L’abbigliamento

di Vittorio Angius – a cura di Guido Rombi

Foggia del vestire. Si vedono tre diverse maniere, la italiana, la sardesca e la tempiese.

L’italiana è usata a Tempio dalle principali famiglie e da quelli che si esercitano in qualcuna delle professioni ingenue, da tutti alla Maddalena, da alcuni in vista nei villaggi, da molti in Longone.

La sardesca è la più estesa perché mantenuta anche a Tempio dagli uomini di bassa condizione. Alcuni fanno ancora uso del coietto [colletto], e soprattutto quando sono avanzati in età appaiono con questo indosso più maestosi. E veramente, checché dicano alcuni sciocchi che non trovano nulla di buono e di bello negli antichi patrii costumi, è una veste che ha molta dignità.

La tempiese è usata a Tempio dagli uomini di mezzo stato e altrove anche dai più in vista. Vestono pantaloni e cappottino con berretta rossa e soppanno e rivolta di color nero (tranne quando sono in lutto, che allora quel colore lieto è sostituito con altro più consono alla mestizia), stringono alla vita una fascia di lana (l’imbogia) di più colori, coprono il petto a due doppi con un corpetto rosso di velluto. La sopravveste è un gabbano che arriva sino alle anche, ed ha unita la cocolla.

Le donne di mezzo e basso stato vestono come negli altri dipartimenti, e alcune usano il velo che fu in altri tempi di uso comune e ancora portano le monache. Quando vanno fuori di casa si aggiungono un’altra gonnella che sollevano da dietro a coprire la testa e le braccia, e che si dice lu suncurinu se la gonnella è di panno comune, o la valdetta se di panno più pregiato o di seta; ma se devono andare alle feste campestri o pastorali usano il fazzoletto alla moda delle donne oristanesi, e in altri tempi coprivano il capo con un cappello ordinario, ornato di grandi nastri che pendevano all’indietro, la qual moda ancora è in uso dalle pastorelle di Oviddè.

L’altra particolarità delle donne tempiesi delle suddette condizioni è lu cenciu, che hanno imitato dalle Isolane (della Maddalena). Esse ordinano i capelli in maniera elegante, però senza fermagli, e quindi coprono la testa con un fazzoletto piegato doppio a triangolo, che dalla nuca si capovolge e si lega sulla fronte formando con i lembi varie rosette.

Tempo fa si usava la camisòla, che era un giubbottino largo e con ali, aperto sull’avambraccio con bottoniera di argento sino al gomito: ora è quasi da tutte abbandonato e si è adottato al suo posto un altro a maniche chiuse che si stringe sotto il seno.

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