rivolti verso la porta.
Questo uso è chiaramente indicato nella imprecazione: chi ti pònghini a pédi a gjanna (che ti mettano coi piedi verso la porta).
Dentro la bara si mette quasi sempre il cappello del defunto e qualche oggetto che gli sia appartenuto.
Se è morta una donna in parto, si mette l’ago, il filo, il ditale, le forbici e pannolini per il bambino. Nella bara dei bambini si mette qualche giocattolo e dolci.
Si manda intanto ad avvertire il parroco perché siano suonati i rintocchi della campana, i quali variano a seconda dell’età del morto e anche della sua posizione sociale. Nelle zone presso l’Anglona per una donna si fanno tre rintocchi, per un uomo sei, per un nobile dieci, per un prete dodici, per il Vescovo ventiquattro.
Nel resto della Gallura i rintocchi sono ugualmente graduati, ma in numero minore, uno per le donne, due per gli uomini (siano o no nobili) tre per i preti, quattro per il vescovo. Questi rintocchi si chiamano tocchi di speru o tocchi d’agunia.
Si dicono invece tocchi di litania, tocchi d’alligria, ripiccu di criatura, litania impiriali, se il morto è un bambino, e i rintocchi non sono fatti a distanza ma più rapidi e con la campana più piccola.
Intorno alla bara, ai quattro lati, si accendono i ceri e la parte che di questi avanza si dona alla chiesa. Si accende anche nella stanza una lampada ad olio.