Curatoria di Unale
di Vittorio Angius – a cura di Guido Rombi
NOTA DEL CURATORE. La Gallura superiore, come la definiva Vittorio Angius (ma che oggi chiamiamo Alta Gallura), nel medioevo era divisa in dipartimenti, cosiddette curatorie, a sua volta comprendenti villaggi e porzioni di territorio i cui toponimi medievali (con piccole modifiche linguistiche) e la cui area geografica sono ben riconoscibili nella odierna mappatura giurisdizionale e toponomastica della regione.
I dipartimenti in questione erano otto e si chiamavano Fundimonti, Unàle, Montangia, Canahìli, Balaiana, Gèmini, Taras, Orfili.
Caratteri geografici e geomorfologici. La curatoria di Unale è una regione marittima contigua a quella sopra descritta. L’estensione di questo dipartimento è di 15 miglia per la linea di libeccio-greco da Corruaro a Capo Ferro, di 10 miglia nella linea ponente-levante da Monticano [Monticanaglia] a Capo Libano.
La superficie la si può calcolare in circa 120 miglia quadrate.
L’aspetto del dipartimento è simile a un ampio bacino marginato ad austro dai monti Pino, Santo e Plebi, a levante dal Cugnana, a tramontana dal monte Mola e dalla Pulcariccia, a ponente da Monticano [Monticanaglia] e dalle colline che si estendono a sud e fanno un tutt’uno con esso.
Il fondo di questo vallone si gonfia qua e là per alcuni colli e per il monte Lungo e Corvino [Monte Moro].
Fiumi. Le prime origini del fiume Unale sono (come si è detto) nei monti Pino, Santo e Plebi; gli incrementi principali sono quelli a levante del Cugnana da cui nasce il Manzoni, dall’altra parte dai rivoli di Montelungo e di Montecorvino, poi dal rio del Campo, nel quale si sono riuniti tre ruscelli, quindi dal Malchittu nato dall’Ucchiari, e finalmente in vicinanza alla foce del rio dell’Infarru.
Il fiume di Surrau è formato da due rivoli, uno proveniente dal Surràu, che è un’appendice della Pulcariccia, l’altro da Monticano [Monticanaglia]. Quando si avvicina alla sua foce in Porto Pollo prende il nome di rio dell’Altura.
Presso la foce dell’Unale, nella sua sinistra, si vedono due paludi, il Chilvajia [Chilvaggia] della superficie di 10 starelli, e il Salone più vicino al mare dell’area di 8 starelli. Vi è pesce nell’uno e nell’altro, e nel secondo se ne raccoglie in maggior copia quando in stagioni secche l’acqua s’abbassa.
Vi è poi lo stagno di Capùtula [Canniggione?] lungo 900 metri, largo 20.
Nel porto Salina vi ha pure un piccolo stagno in cui ordinariamente si fa la cristallizzazione; e un altro di Porto Cervo ai piedi di Monti di Mola, lungo 150 metri, largo 18, del quale si servono i pastori.
Villaggi e popolazioni. La curatoria di Unale si distingueva in due regioni: l’alta e la bassa. L’alta corrispondeva alla parte superiore, la bassa alla parte inferiore del fiume omonimo che la attraversava in tutta la sua lunghezza.
L’Unale basso aveva il villaggio di
- Arzachena, di feudo lire 22,0
- Araìstana – –
- Albagnana 10,0
Nell’Unale alto erano
- Villa de Castro 9,10
- Orto-murato 5,0
- Corrùaro 5,0
Nell’Unale-basso era il villaggio di Arzachena a tre miglia dal porto nella falda meridionale della Pulcariccia. Se ne possono vedere i resti presso la chiesa di santa Maria maggiore.
La villa di Araìstana era già distrutta nel 1358 e le sue rovine si possono vedere nel Monte Candèla presso il ruscello, che lì nasce ed ha nome dall’antica popolazione. Distava da Arzachena un solo miglio.
Abagnana dov’era? Sarebbero sue le rovine che si vedono presso il nuraghe dell’Infarru? o quelle che si osservano presso i due nuraghi di li conchi a un miglio da Arzachena o da Santa Maria?
Nell’Unale superiore. La villa di Castro? non saprei dove indicarlo.
Orto-murato? Questo nome è rimasto in una cussorgia.
Corruaro? Almeno si può indicare la regione nella quale si conteneva.
Non erano solo queste le popolazioni dell’Unale; e ad esse al tempo dei giudici se ne dovrebbero aggiungere perlomeno altre quattro, una nella regione di Scupetu, un’altra nella cussorgia di Mucciumannu nella Sarra di lu puzzu, una terza in uno dei luoghi che si sono supposti per Abagnana, e la quarta in Capikère [Capichera]. E siccome questa non compariva nella carta del 1358, si può pensare che allora la sua popolazione fosse già estinta, e anche nella carta del 1421 si fece capire cessata con molte altre circa nel 370.
Salti. In questo dipartimento sono segnati dalla carta del 1358 i salti di Gerbagia, di Juncargia, di Araìstana, che si affittavano per le ghiande e per i pascoli, e quello di Baccas (ora detto Iscia de baccas) dove si tenevano i cavalli della corte, poiché luogo di ricchi pascoli.
Se i confini che valgono ora per il dipartimento di Arzachena sono gli stessi dei tempi antichi, il castello, che dicono di San Giorgio dev’essere compreso nell’Unale.
Ma quale castello? Era un irto colle fortificato. Sopra un alto colle composto di enormi massi granitici, cavernosi e alcuni franati per un sentiero ripido, si deve salire in cima, che è una rupe che termina in un piccolo piano coronato di quattro mura che formano un trapezio di 13 metri in circonferenza.
È questa nient’altro che un punto di osservazione; e la vera fortificazione del luogo la si vede negli ostacoli fabbricati in quella parte dove si poteva tentare l’ascensione.
E per chi voleva prendere il sentiero (che era l’unico) dalla parte della chiesa, il passaggio era tra le rupi e così angusto che – se si era in molti – non vi si poteva andare che ad uno ad uno; quindi vi si trovava in linea spezzata un muro grosso un metro che chiudeva un non piccolo spazio; e poi più sopra un’altra fortificazione a forma di parallelogrammo di metri 18 nel lato maggiore e di 5 nel minore.
La costruzione era in pietre quadre, lo spessore del muro 0,78, la sua altezza di metri 4: cosa che si nota anche ora in alcune sue parti. Uno dei lati ostruiva il passaggio. Certamente che chi vi si ricoverava era sicuro e si poteva difendere da grandi forze.
Isole. A questo dipartimento appartenevano le isole poi dette Caprera, la Maddalena, Santo Stefano e le altre che indicammo come parti del territorio del borgo della Maddalena. Sapendo abitata l’isola Salzai, propendiamo a credere che lo fossero pure la Maddalena e la Caprera, anche se nella carta del 1358 non c’è alcuna menzione di popoli in essa stabiliti.
Bibliografia:
- Dionigi Panedda, Il giudicato di Gallura, Sassari, Dessì, 1978
- Fabio Pinna, Archeologia del territorio in Sardegna. La Gallura tra tarda antichità e medioevo, Cagliari, Scuola sarda editrice, 2008
- Giuseppe Meloni – Mauro Giacomo Sanna, La Gallura in epoca medievale: 3. L’insediamento umano. In: Salvatore Brandanu (a cura di), La Gallura, una regione diversa in Sardegna: cultura e civiltà del popolo gallurese, San Teodoro, I.CI.MAR. Istituto delle Civiltà del Mare, 2001, pp. 122-128.
- Giacomo Floris, Signoria, incastellamento e riorganizzazione: il caso della Gallura, Università di Barcellona, 2012-13. Tesi di dottorato