UN’ANIMA COLOR SMERALDO.
La Costa Smeralda vista da chi l’ha vissuta, animata, amata
di Mario Costi
2019
NOTA di Guido Rombi. Un bel libro per chi voglia ricordare e rivivere Porto Cervo e la Costa Smeralda nel suo farsi, soprattutto tra gli anni anni Sessanta e Settal 2000. Mario Costi, che fu tra i massimi dirigenti dell’Agenzia immobiliare del Consorzio Costa Smeralda, ci porta infatti a passeggio per Porto Cervo e la Costa Smeralda rievocando i locali che vennero aperti e chiusi, insomma si succedettero nel corso di circa 40 anni, e insieme i loro titolari; e poi le ville e i condomini che sorsero, i loro acquirenti/proprietari e gli architetti e le imprese che li realizzarono; quindi allega simpatici ricordi di vita sociale e mondana: di parecchi dei personaggi che la animarono spesso l’autore – forte della sua conoscenza privilegiata di molti di essi, talvolta finanche arricchita di rapporti d’amicizia – ci offre dei veloci ritratti. Tra i vari personaggi finanche Audrey Hepburn.
La narrazione scorre veloce e godibile anche arricchita di tanti simpatici aneddotti e “siparietti”. Insomma un libro di memorie che si legge d’un fiato ed è anche una sorta di agevole guida della prima Porto Cervo e Costa Smeralda. Fu stampato in pochi esemplari, come un “saggio di prova” dall’editore Taphros di Olbia, e ha avuto pochissima diffusione, forse complice anche il fatto che Mario Costi è morto solo un anno dopo la pubblicazione, aveva quasi 76 anni (12/02/1944 – 06/02/2020). Siamo certi che questa ristampa on-line su Gallura Tour darà alle sue memorie la migliore visibilità e sarà allo stesso tempo un bel modo per ricordare la sua figura.
Si ringrazia sentitamente i familiari per il permesso concesso alla pubblicazione.
INDICE
I. I primi passi
II. Eleganza e allegria
III. Geografie notturne
IV. L’amore del Principe
V. Un triste presagio
VI. Una diva gentile. [Audrey Hepburn]
VII. Il tempio dell’anima e della bellezza
VIII. Dalle TV alle spiagge bianche
IX. Il salvataggio di Umberto Bossi
X. Il fascino della piazzetta
XI. Dolce vita in Costa
XII. Nuovi amici
XIII. Una simpatica coppia
XIV. Qualcosa cambia
XV. Il bel mondo sceglie la Costa
XVI. Un grande artista a Porto Cervo
XVII. Un investimento per la vita
XVIII. La politica arriva in Costa
XIX. In cerca di fortuna
XX. Ricordi d’estate
XXI. Arrivano… i pirati
XXII. James Bond a Porto Cervo
XXIII. Avventure e follie
XXIV. La metamorfosi
XXV. Guerra e pace in Costa
XXVI. Una parata di stelle
XXVII. Il rispetto e l’amore
Le strutture e le società della Costa Smeralda
[PRESENTAZIONE]
di Manuela Rafaiani
Mario Costi è nato a Ozieri e, dagli anni Settanta, vive fra Olbia e la Costa Smeralda.
Conosce e ama ogni centimetro della Costa: dal primo incontro con S.A. Karim Aga Khan ha capito che, in quel fazzoletto di terra senza fortuna agricola, sarebbe successo qualcosa di importante.
E qualcosa è successo.
Un’anima color Smeraldo è il primo libro di Mario Costi.
Le cose, ma soprattutto i luoghi hanno un’anima. A volte una propria anima, a volte riecheggia quella di chi li ha amati o, più semplicemente vissuti. E ognuno ritrova, in questi stessi luoghi, i propri ricordi, le proprie emozioni, i propri amori. Non esistono gerarchie di emozioni: ognuno gode delle proprie.
Per me, la Costa è il luccichio del mare a mezzogiorno e il dolce profumo del mirto e della salsedine; è il piacere fisico di scendere nell’acqua trasparente e nuotare fino a stancarmi; è il piacere dell’anima di incontrare il sorriso delle tante persone per bene che ho conosciuto nei miei meravigliosi anni sardi.
Mario Costi ha raccontato la Costa Smeralda attraverso i ricordi di persone, case e avventure. Il suo libro è una lunga appassionata, e semplice lettera mai spedita a chi ha incontrato negli ultimi 40 anni.
[INTRODUZIONE]
Da quasi cinquant’anni la mia vita s’intreccia con quella della Costa Smeralda e con quella di chi ha contribuito a costruirla, renderla famosa o, semplicemente, amarla. Con la passione di chi non vuole abbandonare i ricordi più belli e con la meticolosità di chi custodisce ogni fotogramma, ho appuntato note che tracciano ritratti e ripercorrono storie. Il racconto di personaggi famosi incrocia quello di volti sconosciuti: ognuno ha significato qualcosa nella mia vita in Costa. Vorrei che la lettura di queste pagine regalasse le stesse emozioni offerte dal ritrovamento di una scatola piena di vecchie foto: alcune, forse, saranno ingiallite ma altre, nella loro nitidezza, riporteranno freschi alla mente i ricordi più spensierati. E, con essi, il profumo del mare.
La Costa Smeralda fu il primo sistema turistico integrato creato dal nulla. In un territorio baciato dalla bellezza ma dimenticato dagli uomini, il Principe, con lucida visione, progettò un microcosmo autonomo, in grado di offrire l’illusione di un’identità sarda, in realtà costruita a tavolino, e di regalare la perfezione organizzativa. Si è detto e scritto molto a proposito della “finzione Costa Smeralda”, aprendo un dibattito che potrebbe non finire mai.
Cosa è vero e cosa è falso? Non è forse soltanto una questione di tempo? C’è sempre qualcuno che segna un territorio, sia un sindaco lungimirante o una famiglia potente, e c’è sempre un susseguirsi di eventi che ne decreta la fama. La Sardegna, lo si voglia o no, è stata cambiata dal Principe Aga Khan che, sbarcando in Costa, ha valorizzato un angolo di paradiso e aperto una finestra su una regione sconosciuta. Non solo l’ha amata, ma ha costruito un sistema in grado di assicurare efficienza e vita autonoma a un’organizzazione in grado di sopravvivergli.
I
I PRIMI PASSI
Alla fine degli anni sessanta abitavo a Sassari, dove lavoravo con l’impresa Di Penta, colosso europeo sbarcato in Sardegna per costruire le infrastrutture dell’industria petrolchimica SIR. Dopo alcuni anni di lavoro, quando la commessa fu terminata, mi trovai di fronte a uno dei grandi dilemmi della vita: inseguire la carriera o privilegiare la famiglia? Di Penta mi fece ottime offerte per trasferirmi prima a Campobasso, poi in Sicilia e, per ultimo, in Sud Africa. Le rifiutai rigorosamente l’una dopo l’altra: la mia famiglia e la mia terra erano, per me, troppo importanti.
Ma proprio perché la famiglia era la mia priorità, sentivo forte la responsabilità di assicurare ai mie cari tranquillità e benessere: ogni mattina il mio primo impegno era sfogliare avidamente le richieste di collaborazioni pubblicate dalla Nuova Sardegna. Finché, un giorno, arrivò da Porto Cervo una convocazione per un colloquio dal gruppo Costa Smeralda.
Non ho più lasciato, da quel giorno, la Costa.
Fui assunto, alla fine del 1970, dall’Agenzia immobiliare Costa Smeralda in qualità di assistente tecnico alle vendite e amministratore dei diversi comparti e dei complessi in costruzione.
Gli uffici dell’agenzia immobiliare erano proprio nella piazza centrale di Porto Cervo, dove ora c’è il “bar miliardo”: lo chiamavamo così per la stratosferica cifra spesa negli anni Ottanta per ristrutturarlo, seguendo il progetto dell’architetto archistar si direbbe ora Savin Couelle che, nei minimi dettagli, disegnò anche gli arredi.
L’Agenzia immobiliare era il cuore dell’iniziativa fondata, nel 1962, dal Principe Aga Khan.
I locali occupavano quasi tutto il piano terra della Casa 2 di Porto Cervo, dove ora ci sono Chopard, Bulgari, Louis Vuitton e il bar Il Portico. All’ingresso dell’ufficio, campeggiava un’imponente reception con un bancone in muratura sormontato da un robusto ripiano in massello di castagno.
Chi davvero era degno di nota, erano le due giovani e infaticabili ragazze incaricate dell’accoglienza: Anna Bani e Luisa Novello. Dirigeva l’agenzia, il signor McEacharn, gentleman inglese: lui mi assunse e mi introdusse nell’ambiente professionale, aprendomi la strada a relazioni internazionali di altissimo profilo. La sua leale segretaria era Cristina. Vitaliano De Filippi, di Olbia, era l’intestatario ufficiale dell’agenzia. I vari etablissement, società proprietarie dei terreni, avevano sede a Vaduz, mentre gli uffici dell’amministrazione generale erano a Parigi, in Rue dell’Opera.
Dell’agenzia facevano parte gli uffici tecnici (diretti dal geometra Tommaso Gemelli, inizialmente coadiuvato dal geometra Vanni Frau e, poco dopo, anche dal geometra Gian Carlo Deiana), gli uffici delle segretarie Lea, Astrid, Mariella e Rosetta che, in seguito, divenne la mia segretaria quando lasciai il gruppo per intraprendere la libera professione.
L’ufficio legale era diretto dal dottor Della Scala, gentiluomo di nobili origini che, dopo qualche anno, decise di cambiare cognome scegliendo di farsi chiamare Barozzi. Il signor Charle Cronin si occupava, insieme a altri, delle vendite. C’era una razionale composizione della forza vendita: Hainer Flaig, di Baden Baden, seguiva le vendite per la clientela tedesca, Jean Pierre Inderbitzin lavorava con la Svizzera e l’Italia, Antonio Bellasich con la Francia e l’Italia. L’ufficio amministrativo era diretto dal ragionier Nino Spano e dalla sua segretaria Ida; qualche anno più tardi, furono assunti il dottor Salvatore Mongiardo, per le relazioni esterne, e il dottor Lorenzo Camillo, italo-australiano, come responsabile del settore affitti, in seguito diretto da Fernanda Brunati, coadiuvata dall’infaticabile collaboratrice Antonietta Cossu. Questo era il semplice organigramma della stagione invernale: durante l’estate era impossibile tenere il conto del viavai d’impiegati stagionali, segretarie e assistenti alle vendite.
Il piano superiore, collegato con una scala interna all’agenzia, era riservato agli uffici dell’Aga Khan, dell’avvocato Paolo Riccardi e della sua segretaria di fiducia, Mabi Satta. Lo stesso piano ospitava anche i locali riservati all’ufficio telex, dove operava Liliana, e il locale per le copie eliografiche, regno del signor Salaris. Indimenticabili dirigenti di questa lunga avventura, Gesuino Monagheddu, direttore del Consorzio, coadiuvato dalle collaboratrici Anna Maria Degortes e Anna Dettori e i signori Pisati, Miorelli, Capitta,
Rais, l’architetto Suarez e l’ingegner Guagliumi, insostituibili professionisti. Amministravo i pochi complessi condominiali che allora esistevano: Sa Conca, Maison du Port, Villaggio Porto Cervo 1, oltre ai vari comparti di ville in costruzione: Romazzino, Piccolo Romazzino, Petramanna e altri. Allora, il Villaggio Porto Cervo seconda fase non esisteva: è stato creato negli anni Ottanta, al di là della passeggiata, prendendo il posto di grandi parcheggi e spazi verdi.
La Costa, in quegli anni, era in continuo divenire e mi riesce difficile ricordare con precisione gli esatti confini anno dopo anno. Vicino all’Agenzia, dove oggi si trova la gioielleria D’Avossa c’era un’altra importante gioielleria, La Bella Blu, di proprietà di Milena Maffei che, assieme a “Oru e Pratta” della signora Multineddu, giù nel sottopiazza, e a Pileri furono le prime gioiellerie di Porto Cervo.
Milena Maffei, figlia dell’imprenditore Italo Maffei che fu sequestrato nella sua residenza estiva di Capo Coda Cavallo, a sud di Olbia, e rilasciato dopo diversi mesi, era una bellissima ragazza; la ricordo con un gran capello di paglia alla guida della sua Maggiolino rossa decapottabile targata Trento. Abitava, d’estate, nel suo attico della Maison du Port, la prima costruzione della Costa Smeralda.
Vicino alla Bella Blu c’era Il negozio di arredi e antichità della signora Lina Gentilini Curtarelli che arrivò a Porto Cervo con il suo autista a bordo di una Rolls-Royce bianca cabriolet che teneva parcheggiata vicino al negozio Aveva acquistato una bella villa nel complesso “Ville Romazzine“: non lasciò più, né d’estate né d’inverno, fino al suo ultimo giorno di vita, anni Ottanta.
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II
ELEGANZA E ALLEGRIA
Il negozio storico di Porto Cervo è stato, a tutti gli effetti, quello di Umberto Cascella, ritrovo serale dell’alta società alla ricerca di un consiglio per essere a la page. Per primi, i Cascella, hanno saputo costruire “l’evento della vendita”: i loro cocktail erano l’occasione giusta per incontrare amici e star, e per confrontarsi sulla migliore scelta per ogni occasione.
Dopo aver acquistato i locali al primo piano, all’origine di proprietà di messier Sully, giornalista francese tragicamente morto nella guerra del Vietnam, i Cascella hanno saputo creare uno spazio che, ancor oggi, catalizza il meglio di Porto Cervo.
A quei tempi, di fianco a Cascella, c’erano gli uffici della ditta Sgaravatti, diretti dall’amico Giuseppe Carteri che, in seguito, divenne comproprietario della ditta. É un nome ben noto a chiunque possieda una casa con giardino a Porto Cervo o Porto Rotondo: anche il plurifotografato giardino della Certosa, di Silvio Berlusconi è affidato alle sue sapienti cure. Ricordo con simpatia che, al fianco di Carteri, c’era spesso un suo assistente, persona molto particolare, sempre senza un soldo in tasca: era infatti sua abitudine, non appena riceveva lo stipendio, invitare chiunque al bar o al ristorante. Era quello che si definisce “un personaggio”: la sua simpatia e la sua generosità facevano dimenticare le sue stravaganze e tutti gli volevano bene. Appena incontrava qualcuno chiedeva una sigaretta: era diventato un intercalare così naturale nelle sue conversazioni, da spingerlo a chiederla anche se conversava al telefono! Una giovane ragazza, figlia di un facoltoso industriale straniero si era perdutamente innamorata di lui e perciò aveva una villa a completa disposizione per tutto il periodo invernale per organizzare spuntini e festini vari. Una mattina alle 8,30 mentre tutti ci avviavamo in ufficio, notammo qualcosa di strano sull’auto della signora Gentilini: la statuetta della Rolls-Royce era ricoperta infiocchettata di carta igienica e… non solo. Nessuno ebbe mai un dubbio sull’autore dello scherzo, ma ancora una volta, grazie alla sua simpatia, fu perdonato… anche da parte della famosa statuetta alata.
Oltre al negozio Cascella c’erano altri due negozi, Filippo di Roma, nell’attuale locale Dolce e Gabbana, e poi il negozio del sottopiazza della signora Zedda Corigliano, zia di Marco Calatri che oggi possiede il maggior numero di negozi di abbigliamento nel sottopiazza e nella passeggiata. Marco, grande appassionato di moda, ha un raffinatissimo gusto e un’innata capacità di consigliare senza insistere, di suggerire senza imporre la propria visione. Per questo è coccolato e richiesto dalle donne più ricche del mondo che scendono a Porto Cervo.
Accanto alla ex farmacia di Marina Simeoni, oggi Hermes, c’era la galleria d’arte San Sebastianello, che esponeva pregiati oggetti d’arte e arredi. Il primo e storico negozio di arredi è comunque Arcarosa diretto dalla signora Carini Medioli e poi dalla famiglia Arcangeli di Spoleto che, in seguito, ha raddoppiato gli investimenti nella nuova fase di Porto Cervo. Inoltre, c’era il negozio di artigianato sardo (ora Cartier) delle signorine Loche di Tonara che accoglievano i clienti in costume sardo. Vicino c’era l’ufficio postale diretto da Franco Maxia.
Più tardi, negli anni Ottanta, nel Sottopiazza delle Chiacchiere, il signor Iacopini, padre del famoso cestista nazionale, aprì un negozio di antiquariato nell’attuale locale di arredi e oggettistica dell’architetto Mascia. Durante una delle mie periodiche visite al Villaggio, un giorno di fine agosto, mi resi conto che il negozio era chiuso e, preoccupato, chiesi subito informazioni: si dice che, qualche giorno prima, Elton John in compagnia di Gianni Versace aveva visitato il locale e, affascinato, aveva acquistato quasi tutti i pezzi di antiquariato. Il signor Iacopini, a quel punto totalmente appagato, cessò l’attività.
Anche questa è Costa Smeralda… La Casa 2b era anche la sede dell’agenzia viaggi del signor Cenke, ex dirigente della società Alberghiera del gruppo Costa Smeralda, e di un negozio di elettrodomestici gestito da un signore inglese, conoscente del nostro direttore Mc Eackharn che, purtroppo, fallì dopo soli due o tre anni.
Il ritrovo delle serate e delle notti, specialmente nel periodo invernale e pub Red Lion nel sottopiazza, si trovava esattamente dove oggi sono i locali dell’architetto Mascia, Didi, Cartomatto e Harmont e Blaine. Il locale era gestito da un altro signore inglese, baffuto e con una stazza degna di essere ricordata, arrivò a Porto Cervo con una vecchia auto d’epoca con trombetta e grossi fanali; si aveva, entrando al Red Lion, l’impressione di essere a Londra, in un autentico pub inglese. Gli arredi, i grossi boccali di birra, il gioco delle freccette, il fumo, ricreavano l’atmosfera rigorosamente londinese.
La migliore cliente era l’architetto Helena Suarez, originaria di Cuba, invitata a Porto Cervo dal Principe per studiare l’urbanistica della Costa, prima dell’arrivo dell’architetto Enzo Satta. Helena Suarez era una donna molto corpulenta, indossava sempre jeans e maglione, portava gli occhiali e non si presentava mai senza un buon sigaro (cubano, naturalmente) in bocca. Ricordo la sua voce alta e stridula, ma ancor di più quell’amabile mix fra simpatia e professionalità. A lei si devono i primi interventi urbanistici, e sua è l’idea delle scritte nella roccia granitica con le indicazioni dei siti.
Due signori belgi erano assidui frequentatori del pub Red Lion. Soci in affari, stavano sviluppando l’edificazione del comprensorio Cala Granu. Presto si stancarono e cedettero l’operazione al geometra Stefano Arru che costruì il complesso Sea Smeralda adiacente la bellissima spiaggia. Per il loro spiccato senso degli affari, per la costante allegria e humor erano chiamati “il gatto e la volpe”. Ricordo che un giorno al pub uno di questi, come spesso un po’ alticcio, sfiorò il fondoschiena dell’architetto Helena Suarez, questa, senza neanche voltarsi, gli sferrò un ben impostato manrovescio che ridusse a terra semisvenuto l’ardito belga. Pare che, nei suoi fumi di spirito, abbia da quel giorno in poi, accuratamente evitato di avvicinarsi a qualsiasi fondoschiena, e soprattutto a Helena.
Nel Sottopiazza, dove ora c’è il bar La Virgola di Sergio Ulliana, c’era il piccolo supermercato di Porto Cervo, unico in tutta la Costa, e il negozio di frutta e verdura.
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III
GEOGRAFIE NOTTURNE
I1 Villaggio “Porto Cervo prima fase” venne edificato, a regola d’arte, dall’impresa Grassetto, come Sa Conca, la Maison du Port, la Stella Maris, l’hotel Luci di la Muntagna, le ville Cerbiatte e tutti gli hotel del gruppo. Le infrastrutture spesso erano affidate alla Società Cetis di Fenzi e Vecchi.
Nel sottopiazza, in quel periodo c’erano: l’edicola-tabacchi di proprietà di Vitaliano De Filippi, allora gestita dalla moglie, la signora Nieves Mibelli; Natili, che esponeva bellissime scarpe e pelletterie fatte a mano; la Marinasarda, società del Gruppo per la vendita e l’affitto di barche. Dove c’era il locale di artigianato Isola, è stata la sede del più famoso locale notturno di quei tempi, S’inferru, ritrovo estivo di quasi tutti i vip presenti in Costa Smeralda, segnava il ritmo delle notti smeraldine con l’orchestra di Renato Sambo.
A pochi passi, c’era il ristorante Su Marineri, frequentato da una clientela molto selezionata; insieme a S’inferru e agli hotel, faceva parte del gruppo Costa Smeralda. Poco dopo, Su Marineri fu dato in gestione a Sergio Volpi e Peppino Mura che affettuosamente chiamavo il tricheco per quei suoi grossi baffi già famoso per la sua gestione del ristorante Il Corsaro ad Alghero; entrambi tennero alto il livello del ristorante già amato dal bel mondo internazionale.
In quegli anni, andava di moda anche La Contra, a Liscia di Vacca, di proprietà della signora Orecchioni e del marito Tosino: era un locale piacevole con ottima musica. Subito dopo fu inaugurato anche Pedro’s, arroccato tra le curve di Liscia di Vacca, ben presto ritrovo preferito dei giovani rampolli. Dopo qualche anno fu chiuso per piccoli traffici di droga. Prese il suo posto il Number One, gemello del famoso locale di Roma, gestito dal playboy Gigi Rizzi. Qualche anno dopo divenne Scorpio e, successivamente Bella Blu.
Anche S’inferru cambiò veste, nei suoi locali fu aperto il Nepenta, ma sopravvisse per poche stagioni. Un altro famoso locale era il Fox, del Cala di Volpe. Allora giovanissimi, con mia moglie Giovanna frequentammo questi ritrovi dove si davano appuntamento la gioventù dorata, i grandi nomi del cinema e della finanza, le più belle dive dell’epoca e play boy come Gigi Rizzi, Gianfranco Piacentini, Louis Nasalli Rocca, Beppe Piroddi, Porfirio Rubirosa…
Poco tempo dopo, Antonello Verona ebbe l’intuizione di aprire il Sottovento, locale che per molti anni soppiantò tutti gli altri. Antonello, grazie anche alla tenacia della moglie Anna, dopo aver maturato una considerevole esperienza all’hotel Cervo aprì il ristorante La Fattoria, assieme al socio Sergio Grassi: fu il primo ristorante di cucina tipica sarda in Costa.
Fu un successo strepitoso: nessuno resisteva all’agnello e ai maialetti allo spiedo in bella vista, al benvenuto dell’asinello all’ingresso: impossibile trovare un tavolo senza prenotazione nonostante i grandi spazi. Oggi, al suo posto, c’è il ristorante Gianni Pedrinelli.
Ma il fiuto per gli affari, Antonello, l’aveva nel sangue: prima del Sottovento e del Sopravento, costruì l’hotel Balocco e il Residence Sottovento. Ancor oggi, la discoteca Sottovento è una delle più frequentate della costa.
Fu aperto, in quegli anni, anche il Pepero da Gianni Principessa che gestisce diversi locali a Roma. Sempre nello stesso periodo, i fratelli Bollito di Torino aprirono, non molto lontano, un’atra discoteca La Madrugada, senza però ottenere analogo successo. Più tardi questo locale diventò Gill’s, gestito dal famoso visagista che invitò personaggi famosi, da Helmut Berger a Elton Jones. Dopo qualche anno l’immobile fu acquistato Da Tony Derosas, noto cantautore di Olbia e diventò un piano bar senza troppa fortuna. Ma la ruota girò di nuovo con l’arrivo di Flavio Briatore e del suo Billionaire…
Non si può non ricordare un altro locale, aperto negli anni 70 a Liscia di Vacca: Il Piccolo Mondo realizzato da Costantino Porcu, noto costruttore e grande sportivo, caro amico di Angelo Domenghini. Spesso organizzava grandi feste cui invitava la grande squadra del Cagliari di Gigi Riva e Scopigno. Il Piccolo Mondo diventò poi un piano bar, Il Piccolo Ciucheba, e poi ancora divenne Next Door di Gian Carlo Alessandrelli, ex portiere della Juventus e infine Why Not.
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IV
L’AMORE DEL PRINCIPE
Il mio lavoro consisteva nell’assistere i nuovi acquirenti degli immobili allora in costruzione: i futuri consorziati. Mi occupavo della preparazione delle pratiche per la stipula dei rogiti notarili, soprattutto per ciò che riguardava i regolamenti dei condomini e dei comparti, e le perizie per la elaborazione delle carature millesimali di proprietà. Più tardi mi fu affidata anche l’amministrazione dei complessi e di gruppi di ville. In quegli anni, ebbi modo di conoscere una vasta clientela internazionale, e devo ammettere che con molti di questi illustri personaggi si creò un legame particolare di profonda amicizia e stima.
Uno dei primi compiti che mi furono assegnati, non appena assunto, fu quello del controllo e della sorveglianza di tutti gli accessi ai vari comparti e al mare. Feci installare grandi cancelli di legno al bivio di Romazzino, Romazzino nord, Piccolo Pevero e Grande Pevero, Porto Cervo Nord, Petra Manna, la Celvia. Allora non esistevano le lottizzazioni del Golf e della Pantogia e non era stata ancora costruita la nuova Marina. Assunsi alcuni giovani stagionali, quasi tutti del luogo, figli degli ex proprietari dei terreni della costa che controllavano rigorosamente i passaggi durante l’estate, protetti da ombrelloni di canne. Tutti gli accessi erano, teoricamente, perfettamente controllati e chi era sprovvisto di autorizzazione doveva essere bloccato. In qualche mia ispezione, ho sorpreso alcuni guardiani dormire tranquillamente all’ombra con il cancello aperto: anche allora non era facile ottenere una buona disciplina. Ma erano altri tempi: il turismo era quasi inesistente e questo sistema, ancorché perfettibile, era il migliore per assicurare il controllo di gran parte del territorio contro intrusioni di estranei, furti e incendi. Dopo qualche anno, giustamente, i varchi vennero aperti per dar modo a tutti di usufruire degli accessi alle spiagge e, contemporaneamente, venne intensificata la sorveglianza da parte delle guardie giurate, e della squadra antincendi con l’acquisto di nuovi mezzi e l’assunzione di nuove forze.
Non ricordo se fu nell’estate del 1973 o del 1974, ma ricordo lucidamente gli odori e i colori del grande incendio che scoppiò nelle colline della lottizzazione Golf-liccioli. A quei tempi il campo da golf, la cui Club House fu inaugurata dal Principe Aga Khan il 25 Giugno 1977, era in fase di realizzazione. Quando giunse la notizia nei nostri uffici era pomeriggio e immediatamente tutti uscimmo per andare di corsa ad aiutare chi stava lavorando per spegnere il vasto incendio. Eravamo una trentina, in mezzo al fumo con delle frasche in mano: assieme a noi, impiegati e operai, c’era Sua Altezza Aga Khan in mocassini bianchi, ricoperto di fuliggine. Era con noi e ci stimolava con forza, rabbia, tenacia e con il suo esempio. In quelle immagini, che mai dimenticherò, è immortalato il grande amore che il Principe provava per questa nostra terra.
Verso sera, alla fine, riuscimmo a domare l’incendio. Arrivai a casa a tarda sera, stremato, ma felice. Dopo un po’ di tempo e questa brutta esperienza, il Consorzio fu dotato di una squadra antincendio con uomini e mezzi, si costruirono vedette nei punti strategici e si acquistò il primo elicottero pilotato dal comandante Boeris, uomo di straordinaria capacità e umanità che ci lasciò in seguito a un tragico incidente d’auto ad Olbia negli anni novanta. Il comandante Boeris era coadiuvato dal comandante Mannucci la cui moglie, per una tragica ironia del destino, morì nell’incendio di Milmeggiu, vicino a Portisco, nel 1989.
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V
UN TRISTE PRESAGIO
In quei primi anni Settanta, l’attuale ristorante Il Pomodoro era la mensa del personale del gruppo Costa Smeralda. Tutti i dipendenti delle varie società vi si riunivano per pranzo e per una sosta per il caffè. C’erano tutti: operai, impiegati e dirigenti del consorzio, dell’agenzia, della Stegcs, dei servizi tecnici, della falegnameria, della Marinasarda, del porto, ecc. La Costa era in piena evoluzione e le squadre di lavoratori erano foltissime.
Ricordo ancora il sottofondo delle note di Battisti dal juke box, la grande nuvola di fumo di sigarette, allora permesse, e la vitale confusione di quegli anni. La mensa era gestita da un anziano signore di Fonni che tutti noi chiamavamo Zio Pietro; più tardi il servizio fu affidato ad Aldo Pittaluga, chiamato Baffo per i suoi lunghi baffi: era una persona eccezionale, generoso e amico di tutti, molto rimpianto da chiunque l’avesse conosciuto. Da allora il ristorante si chiamò Baffo.
Eravamo soliti riunirci all’una in punto, in una grande tavolata: c’erano, immancabilmente, il mio collaboratore Salvatore, Giuseppe Carteri, l’architetto Pippo Polese e il suo collaboratore Nardo, Leo, che gestiva la Libreria della Piazza delle Chiacchere; molto spesso si univa a noi il parroco di Stella Maris, don Raimondo Fresi e Stefano Arru. Il nostro lavoro era interrotto da queste pause conviviali che ricordo con gran nostalgia per le interminabili risate.
Solo una nube rattrista il ricordo del Baffo. Era il mese di marzo e nuvole basse e nere minacciavano temporale o neve; sentivo che il mio caro amico Nuccio (Stefano Arru), uno dei più apprezzati costruttori della Costa, era molto triste, ma non riuscivo a percepirne la ragione.
Con Nuccio siamo stati amici da sempre, fin da quando eravamo studenti a Sassari. Spesso raccontavamo, in compagnia, le nostre avventure goliardiche, stile “Amici miei” e le vacanze estive che trascorrevamo assieme. Dopo il diploma, frequentai l’accademia militare di Modena per tentare di continuare la tradizione di famiglia, ma la abbandonai qualche tempo dopo. In quel periodo, Nuccio si trasferì a Olbia per lavorare a fianco dell’architetto Strub, progettista di numerose ville in Costa. Il geometra Arru diventò uno dei più apprezzati imprenditori edili, ricercato dai più importanti architetti, in particolar modo dall’esigente Savin Couelle.
Fin da studente, Nuccio aveva la passione del volo che, in parte, mi aveva trasmesso. A diciotto anni aveva già il brevetto e, appena poteva, correva a volare all’aeroporto di Alghero. Ben presto riuscì a comprare un aereo tutto suo, un Piper, che teneva nell’aeroporto di Vena Fiorita, appena aperto. Spesso con mia moglie e con gli amici si volava in Costa Azzurra, in Tunisia, o in Grecia. Molte volte, seguendo il meteo, si decideva all’ultimo momento di partire da Porto Cervo per Vena Fiorita e andare in aereo a pranzo ad Ajaccio, quasi sempre al ristorante Bec Fine, sul lungomare vicino al porto. Qualche anno dopo, insieme, fondammo l’Aero Club Costa Smeralda, tuttora efficiente nell’omonimo aeroporto.
Quel giorno d’inverno era il 14 marzo 1973 Nuccio non rideva, non toccava quasi cibo e capii subito che c’era qualcosa di molto serio: c’era una triste atmosfera quel giorno. Egli aveva un orribile presagio e io, suo amico fraterno, ne avevo intuito la causa: aspettava con trepidazione una telefonata che, purtroppo, non è mai arrivata. La telefonata doveva annunciare l’arrivo da Torino dell’amico Franco Mainero e della moglie con il bimotore Piper di Nuccio. L’aereo si era inabissato a 17 miglia a sud dell’isola D’Elba a causa di formazione di ghiaccio sulle ali. Fu ritrovato, dopo qualche giorno, un pezzo d’ala con la sigla dell’aeroplano: I-SATB.
Ricordo ancor oggi con affetto l’amico Franco che, con il mio aiuto, stava per aprire un centro di manutenzione il cui nome sarebbe stato Quick Service.
Nel 1982, in un incontro con il Principe Aga Khan, Stefano Arru e io avevamo promesso che avremmo portato le frecce tricolori nei cieli di Porto Cervo, durante la giornata finale della celebre regata “La settimana delle Bocche”. Sarebbe stato un evento allora molto raro per l’intera Sardegna. La promessa fu mantenuta grazie alle conoscenze di alto livello di Stefano nell’aereonautica. La manifestazione ebbe un grande successo e attirò a Porto Cervo decine di migliaia di spettatori dall’intera isola.
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VI
UNA DIVA GENTILE
Assistevo tutti i clienti che acquistavano immobili in costruzione nei vari complessi: Case del porto, Acqua Marina, Piccolo Pevero, Cala Granu e, successivamente, le case del golf, il Sestante ecc.
La famiglia Dotti-Roberti aveva acquistato tre appartamenti all’Acquamarina, sulla spiaggia del Piccolo Pevero: uno per ciascun fratello Pier Franco, Gian Piero, e Andrea. La madre dei fratelli Dotti, la signora Roberti seguiva con puntiglio l’andamento dei lavori, le modifiche richieste e gli arredi che, personalmente, ero incaricato di sopraintendere. A volte, con non poche difficoltà, dovetti ricorrere alla mia paziente diplomazia per evitare piccole guerre con le maestranze. Un giorno, la signora Roberti arrivò a Porto Cervo in compagnia di una giovane donna, snella e raffinata nel portamento, affabile nei modi. Era Audrey Hepburn, la famosa attrice, moglie di Andrea Dotti, affermato psichiatra. La conoscenza diventò subito una vera amicizia arricchita da una sincera stima reciproca; porto con me uno straordinario ricordo di questa donna gentilissima, elegante, semplice e amabile.
Audrey, di carattere schivo e terrorizzata dalla sola idea di essere al centro dell’attenzione, aveva apprezzato la mia riservatezza e perciò, appena arrivava in Sardegna, mi chiamava per chiedermi di accompagnarla nei suoi spostamenti in Costa. Appena saliva in macchina mi chiedeva se poteva appoggiare i piedi sul cruscotto: quella era la sua posizione preferita.
Durante uno dei suoi primi viaggi per visitare il cantiere insieme alla suo cera, Audrey alloggiava all’Hotel Cervo in attesa della consegna degli immobili. Non ricordo per quale motivo, in quei giorni di primavera, i dipendenti dell’hotel avevano iniziato uno sciopero; quando lo seppe, la signora Roberti, già infastidita dal ritardo dei lavori di Acquamarina, andò su tutte le furie. Fu solo grazie a Audrey, al suo stile e alla sua innata dolcezza che il temporale rientrò dopo qualche piccolo tuono… Per placare la tensione, decisi di accompagnarle a pranzo al ristorante Su marineri, che poi divenne il preferito dell’artista e dove spesso tornammo insieme: tutto fini in totale serenità.
In quel periodo, questi incontri di lavoro avvenivano nella più assoluta riservatezza nonostante le continue pressioni di qualche giornalista e fotografo. Per diversi anni insieme a mia moglie incontrammo Audrey al Piccolo Pevero, spiaggia allora semideserta anche in agosto; suo figlio Luca giocava spesso con i miei figli Gianni, suo coetaneo, e Maria Cristina. Trascorreva molto tempo in Sardegna, perché, dopo la nascita del secondo figlio, si era presa un lungo periodo di pausa dal grande schermo. Dal 1976, invece, frequento meno assiduamente Porto Cervo poiché era impegnata sul set del film “Robin e Marian” accanto a Sean Connery.
Il matrimonio con Andrea Dotti, dopo qualche anno, naufragò e io, essendo stato incaricato dalla famiglia di seguire l’amministrazione privata per la gestione degli immobili, ero continuamente in contatto con lei, fino alla sua morte. Audrey Hepburn morì nel gennaio del ’93.
Alcuni anni fa, credo nel 2004, si presentò nel mio ufficio di Porto Cervo il figlio di Audrey, Sean, nato dal primo matrimonio, con Mel Ferrer. Si ricordava di me e voleva salutarmi perché la mamma quando parlava della Sardegna, mi citava sempre. Sean ora abita in Svizzera dove ha realizzato un museo dedicato alla mamma a Tolochenaz, vicino a Ginevra, e creato una fondazione in sua memoria per raccogliere fondi per programmi educativi in Africa. Oggi Audrey Hepburn è considerata la terza più grande attrice nel mondo.
Ho risentito il secondo figlio Luca dopo la tragica morte del padre, avvenuta in una clinica a Roma, pare per un errore di malasanità. Proprio in quei giorni anche io, nel settembre 2007, ero ricoverato in un’altra clinica di Roma per un delicato intervento.
Casualmente seppi che, nel 1971, mio fratello Giuseppe a Roma lavorava in equipe con lo psichiatra Andrea Dotti e con il dottor Cancrini sull’emergente problema della tossicodipendenza.
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INDICE
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VII
IL TEMPIO DELL’ANIMA E DELLA BELLEZZA
L a Chiesa di Stella Maris è un gioiello, un vero capolavoro di architettura, pubblicata nei libri e riviste di tutto il mondo. È stata costruita, per espressa volontà di S.A. il Principe Aga Khan, su pro- getto dell’architetto Michele Busirivici. Il figlio Gian Carlo, anch’egli architetto ha scritto: “La posizione prescelta, l’uso sapiente dei materiali locali genialmente modellati da maestranze del luogo, l’amore quasi maniacale di mio padre per il singolo dettaglio, l’inusuale armonica sequenza, in spazi interni ridotti, di curve e raccordi filtrati da luci e ombre naturali ed improntate a linee di morbida purezza, consentono all’attonito visitatore di abbracciare visivamente l’intero organismo, respirando un’atmosfera dai toni surreali” (Dal volume Stella Maris edito da Don Raimondo Satta).
“Chiesa candida, solare, profumata di legno e dell’alito del mare”, ha scritto Luca Goldoni nella sua prefazione del pregiato libro sulla Stella Maris che Don Raimondo Satta ha pubblicato nel 2002. Prosegue Luca Goldoni nella sua prefazione: “pochi sacerdoti ho conosciuto come don Raimondo Satta che sappiano riassumere una profonda cultura e una straordinaria semplicità, unita alla disponibilità a calarsi nei casi di ciascuno. Nelle sue prediche, la mia mente non vola mai via”. Anche io sono affascinato dalle sue omelie che mi appassionano e mi fanno riflettere.
Stella Maris, la Chiesa dei due Raimondi, così io la chiamo perché il primo parroco fu don Raimondo Fresi e il suo successore don Raimondo Satta. Don Fresi ha visto la sua Chiesa nascere fin dalla posa della prima pietra nel 1965, ha vissuto tutte le varie fasi della progettazione con l’architetto Busiri Vici che gli disse: “Ti farò una Chiesa di un moderno bello”.
Seguì anche le fasi della costruzione effettuata dall’impresa Grassetto. Per la inaugurazione la Baronessa Tissen Bentink offri, dalla sua raccolta privata, la preziosa tela attribuita a El Greco: la “Mater Dolorosa” esposta in una teca cassaforte. Nel 1990 grazie alle sempre attive relazioni di Don Fresi con i tanti industriali e finanzieri che soggiornavano in Costa, la Chiesa fu arricchita dalle bellissime porte in bronzo scolpite dal maestro Minguzzi.
All’interno c’è, inoltre, un crocefisso del 700 e un bellissimo organo a canne del 600 di scuola napoletana. All’esterno, due sculture in trachite di Pinuccio Sciola. Credo che la chiesa Stella Maris sia l’opera più bella della Costa Smeralda: per questo ho voluto unire bellezza alla felicità per il matrimonio di mia figlia, celebrato in questo contesto ambientale che suscita gioia e commozione e dona un senso di pace e serenità.
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VIII
DALLA TV ALLE SPIAGGE BIANCHE
Non appena il nuovo porto fu completato, contestualmente furono edificati il villaggio Marina e il nuovo Yacht Club. Uno dei primi acquirenti fu Mike Bongiorno che aveva acquistato un posto barca e un immobile con vista del porto. Un giorno, in estate, mi diede appuntamento al bar sulla piscina dello Yacht Club per espormi alcune richieste riguardanti modifiche che desiderava apportare al suo appartamento. lo, che sono alquanto distratto e poco fisionomista, arrivai e chiesi al barman se avesse visto il signor Mike Bongiorno: non mi ero reso conto che, in versione estiva in maglietta e calzoncini, era al mio fianco e che addirittura lo sfioravo. Lui disse: come non mi riconosce? Arrossii e mi scusai più volte.
Al Villaggio Marina avrà sede, qualche anno dopo, l’ufficio urbanistico della Costa, sapientemente diretto dall’architetto Enzo Satta, che con la collaborazione di numerosi tecnici, lavorava infaticabilmente al Master Plan.
Assieme alla club house del golf fu edificata la prima fase delle case del golf prospiciente il campo su progetto dell’architetto Bonicatti. Tra i primi clienti, ci furono il dottor Nordio, allora presidente di Alitalia, amico di un altro dirigente Alitalia, il comandante Matteo Vagnola, mio caro amico che risiedeva alle case del Porto.
Tra i primi clienti al Golf, anche Beppe Grillo che abitava con la prima moglie e la sua figlioletta appena nata di nome Luna. Beppe Grillo mi chiamava frequentemente per alcuni problemi tecnici che, immediatamente, cercavo di risolvere. Anche nel privato e durante il lavoro amava scherzare con una battuta dietro l’altra: il solo sguardo ti faceva ridere e ti metteva allegria. È un vero affabulatore. Dopo la separazione dalla prima moglie passò per qualche anno le vacanze a Cala Romantica, sempre alla ricerca di una casa; qualsiasi proposta, però, per lui era sempre troppo onerosa. Spesso mi telefonava a casa e inserivo il viva voce per il divertimento dei miei figli Gianni e Maria Cristina: anche al telefono era un fiume di battute spiritose. Ascoltarlo è sempre stato un gran piacere… e pensare che oggi è divenuto un personaggio determinante nel panorama della politica italiana.
La scorsa estate, mentre ero ancorato in gommone con la famiglia a ridosso delle boe del Grande Pevero, notai la sua grande chioma grigia che nuotava con un buon ritmo lungo le boe che lui è solito doppiare più volte.
Lo chiamai, ci salutammo e lo misi in guardia avvisandolo che lo avrebbero facilmente riconosciuto. Mi rispose: tranquillo, ormai mi riconoscono anche i pesci.
Tra i residenti nelle case del golf c’era Dimitrj Nabokov figlio del celebre scrittore Vladimir autore di Lolita. Il signor Dimitri spesso mi ha intrattenuto raccontandomi alcuni cenni della sua famiglia, ma soprattutto amava ripetere qualche citazione di suo padre, una in particolare: “Sapere che si ha qualcosa da leggere prima di andare a dormire è una delle sensazioni più piacevoli della vita”. Suo nonno, di nobile famiglia di San Pietroburgo, appassionato collezionista di farfalle era un noto politico che venne assassinato a Berlino negli anni ’20.
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IX
IL SALVATAGGIO DI UMBERTO BOSSI
Il complesso Acquamarina fu progettato dall’architetto svizzero Bertoli, mentre la direzione e l’assistenza dei lavori fu affidata all’ing. Carpane, noto velista, e all’architetto Marina Perrot, entrambi residenti alla Maddalena. L’impresa di costruzione era la Edilsifi, che faceva capo al signor Scanu di S. Teresa di Gallura. Uno dei primi acquirenti, oltre a quelli già citati, fu Ermanno Ronchi, stilista e patron della casa di moda Erreuno a Milano.
Il signor Clavien, imprenditore svizzero, acquistò diversi appartamenti. Abitava in una meravigliosa villa sul mare, attigua al Grande Pevero dove organizzava bellissime feste con concerti al pianoforte sul prato a pochi metri dal mare.
Durante i contatti per le consegne degli immobili del complesso Acquamarina, si presentarono nel mio ufficio due belle e giovani signore di Brescia, la signora Trotti, moglie del dottor Negrini, un medico con la passione per le collezioni di quadri importanti, e la signora Nerina Gnutti, moglie dell’ingegner Vito Gnutti, grande imprenditore, che ricoprì anche la carica di ministro dell’Industria nel 1994. Si creò immediatamente una simpatia reciproca e diventammo in poco tempo buoni amici: frequentemente ci si incontrava per un aperitivo o a cena.
Nel 1994 Umberto Bossi fu ospite di Vito Gnutti. Una mattina, durante una delle mie ispezioni all’Acquamarina, sentii sussurrare il mio nome e non capivo da dove arrivasse né di chi fosse quella voce. Mi guardai intorno e vidi, nascosti dietro le folte piante, Vito e Umberto Bossi al riparo dall’assalto di numerosi fotografi e giornalisti che assediavano l’abitazione. I due non sapevano come fare per rientrare a casa e quel sussurro era, in realtà, un grido d’aiuto…
Senza avvicinarmi a loro, andai dai giornalisti e, con l’aiuto del custode e del giardiniere, comunicai loro che avevamo appena visto Bossi in un’altra zona del residence, esattamente sul lato opposto: immediatamente una fiumana di fotografi, operatori e giornalisti, corsero verso il luogo indicato e noi ci rifugiammo a casa Gnutti entrando dal retro dell’abitazione. Dalla finestra, con una buona tazza di caffè, ci godemmo, indisturbati, la scena.
Dopo alcuni anni Vito e Nerina Gnutti acquistarono, con il mio aiuto e il mio consiglio, la villa vicino al residence sul mare. La stessa villa che fu, negli anni settanta, il ristorante Bice.
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X
IL FASCINO DELLA PIAZZETTA
I nomi Piazza e Sottopiazza delle Chiacchiere nel villaggio Porto Cervo nascono grazie alla libreria/edicola poi negozio Cucinelli dell’indimenticabile Leo, scomparso negli anni Novanta, uomo solitario ma con un vivace humor. La sua libreria è stata uno dei punti di ritrovo dei residenti in Costa. Ogni mattino la piazzetta si animava, specialmente con politici e intellettuali che, dopo aver acquistato i giornali, si fermavano a commentare le notizie con animate discussioni e chiacchiere sui più disparati argomenti politici ed economici.
Il proprietario della rivista il Fisco, il dottor Marino, persona simpatica e disponibile era puntualissimo all’appuntamento con l’attualità e, ogni giorno, teneva banco sulle novità fiscali, spesso con gli amici: il professor Farris e Michele Gerace. Seconda tappa della giornata era il caffè al Bar Sole di Aldo (il Baffo). Questo bar, nel cuore di Porto Cervo, è stato per quarant’anni il fulcro della vita mondana della Costa: l’ora dell’aperitivo era una festa che invadeva allegramente la piazza. Difficile trovare un tavolino, lo si poteva conquistare solo grazie ai continui viavai di persone eleganti o in costume da bagno, di signore in abito da sera e ragazze quasi nude o in pareo al ritorno dal mare. Tutti si fermavano al bar Sole, dal turista di passaggio ai grandi nomi della finanza, del cinema, della tv e della politica. Oggi, dopo la scomparsa di Aldo e la nuova gestione Starwood, non c’è più la mitica vivacità della piazza. Purtroppo i prezzi carissimi, gli arredi freddi, e la mancanza di una personalità, hanno allontanato i clienti, dirottati su altre mete.
Su questa piazza si affacciano diversi appartamenti, un tempo abitati da personaggi storici della Costa come i signori Mentasti, proprietari della San Pellegrino, il dottor Butticchi, allora presidente del Milan, aiutato nella gestione del suo appartamento dal suo allenatore, Gustavo Giagnoni di Olbia.
Anche la famiglia Boldrocchi, di Milano, era spesso in Piazzetta. La signora Boldrocchi, venuta meno da poco tempo quasi centenaria, non mancava nessun ricevimento o manifestazione, nonostante risiedesse nella sua grande villa a Portorotondo. C’erano spesso anche i conti de Sainte Opportune, di Parigi con i quali mia moglie ed io siamo legati da una affettuosa amicizia. Spesso li accompagnavamo in varie escursioni nelle campagne galluresi guidati da un amico comune, il professor Cannas di Tempio, o ci si incontrava a Parigi.
I conti possedevano una meravigliosa proprietà in campagna, vicino Parigi, numerosi immobili a Saint Germain, e una memorabile villa a Versailles che, per un giorno all’anno, doveva essere aperta per le visite in quanto patrimonio Nazionale. La Contessa è purtroppo scomparsa nel 2011. Avevano un unico figlio, appassionato di corse, e organizzatore della Parigi-Dakar: morì giovanissimo in questa corsa. I genitori ereditarono quasi tutto il patrimonio che, poco prima della morte, gli era stato donato. Fu un dolore immenso e passarono molti anni prima che ritornassero, seppure raramente, a sorridere.
Sono stato da poco a Parigi a trovare il Conte. Ormai solo, in una grandissima casa, ha costituito una fondazione di beneficenza e un ospedale: ogni suo bene sarà donato a queste opere. Sta scrivendo un libro che mi invierà non appena sarà completato.
Conservo con sincero affetto un antico orologio francese a pendolo che la Contessa mi volle regalare subito dopo la vendita della loro casa di Porto Cervo.
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XI
DOLCE VITA IN COSTA
N ei primi anni Settanta esisteva soltanto il vecchio porto. La nuova marina fu realizzata negli anni 1975/76. Sulla grande banchina, assieme a tutti i panfili c’era ormeggiata l’Arboat, una specie di locale del divertimento galleggiante. Si ascoltava buona musica, si ballava, specialmente all’ora dell’aperitivo, e c’era anche una boutique. Ma, soprattutto, c’erano bellissime ragazze. Una di queste era Isabella che sposò, qualche anno dopo, l’agente immobiliare Titti, proprietario dei locali bar/boutique alla Maison du Port. Il Caffe du Port, fin da allora, era gestito da Franco Ermini, mentre la boutique attigua era il regno di Isabella.
Parte della Maison du Port era abitata da Milena Maffei e dalla famiglia Amati; l’altra parte degli spazi era allora utilizzata dallo Yacht Club Costa Smeralda; dopo il completamento della nuova marina, venne trasferito nell’attuale sede.
Questi locali, per qualche anno, ospitarono il mio ufficio di amministrazione d’immobili e l’ufficio affitti dell’agenzia immobiliare Costa Smeralda; successivamente divennero la dimora dall’architetto Griffis che li abitò insieme alla moglie. Isabella, ormai scomparsa da qualche anno, era una donna piuttosto esuberante: un giorno m’incontrò vicino al porto e, davanti a tutti e senza alcuna ragione, iniziò a provocarmi con ingiurie e parole irripetibili. Ascoltai per un attimo senza parlare, poi girai le spalle e andai via senza cedere alle provocazioni. Ci volle un anno perché Isabella venisse nel mio ufficio per chiedermi scusa, dicendo che neppure lei si riusciva a spiegare le cause dell’accaduto.
La famiglia Amati possedeva anche una grande villa a Porto Cervo Nord, successivamente venduta allo Yacht Club. Anna Pancani, ex attrice, era la moglie dell’industriale cinematografico Giovanni Amati, proprietario di quasi tutti i cinema di Roma; morì investito da un’auto sulle strisce pedonali nella capitale.
Qualche anno prima, nel 1978, Giovanna, una delle figlie, donna simpatica e affascinante, fu sequestrata da una banda di marsigliesi. Dopo la sua liberazione, la stampa pubblicò la notizia della love story fra lei e uno dei sequestratori, manifestatasi per effetto della sindrome di Stoccolma. Giovanna divenne in seguito pilota professionista e fu l’ultima donna a partecipare a un campionato di Formula 1. La mamma, Anna Amati, era una donna particolare che amava la vita mondana e spesso invitava tutti nella sua villa per una grigliata.
Della Maison du Port, un locale al piano terra era occupato da Pier Giorgio Balzano, nipote dell’ammiraglio Balzano di La Maddalena, gestiva le manutenzioni degli impianti elettrici, e per tutti noi tecnici era un punto di riferimento fondamentale. Successivamente anche questo immobile, assieme ad altri numerosi, fu acquistato dal notaio Mariolino Campus, amico di Tempio Pausania che, purtroppo, morì prematuramente.
L’impresa Avec del geom. Varrucciu di Olbia, edificava per conto dell’Etablissement Porto Cervo, i primi due corpi delle Case del Porto, immediatamente venduti sulla carta. Ricordo che il primo acquirente fu il regista Gian Luigi Polidoro, famoso per aver portato sugli schermi il “Satyricon” di Petronio Arbitro prima di Fellini.
In seguito al successo ottenuto nella vendita di questi immobili, fu avviata la costruzione della seconda fase delle Case del Porto. Il progetto era dell’Interplan, guidata dagli architetti Bonicatti e Griffis.
All’architetto Bonicatti, persona gentilissima e mio buon amico, furono affidate, dal gruppo Costa Smeralda, la progettazione del Golf Club e delle Case del golf e, ad una società di Bergamo che faceva capo agli industriali di abbigliamento Pozzi e Mastinu, quella delle Terrazze del Porto.
L’appalto delle Case del Porto fu affidato all’impresa Grassetto che già aveva costruito a regola d’arte e con buon successo il Villaggio Porto Cervo prima fase, gli hotel, Sa Conca ecc. Più tardi si iniziò a seguire l’opportunità politica nella scelta delle imprese: per costruire Cala Romantica e il Sestante, i lavori furono affidati alle cooperative rosse di Alghero, con risultati non particolarmente soddisfacenti sulla qualità del lavoro. Ancor oggi ne stiamo pagando le conseguenze… Purtroppo, o meglio per fortuna, eravamo abituati all’eccellenza del lavoro a regola d’arte dell’impresa Grassetto.
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XII
NUOVI AMICI
Uno dei primi clienti delle Case del Porto fu il commendator Riccadonna, proprietario della nota casa vinicola di Canelli: era un omone che pesava più di cento chili. Aveva acquistato la casa sulla carta e, quando gli feci vedere l’appartamento sul porto, esclamò: signor Costi è sicuro che l’immobile che ho comprato sia questo? Alla mia risposta affermativa disse: “io in questo loculo non metterò mai piede”. Subito dopo m’inviò una cassetta di spumanti e regalò l’appartamento alla figlia, Lalla Clerici Riccadonna, che ne usufruì per tante stagioni.
Il signor Hugo Oest, petroliere tedesco di Freudenstadt, nel cuore della Foresta Nera, conobbe la Sardegna grazie a Peter Sneck, agente immobiliare del gruppo. S’innamorò subito e immediatamente acquistò sulla carta tre appartamenti con una fantastica vista sul porto. Il gruppo Oest, petroliere e produttore di macchine da costruzione, faceva parte del gruppo Avia Petrol, uno dei maggiori produttori di lubrificanti. Hugo frequentava la Costa nei mesi di giugno e settembre. Divenni suo fiduciario e amico e, per tanto tempo, curai i suoi interessi in Sardegna. Spesso ci si frequentava, amava la nostra cucina, soprattutto quella di mia moglie Giovanna, e adorava i nostri vini: quando era il momento di partire caricava l’auto di vini sardi. Sua moglie, nota scrittrice e giornalista, non frequentava la Sardegna per il troppo caldo e raramente vi soggiornava. Mia moglie e io fummo sorpresi per la semplicità, la modestia e l’amicizia con le quali ci accolsero in Germania nella loro casa. Hugo Oest morì nel 1987. Qualche anno dopo mi recai nel piccolo cimitero di Freudenstadt e resi omaggio alla sua semplice tomba nella nuda terra. Su richiesta della moglie, acquistai l’appartamento più bello, dove era solito soggiornare. Diversi anni più tardi, dopo le insistenze continue di un amico di Roma, contro il parere di mia moglie, ho venduto l’immobile. Sono pentito ancora oggi, specialmente ora, dopo la deludente sorte della mia amicizia con lui. L’unico bel ricordo che mi rimane è la conoscenza, suo tramite, di Michele Gerace e Mario Baccini, al quale sono legato da una sincera amicizia.
Tra gli acquirenti delle case del porto ricordo Frederick Gangemi, noto medico italoamericano del New Jersey, di origini calabresi. Era un galantuomo con la barbetta bianca. Separato dalla moglie, si accompagnava allora con una donna bionda, isterica e antipatica. Alcuni giorni prima della sua morte, mi telefonò da una clinica degli Stati Uniti per salutarmi, consapevole dei suoi ultimi giorni di vita. Mi comunicò che presto avrei conosciuto i suoi figli che avrebbero ereditato l’immobile.
Ma il ricordo più bello tra i proprietari nelle Case del Porto è quello di Luigi e Peppino Agrati, brianzoli: i re dei bulloni.
Luigi è stato il motore della grande azienda, gran lavoratore e oggi proprietario di quattro industrie francesi, a Parigi e in Savoia.
Peppino, personaggio romantico, amante dei viaggi e dell’arte, profondo conoscitore dell’arte moderna, ha coltivato amicizie con i migliori artisti. Punti di riferimento di questo suo mondo erano la sua galleria a Milano, vicino a San Babila, e la sua fantastica villa a Veduggio. Peppino s’innamorava immediatamente delle opere che collezionava, la sua villa era di per se una galleria d’arte. Dipinti e sculture in tutti gli ambienti, di Arnaldo Pomodoro, di Cesar, di Christo, di Arman, di Melotti e tanti altri campeggiavano nel grande parco. Nella villa si inseguivano dipinti e opere di Fontana, Pistoletto, Boetti, Jim Dine ecc. Spesso, Giovanna e io siamo stati ospiti degli Agrati e passavamo il tempo ad ammirare sempre nuove opere appassionandoci man mano all’arte moderna. Ogni artista era amico personale di Peppino. Frequentava, negli anni Settanta, Arnaldo Pomodoro che spesso invitava a Porto Cervo. Tutti insieme si andava a cena quasi sempre al Sant’Andrews, locale preferito dagli Agrati, che allora era nel grill dell’hotel Cervo, vicino alla scatoletta per il Sottopiazza. Peppino un giorno mi chiese di invitare l’architetto Helena Suarez la quale, per ricambiare, ci radunò un giorno tutti nella sua residenza, una villa sul Piccolo Pevero (dove oggi c’è il Pepero Club). Alle 21 esatte con mia moglie, Peppino e Arnaldo Pomodoro arrivammo in casa Suarez, e immediatamente constatammo che c’era tanta gente ma nessun tavolo apparecchiato, nessuna visione o profumo di cibo e assoluto silenzio nella cucina. L’appetito incalzava e Peppino e il maestro Pomodoro mi chiesero di andare al ristorante. Riuscii a convincerli a restare e, dopo un po’ la signora Suarez, con il sigaro in bocca e con la sua stridula voce annunciò che avrebbe iniziato a cucinare. Andò in cucina, indossò un grembiulone, aprì una decina di scatole di fagioli neri cubani, affettò diverse cipolle e buttò tutto in una grande pentola. Dopo vari assaggi ci mise tutti in fila con un piatto di alluminio in mano e, come in un rancio militare, ci servì lo stufato di fagioli che, anche per il grande appetito, ci parve eccezionale. Si proseguì in allegria fino a tarda sera. Incontrammo Pomodoro qualche anno dopo a Parigi all’inaugurazione di una grande mostra al museo d’arte moderna e, nell’occasione, il maestro ricordò questa e altre divertenti serate a Porto Cervo.
Luigi e Peppino Agrati si rivolgevano a me per qualsiasi problema delle loro proprietà in Sardegna che io, volentieri, risolvevo in assoluta amicizia, senza aver mai voluto ricevere alcun compenso. Peppino, forse per sdebitarsi, mi regalava di tanto in tanto qualche opera della sua collezione, per me pregiate non soltanto per il loro valore, ma per il prezioso ricordo che portano con sé.
Qualche anno dopo, Peppino fu sequestrato a Milano e liberato grazie a un ingente riscatto: quella tragica esperienza cambiò completamente il suo carattere, diventò ansioso e corrucciato. La lunga prigionia lo aveva provato inesorabilmente. Non parlava più del progetto della bella villa che assieme stavamo programmando in un terreno sulla panoramica con vista del Cala di Volpe. Dopo qualche anno, nel 1990, purtroppo si ammalò di un male senza speranza. Il fratello Luigi, aiutato dalla moglie Mariuccia, ha raccolto tutte le opere della collezione, istituito una fondazione e pubblicato un prezioso volume curato da Germano Celanti dal titolo “Un folle Amore”.
La collezione vanta opere dei più famosi artisti del mondo: Liechetenstein, Fontana, Pomodoro, Boetti, Pistoletto, Balla, Christo, Boccioni e tanti altri. La raccolta dei maestri del New Dada è stata recentemente donata alla banca Intesa San Paolo. Pare che il banchiere Giovanni Bazoli con Intesa San Paolo apriranno un grande museo di arte del XX secolo in un antico palazzo di Milano, grazie alla prestigiosa e ricchissima raccolta della collezione Agrati che conta oltre 500 opere.
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INDICE
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XIII
UNA SIMPATICA COPPIA
Alle Case del Porto arrivò all’improvviso una coppia di nuovi ospiti che avevano acquistato un appartamento immediatamente dopo averlo visto. Rimasi colpito dal fascino della giovane e bella ragazza che si accompagnava a un maturo signore. Erano Adriana Bonini e Franco Orecchia un famoso arredatore di Roma. I due mi confidarono che stavano assieme da poco tempo e che, dopo il soggiorno a Porto Cervo, avrebbero fatto una lunga crociera attorno al mondo. Dopo qualche anno acquistarono una bella villa e avviarono un’attività, con grandi negozi di arredamenti lungo la passeggiata di Porto Cervo “Design 2000“. Fummo tra i primi clienti: stavamo infatti arredando la nuova casa che avevamo appena costruito. Erano gli anni del boom economico, con moltissime nuove costruzioni, e i loro affari andarono a gonfie vele. Franco e Adriana si sposarono negli anni ottanta a Porto Cervo con un bellissimo ricevimento nella loro villa. Dopo la morte di Franco, la villa fu venduta a dei nostri amici, imprenditori romani, Vittorio e Serena e il negozio fu chiuso, ma Adriana continua a frequentare la Costa.
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XIV
NUOVI AMICI QUALCOSA CAMBIA
Fu solo nel 74 che arrivarono in Costa i primi clienti romani. L’architetto Michele Busiri Vici, con il figlio Gian Carlo, fondò due cooperative con un gruppo d’illustri amici e conoscenti di Roma. Progettarono e realizzarono due complessi di venti appartamenti ciascuno: S’abbailde (che, in sardo, significa l’acquaverde), Sas pedras (le pietre), sotto la Chiesa di Stella Maris, e l’hotel Luci di la muntagna. I complessi confinavano con il mare della baia di Porto Cervo. Alcuni anni dopo, fu realizzato il nuovo porto e la marina di Porto Cervo, con i pontili prospicienti i due complessi. Era il 1981 quando morì l’architetto Michele Busiri Vici, annoverato tra i più grandi urbanisti a livello europeo. Fra le sue grandi opere, il padiglione italiano dell’Esposizione Universale del 1939, numerose ville e complessi caratterizzati dal suo inconfondibile stile mediterraneo, perfetto punto d’incontro fra le forme morbide a calce e preziosi elementi di decoro: i suoi archi a sesto acuto e i suoi comignoli.
Busiri Vici fu incaricato dal Principe Aga Khan negli anni Sessanta, assieme agli arch. Couelle, Vietti e Simon Mossa per lo studio e la realizzazione della Costa Smeralda. Dell’architetto Busiri Vici si possono ammirare ora, oltre alla Chiesa Stella Maris, Sa Conca, l’hotel Romazzino, e numerose ville. Presidente di queste cooperative era l’avvocato Coccia, allora dirigente della Federazione Italiana di pallacanestro. Io fui incaricato di seguire l’assegnazione degli immobili e di avviare i condomini. La costruzione era seguita dal geometra Gianni Scugugia assistente dello studio Busiri Vici.
Ricordo, tra i soci romani, la signora Cordero di Montezemolo, il regista cinematografico Paradisi, gli stessi Busiri Vici, i Luzzi, i Di Girolamo, i Sannia, i Ribichini, i Gironi, i Giacomini, i Piccioli.
Un episodio che mi colpi particolarmente alla fine degli anni Settanta, fu durante una riunione al Grand Hotel di Roma. Si presentò un socio della cooperativa, che aveva appena acquistato un appartamento. Aveva un aspetto semplice e dimesso, e venne accolto da diversi partecipanti all’assemblea con dei fischi e versi di belati; rimasi malissimo e, forse, arrossii. Più tardi seppi che si trattava di un ex campagnolo arricchitosi costruendo palazzine a Roma. Il “campagnolo” aveva poi acquistato una villa a Porto Cervo con circa 20 camere. Questo fu il primo chiaro segnale che in Costa qualcosa stava cambiando.
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XV
IL BEL MONDO SCEGLIE LA COSTA
Mi interessavo in quegli anni, dal ’71 al ’75, dei rapporti con i proprietari delle ville, sia costruite sia in costruzione, nei comparti di Romazzino, Piccolo Romazzino, e Petra Manna. Si edificava in quel periodo la bellissima villa di De Benedetti, allora Presidente della Fiat, sul promontorio di Romazzino nord. L’Ingegnere spesso veniva nei nostri uffici, il suo potere e la sua autorità incutevano timore. Eravamo abituati a una clientela affabile e gentile che sapeva farci sentire a nostro agio. Numerosi erano i nomi dell’industria e dell’aristocrazia internazionale che compravano quasi sempre con le loro società.
Dixi Lee, miliardaria americana con villa attigua a quella della Duchessa di Kent, era una donna brillante, molto particolare, che amava molto la mondanità e organizzava spesso magnifiche feste alle quali partecipava tutto il jet set internazionale. Era una donna esigente e precisa, con una sua peculiarità: durante l’inverno scriveva agli amici lunghe lettere alle quali allegava sempre un dollaro per l’acquisto del francobollo. Un modo come un altro per “suggerire” l’immediata risposta. Dopo tanti anni, riordinando l’archivio, ho ritrovato una sua lettera con spillato il dollaro.
Spesso, noi impiegati dell’Agenzia ci ritrovavamo con le maestranze delle imprese di costruzione, architetti, ingegneri e geometri ai vari “pranzi di copertura”. Era una simpatica consuetudine che univa e motivava il gruppo: non appena fosse edificata la parte più alta del tetto, il proprietario doveva offrire un pranzo in cantiere, a base di agnelli e maialetti arrostiti direttamente sul posto, con vino a volontà e dolci sardi. In quel periodo, vista la frenesia immobiliare, ogni quindici/venti giorni si organizzava un pranzo nelle diverse località: da Romazzino a Petra Manna, dal Pevero a Porto Cervo o a Liscia di Vacca… Non è mai mancato don Raimondo Fresi, allora parroco di Stella Maris. Anche io, nei primi anni Ottanta organizzai il pranzo per la copertura della mia casa a Porto Cervo, per diverso tempo sede del mio studio. Spesso rispolvero le fotografie di quel giorno, le guardo con nostalgia e sorrido rivedendo tutti.
Ricordo con tristezza, invece, il pranzo di copertura della villa del Conte Umberto Allioni di Brondello, antica famiglia piemontese. Il Conte stava costruendo una grande villa a Piccolo Romazzino, insieme alla nostra agenzia con l’impresa Varrucciu di Olbia. Lui festeggiò con tutti noi: fece un lungo e appassionato discorso da cui appariva chiaro il suo amore per la Sardegna. Era felice come un bambino all’idea di completare i lavori entro la stagione, per trascorrere l’estate nella sua nuova casa. Ma l’epilogo fu tragico: al rientro in Piemonte, il 30 marzo del 1973, il suo aereo privato ebbe un incidente e non vi furono superstiti.
A completamento della prima lottizzazione della Celvia, si avviava quella di Petra Manna. Tutti i progetti erano di Savin Couelle, che si avvaleva, in quei tempi, della preziosa collaborazione del geometra Addis e, dopo un decennio, degli architetti Gerard Betoux e Jean Claude Le Suisse, apprezzati autori di numerosi progetti in Costa. Il dottor Adelfo Fichera, di Milano, aveva acquisito la proprietà dell’intera lottizzazione Petra Manna, circa trenta lotti attigui all’incantevole Spiaggia dei Gigli. L’architetto Couelle in uno di questi lotti realizzò la sua abitazione-studio, vi abitò per tanti anni prima di traferirsi alla Dolce Sposa.
Gli acquirenti dei lotti e delle ville erano quasi tutti inglesi e tedeschi; gli italiani erano pochi. Fui incaricato di organizzare il regolamento di comunione e le relative tabelle millesimali di riparto per poter gestire le spese. Fu una bella, indimenticabile esperienza, quella vissuta lavorando a strettissimo contatto con l’architetto Couelle e con il dottor Fichera, vero e proprio galantuomo, esigente e preciso. Le ville vennero quasi tutte realizzate in pietra: le geniali forme di Couelle, confuse tra la macchia mediterranea e le rocce granitiche, erano piccoli capolavori: si nascondevano, amalgamandosi, nel prezioso lavoro che madre natura millenni prima aveva progettato per la Sardegna. Credo che La Celvia e Petra Manna restino, nella loro bellezza, esempi ineguagliabili.
Ricordo un altro galantuomo milanese, Renato Picollo, noto dentista con un importante studio in Via Manzoni. Aveva una gran passione per la caccia e possedeva numerose tenute con riserve di caccia in Italia e all’estero. Quando arrivava in Sardegna, dall’aeroporto veniva direttamente a casa nostra con un grande fagiano cacciato nelle sue riserve. Aveva una villa al Golf Pevero con bellissimi affreschi di Aligi Sassu. La villa venne progettata dall’architetto Vannucini di Milano, lo stesso che progettò la mia casa di Porto Cervo. (Le varianti e l’ampliamento della mia casa vennero poi curate dall’architetto Luigi Stazza di Tempio che in quegli anni progettava l’hotel Pedra Bianca a Cala di Volpe).
Il dottor Picollo amava la Costa e investire negli immobili. Per molti anni, mi incaricò di scegliere a mio piacimento un appartamento che immediatamente acquistava. Ci capivamo al volo e si fidava delle mie scelte: dopo cinque/sei anni, possedeva altrettanti immobili nei vari complessi da Sa Conca, alla Residenza del Porto, dalle Case del porto al villaggio di Porto Cervo.
Adorava stare in Costa e, appena poteva, si fermava per un aperitivo al bar Sole dal Baffo.
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XVI
UN GRANDE ARTISTA A PORTO CERVO
Sa Conca, uno dei primi condomini realizzati, è forse quello al quale sono più affezionato. È un continuo via vai di turisti che si soffermano per fotografare il panorama stupendo del porto, incorniciato dai portici e dalle straordinarie forme pensate dall’architetto Busiri Vici: gli alti camini bianchi all’osservatore appaiono come fantasmi a guardia della collina. Ho un particolare affetto per Sa Conca perché qui ho conosciuto Gian Paolo Spano, il portiere. Gian Paolo era una persona gentilissima, semplice, onesta, sempre disponibile, per me nutriva una sorta di venerazione. Dal primo momento si stabili una forte intesa. Apprezzò la mia decisione di eliminare la divisa di portiere; durante l’estate era infatti una vera e propria tortura. Amava definirsi, naturalmente per scherzo, il capo di tutti i custodi, essendo il primo assunto in Costa. Io però lo pensavo davvero: dal lato umano era il migliore. Faceva coppia fissa con il suo amico del cuore, Pintuseddu, chiamato così perché di piccola statura, un trasportatore che lo aiutava ogni volta fosse necessario. Era un periodo d’intenso lavoro ma spensierato: burle e scherzi erano all’ordine del giorno e, spesso, anche Gian Paolo ne era vittima.
Un giorno arrivò spaventatissimo nei nostri uffici perché mentre era a pesca con la sua barchetta, venne fermato dalla Capitaneria di porto che gli fece un verbale. Terrorizzato, supplicò mio cognato Tino di aiutarlo; Tino, appena andato in pensione dalla Capitaneria di porto di Olbia, in quel periodo mi aiutava nel lavoro. Mio cognato gli disse di stare tranquillo poiché lui in persona si sarebbe interessato per capire quale fosse il problema. Il primo aprile, al povero Gian Paolo fu recapitata una raccomandata con intestazione della Capitaneria di porto: aprì spaventato la busta gialla e trovò un’ingiunzione immediata di pagamento di 3.500.000 di lire per pesca abusiva in luogo vietato. Sbiancò, si appoggio a una sedia e capimmo di averla fatta grossa quando vedemmo che stava per svenire. Impiegammo circa mezz’ora per convincerlo che si trattava di uno scherzo, facendogli anche notare la data del giorno, il primo aprile. Non fu facile.
Un anno, una troupe cinematografica girava in una villa a Porto Cervo Nord, Villa Lips, successivamente acquistata da Berlusconi. La segretaria del produttore mi chiese di procurare un piccolo camion per il trasporto di merce e, naturalmente, inviai Pintuseddu con Gian Paolo che eseguirono il lavoro. L’indomani mi chiamarono assieme ad altri colleghi per uno spuntino di pesce innaffiato da champagne. Avevano fatto credere di aver dimenticato due casse di Moët et Chandon nel camioncino durante il trasporto delle merci della troupe e quindi ci offrirono un lauto pranzo con le preziose bollicine. Aprimmo la prima bottiglia e con grande stupore trovammo soltanto acqua sporca; capimmo che i due si erano “vendicati”. Ci avevano reso pan per focaccia.
Quando andò in pensione, negli anni Novanta, organizzammo in suo onore uno spuntino. Comprammo due orologi: uno di marca, meritato omaggio di addio al lavoro, e una patacca, maldestra imitazione senza alcun valore. Alla fine del pranzo, dopo gli auguri e gli abbracci, arrivò il momento della formale consegna del dono. Ovviamente gli regalammo l’orologio falso che lui ammirò con emozione e commozione ringraziando tutti. L’orologio passò di mano in mano tra i commensali; quando arrivò il mio turno, presi l’orologio e con tutte le mie forze lo lanciai contro il muro. L’orologio si fece in mille pezzi e Gian Paolo ne rimase sconvolto: per poco non scoppiò in pianto per il dispiacere. Subito dopo gli consegnammo il vero orologio: era felice come un bambino.
Purtroppo Gian Paolo, dopo poco più di un anno dalla pensione, morì d’infarto nella casa di Olbia che, con tanta fatica, aveva costruito e realizzato con la sua bella famiglia.
Allora, a Sa Conca c’era la società alberghiera Sa Conca, proprietaria dei locali del ristorante Petronilla, gestito dal signor Scardovi. La società faceva capo al signor Kassan, proprietario dell’hotel Luci di la muntagna, amico del Principe e nonno di Farouk, il bimbo sequestrato negli anni Ottanta nella villa della Pantogia. Al Petronilla si mangiava vera cucina Toscana: le migliori bistecche alla fiorentina della costa. Tra i negozi del portico c’era lo studio fotografico di Nello di Salvo di Olbia, “Nello e tribù” vero e proprio archivio fotografico delle origini della Costa Smeralda. In seguito, anche Andrea Nissardi diventò fotografo della “Costa”. C’era anche l’atelier di Lucio Parise, eccentrico artista: aveva una notevole raccolta di opere d’arte del momento. Parise scomparve misteriosamente e il locale restò vuoto per tanti anni. Non si sono più avute sue notizie: un suo dipinto, nella mia casa di Olbia, me lo fa ricordare costantemente.
Sempre a Sa Conca, vi era il parrucchiere Talia, di Roma, i servizi medici, l’ufficio del personale diretto dal dott. Bertorino, con la collaborazione esterna di Salvatore Brigaglia, gli uffici della S.T.E.G.S. (servizi tecnici) diretti dal geometra Balducci e i collaboratori signor Roggero, gemetra Tonin e il geometra Valdarchi. Negli anni successivi questi uffici vennero trasferiti ad Abbiadori, dirigenti dott. Rais e l’ingegner Fogliano. Qualche anno dopo, il portico di Sa Conca si arricchi: di una gioielleria, il Cervo D’oro della signora Angius, del negozio di fiori Air flower’s, il più attrezzato di Porto Cervo e della famosissima pasticceria Sa Conca dei fratelli Carbone, già da qualche anno trasferitisi ad Abbiadori.
Gli appartamenti erano per lo più in vendita e, a quei tempi, alcuni erano abitati da due collaboratori francesi del Principe e dell’avvocato Ardoin. II Signor Felix Bigio, meticoloso amministratore del gruppo, frequentemente arrivava da Parigi per firmare gli atti di compravendita. In questi atti, ai quali io presenziavo, il signor Bigio trovava mille ostacoli, specie di natura finanziaria, e spesso contro il volere del notaio Altea e del suo collaboratore Vito e, naturalmente, degli acquirenti. Gli atti erano regolarmente rinviati, con conseguenze di spese di viaggio e di tempo. Era conosciuta a tutti la precisione maniacale di Bigio, ma soprattutto era nota la sua eccessiva oculatezza.
L’altro immobile era abitato saltuariamente da Roger Rohan che si occupava della scuderia del Principe a Parigi e poi si trasferì definitivamente in Sardegna. Acquistarono i primi immobili il professor Cannas di Tempio, i signori Pozzi e Baiocchi, produttori di occhiali, Edward Seago famoso pittore inglese.
Edward Seago era un importante pittore inglese del Novecento. Ha contribuito a far conoscere i nostri incantevoli paesaggi in tutta Europa e nel mondo. Accreditato presso la Casa Reale e presso S.A. Aga Khan, ha prodotto opere, oggi molto quotate, che si trovano in numerosi musei. La maggior parte è esposta in due sale del museo del Buckingham Palace, poiché Seago aveva un’ottima relazione con la famiglia reale inglese: accompagnò infatti, negli anni 50, il duca di Edimburgo in un viaggio intorno al mondo sul battello Britannia. Aveva casa/studio a Sa Conca, in due appartamenti su due livelli con terrazzo e incantevole vista sul porto. Abitava con il suo amico inseparabile Peter, e trascorreva intere giornate sulla terrazza con tavolozza e pennello, all’instancabile ricerca di suggestioni e perfezione. Durante i lavori di collegamento dei due immobili con una scala interna, progettata da Savin Couelle, ho approfondito la conoscenza con il grande pittore. Non di rado mi soffermavo a parlare con lui e, nell’osservarlo, ero affascinato dalla sua arte, dalle sue pennellate piene di vitalità e sentimento, dai suoi colori pastello che trasmettevano calore e serenità. Un giorno, poco prima della sua malattia che lo portò in breve tempo alla morte, mi chiamò e, con mio grande stupore, mi disse: desidero regalarle una mia opera per ringraziarla della sua gentilezza e professionalità.
Mi fece scegliere tra tre sue opere che rappresentavano: l’incendio sulla collina del Pevero, al cui spegnimento avevo partecipato personalmente; la Chiesa Stella Maris e il Cala di Volpe. Scelsi il Cala di Volpe, lo custodisco gelosamente con la dedica insieme a quattro cartoline raffiguranti suoi quadri che mi inviava per gli auguri di Natale.
Il professor Cannas, uomo intelligente e molto colto, amava la costa più di se stesso, e fu uno dei primi sardi ad acquistare a Porto Cervo. Autentico gallurese di Tempio Pausania, insegnante, amante della storia del nostro popolo, riusciva sempre a trovare occasioni per raccontare le vecchie storie dei Monti di Mola e interessanti aneddoti con dovizia di particolari. Il suo garbo e la sua gentilezza di signorotto tempiese erano piacevoli e meritavano rispetto e attenzione. Si creò tra noi una vera amicizia, nonostante la differenza di età. Spesso lo incontravo con mia moglie a Porto Cervo, Olbia, e Tempio. Amava portarci a spasso per la Gallura assieme ai Conti De Sainte Opportune, amici comuni, e farci scoprire luoghi che non conoscevamo, attraverso bellezza naturalistica e storia. Il professore amava davvero Porto Cervo e tutta la Costa: ha sempre elogiato l’operato del Principe e i suoi investimenti realizzati con cura, armonia e grande rispetto per l’ambiente. Non perdeva occasione per difendere questa iniziativa; la pubblicizzava e la faceva conoscere a tanti amici e conoscenti. Era un vero e proprio ambasciatore della Costa e faceva apparire i luoghi ancor più meravigliosi grazie al eloquio poetico. Molti hanno comprato casa e ancora oggi trascorrono le loro vacanze.
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INDICE
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XVII
UN INVESTIMENTO PER LA VITA
Ho sempre creduto nell’investimento immobiliare in Costa. Ho sempre detto a chiunque che l’acquisto di un immobile equivalesse al deposito di un assegno circolare in cassaforte. Effettivamente non sbagliavo, almeno fino a oggi. Io stesso dopo aver venduto case e terreni di proprietà di famiglia a Ozieri, mio paese natale, comprai un appartamentino a Sas Pedras e un altro a Cala Granu, complessi ancora in costruzione. Mio fratello Efisio, invece, preferì Porto Rotondo.
Due soci belgi, da noi chiamati “il gatto e la volpe”, dopo aver fatto rientrare il loro capitali dal Congo, avevano acquistato i terreni attigui alla spiaggia di Cala Granu e, su progetto dell’architetto Vietti, ben presto iniziarono a edificare il complesso Cala Granu. Il luogo era meraviglioso perciò spesso con Giovanna e i bambini andavamo alla spiaggia di Cala Granu, allora deserta anche in agosto. Convinsi il mio amico Stefano Arru ad acquistare l’appartamento a fianco al nostro; poco dopo comperò dai belgi il terreno attiguo al mare per costruire il complesso Sea Smeralda.
A Cala Granu trascorreva le vacanze il ministro Sarti, molto amico di Paolo Riccardi. Un anno, in agosto, con mia meraviglia partecipò a un’assemblea del condominio. Non disse una parola e ascoltò con attenzione ogni discussione. Alla fine, mi prese sottobraccio e mi disse: “Caro Costi, i miei complimenti! La vorrei con me in Parlamento…”
Ero riuscito, dopo diversi tentativi, a dirimere un noioso dissidio con buona pace di tutti. La signora Chicca Sarti mi scrisse un giorno una strana lettera con la quale mi pregava di programmare con urgenza una disinfestazione contro i pipistrelli che talvolta si aggiravano negli androni. Una sera, a cena a casa di amici, faticai non poco per convincerla che il pipistrello è un animale protetto, non dannoso, anzi necessario perché ghiotto di insetti e soprattutto di zanzare.
Abitavano a Cala Granu Bruno e Rita Magli, molto simpatici e gioviali, titolari del famoso calzaturificio Magli. Successivamente acquistarono la prestigiosa villa che fu di Dolores Guinnes, opera degli architetti Michele e Giancarlo Busirivici, con vista sulla baia di Cala di Volpe.
Il dottor Fabiani, dirigente del gruppo, mi chiamò per un colloquio e con mio grande stupore mi disse: “Geometra Costi, siamo venuti a sapere che lei ha acquistato degli immobili in Costa: ritengo che sia stata una imprudenza”. Risposi che non avevo nulla da nascondere e che forse avrei fatto qualche ulteriore acquisto; quando sono arrivato a Porto Cervo, infatti, avevo già una certa solidità derivante dalla mia esperienza e dalla mia famiglia.
Qualche anno dopo decisi di lasciare l’Agenzia e mi misi in proprio.
Avevo capito che il mio lavoro poteva generare conflitti di interesse: infatti spesso dovevo difendere gli interessi dei miei amministrati che contrastavano con quelli del mio datore di lavoro. Andai via, conservando ottimi rapporti con il “gruppo” che continuava ad appoggiarsi a me per diversi tipi di consulenza. Una circostanza mi resta ancora incomprensibile: ero intenzionato ad acquistare un immobile nella nuova fase del Villaggio Porto Cervo in costruzione per destinarla al mio studio, il dottor Fabiani rifiutò la compravendita. Avrei naturalmente potuto acquistare l’immobile attraverso altro nome o con un’altra società, ma non lo feci. Lo presi in locazione e, più tardi, acquistai un lotto di terreno in via del Galeone dove vi costruii negli anni ottanta casa e studio. Il dottor Fabiani andò via dalla Costa; lo incontrai casualmente nella piazza centrale di Friburg in Svizzera, lavorava per una società di De Benedetti.
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XVIII
LA POLITICA ARRIVA IN COSTA
Il mio lavoro aumentava di giorno in giorno, si stavano edificando nuovi complessi e dovevo far fronte, con l’aiuto di una sola segretaria, a un’infintà di contatti, richieste ed esigenze della clientela. Preparavo tutta la documentazione condominiale necessaria per i rogiti e dovevo dotare i complessi edificati negli anni Sessanta di regolamento e tabelle millesimali necessari per costituire legalmente i condomini. Stavo predisponendo la documentazione delle ville Cerbiatte e personalmente effettuavo tutte quelle verifiche e sopralluoghi con tatto e riservatezza. In queste ville risiedevano, spesso anche fuori stagione, il Principe Aga Khan, la Principessa Spada Potenziani, Giorgio Falk, i Galtrucco, i Merloni e i più bei nomi internazionali.
Allora si lavorava con il ciclostile, il telex, la divisumma per i calcoli, la macchina per scrivere meccanica Olivetti. È incredibile come tutto sia cambiato velocemente: se ripenso alle macchine che utilizzavamo, oggi sono oggetti da museo…
L’avvocato Riccardi allora era il Presidente di quasi tutte le società del gruppo. Era un personaggio ben voluto da tutti, amava ridere e scherzare con i direttori, gli impiegati e gli operai. Era di Sassari e aveva una rara attitudine nel capire e farsi capire dai sardi, non sempre dotati di carattere facile: la sua capacità di creare rapporti di simpatia con gli altri è stato il segreto del suo successo. Fu il braccio destro del Principe e colonna portante dello sviluppo della Costa. Amava i cavalli e aveva una delle più importanti scuderie della Sardegna “de Lechereo”. Ci incontravamo spesso alle corse al galoppo di Chilivani poiché anche io ero appassionato di cavalli: la mia famiglia ha sempre avuto un particolare trasporto per i cavalli. Mio padre è stato uno dei fondatori e dirigenti dell’ippodromo di Chilivani, fondato nel 1921 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III.
Ricordo piacevolmente la trasferta a Cagliari credo nel 1973 organizzata per incontrare i politici regionali ed esporre il primo programma d’investimenti della Costa Smeralda. L’avvocato Riccardi volle che tutti noi tecnici lo accompagnassimo e lo sostenessimo in quella difficile circostanza. È stato un abile tessitore, come l’ha definito Don Raimondo Satta nella omelia ai suoi funerali nel 2012, perché spesso riusciva a convincere con grande abilità i politici.
Aveva senso dell’umorismo e una sorta di schietta e furbesca capacità di adattarsi alle situazioni. Un giorno, l’avvocato Riccardi disse a un onorevole comunista di essere iscritto al partito ed esibi immediatamente la tessera.
Ho sempre immaginato che nel suo portafoglio le tessere fossero tante.
Quella trasferta non fu importante per i risultati ottenuti ma fu una divertente esperienza personale per i numerosi scherzi che Paolo Riccardi e il dottor Nicol Bertorino, allora direttore del personale, fecero a tutti noi. Una notte fummo svegliati con una telefonata nelle nostre rispettive camere in albergo alle tre di notte. Il dottor Bertorino, appassionato di buoni vini sardi, ci fece svegliare di soprassalto dal portiere e ci chiese di recarci immediatamente nella hall dell’hotel Mediterraneo per una riunione urgente. Assonnati ci vestimmo di tutto punto e arrivammo al piano terra. Era uno scherzo: sul bancone del bar erano allineati diversi bicchieri colmi di tequila. Brindammo e ritornammo immediatamente in camera, stanchi ma divertiti.
Mi rivolsi al mio direttore Bruce Mac Eacharn e al Presidente Paolo Riccardi per richiedere l’assunzione di un assistente in considerazione della gran mole di lavoro.
Dopo circa quindici giorni dalla mia richiesta arrivò il benestare per l’assunzione di un collaboratore: non mi parve vero e, immediatamente, misi un’inserzione sul giornale e iniziai i colloqui con gli aspiranti assistenti. Dopo aver selezionato diversi tecnici, la mia scelta cadde su un giovane geometra di Olbia. Avevo già pronta la lettera con la quale comunicavo l’assunzione quando, improvvisamente mi recapitarono due telex dell’avvocato Riccardi e dell’avvocato Ardoin che mi pregavano di sospendere l’assunzione in atto e chiedevano di privilegiare dei tecnici di Arzachena. Non proprio convinto, me ne dovetti fare una ragione e, dopo un breve colloquio, assunsi un giovane geometra sveglio e simpatico che militava nel partito comunista ed era consigliere comunale.
Mi resi conto che arrivava spesso in ritardo in ufficio, perché impegnato in consiglio comunale o in altre riunioni politiche. Appena arrivava in ufficio, iniziava un’interminabile lettura di giornali e lavorava con una calma che superava la mia pazienza. Dopo diversi mesi scrissi all’avvocato Riccardi e all’avvocato Ardoin, imponendo loro un perentorio ultimatum: chiesi il trasferimento del mio collaboratore al più presto, oppure avrei rassegnato le dimissioni. Dopo circa un mese il geometra fu trasferito negli uffici del Consorzio per circa un anno. Immediatamente dopo, iniziò la sua carriera politica e divenne un importante politico della regione Sardegna. Fra di noi si è, nel tempo, instaurata una bella amicizia e spesso ci si incontra per ricordare con nostalgia quegli anni.
uno dei fondatori e dirigenti dell’ippodromo di Chilivani, fondato nel 1921 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III.
Ricordo piacevolmente la trasferta a Cagliari credo nel 1973 organizzata per incontrare i politici regionali ed esporre il primo programma d’investimenti della Costa Smeralda. L’avvocato Riccardi volle che tutti noi tecnici lo accompagnassimo e lo sostenessimo in quella difficile circostanza. È stato un abile tessitore, come l’ha definito Don Raimondo Satta nella omelia ai suoi funerali nel 2012, perché spesso riusciva a convincere con grande abilità i politici.
Aveva senso dell’umorismo e una sorta di schietta e furbesca capacità di adattarsi alle situazioni. Un giorno, l’avvocato Riccardi disse a un onorevole comunista di essere iscritto al partito ed esibi immediatamente la tessera. Ho sempre immaginato che nel suo portafoglio le tessere fossero tante.
Quella trasferta non fu importante per i risultati ottenuti ma fu una divertente esperienza personale per i numerosi scherzi che Paolo Riccardi e il dottor Nicol Bertorino, allora direttore del personale, fecero a tutti noi. Una notte fummo svegliati con una telefonata nelle nostre rispettive camere in albergo alle tre di notte. Il dottor Bertorino, appassionato di buoni vini sardi, ci fece svegliare di soprassalto dal portiere e ci chiese di recarci immediatamente nella hall dell’hotel Mediterraneo per una riunione urgente. Assonnati ci vestimmo di tutto punto e arrivammo al piano terra. Era uno scherzo: sul bancone del bar erano allineati diversi bicchieri colmi di tequila. Brindammo e ritornammo immediatamente in camera, stanchi ma divertiti.
Mi rivolsi al mio direttore Bruce Mac Eacharn e al Presidente Paolo Riccardi per richiedere l’assunzione di un assistente in considerazione della gran mole di lavoro.
Dopo circa quindici giorni dalla mia richiesta arrivò il benestare per l’assunzione di un collaboratore: non mi parve vero e, immediatamente, misi un’inserzione sul giornale e iniziai i colloqui con gli aspiranti assistenti. Dopo aver selezionato diversi tecnici, la mia scelta cadde su un giovane geometra di Olbia. Avevo già pronta la lettera con la quale comunicavo l’assunzione quando, improvvisamente mi recapitarono due telex dell’avvocato Riccardi e dell’avvocato Ardoin che mi pregavano di sospendere l’assunzione in atto e chiedevano di privilegiare dei tecnici di Arzachena. Non proprio convinto, me ne dovetti fare una ragione e, dopo un breve colloquio, assunsi un giovane geometra sveglio e simpatico che militava nel partito comunista ed era consigliere comunale.
Mi resi conto che arrivava spesso in ritardo in ufficio, perché impegnato in consiglio comunale o in altre riunioni politiche. Appena arrivava in ufficio, iniziava un’interminabile lettura di giornali e lavorava con una calma che superava la mia pazienza. Dopo diversi mesi scrissi all’avvocato Riccardi e all’avvocato Ardoin, imponendo loro un perentorio ultimatum: chiesi il trasferimento del mio collaboratore al più presto, oppure avrei rassegnato le dimissioni. Dopo circa un mese il geometra fu trasferito negli uffici del Consorzio per circa un anno. Immediatamente dopo, iniziò la sua carriera politica e divenne un importante politico della regione Sardegna. Fra di noi si è, nel tempo, instaurata una bella amicizia e spesso ci si incontra per ricordare con nostalgia quegli anni.
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XIX
IN CERCA DI FORTUNA
Nel 1974, in una fredda e piovosa giornata invernale, si presentò nel mio ufficio una persona di circa 40 anni, mi disse di essere originario del mio paese. Era il fratello del mio barbiere di Ozieri; sua moglie, di origine svizzera e il figlioletto attendevano fuori, nel piazzale sterrato, dove oggi c’è la passeggiata e andai subito a salutarli. Renzo e la famiglia arrivavano dalla Svizzera, erano senza lavoro e tentavano fortuna in Costa. Tutto il loro bagaglio era una bicicletta e un baule: non possedevano altro. Mi scongiurò di dargli una mano, possibilmente subito, anche perché non avevano un alloggio. Dopo un attimo di riflessione, trovai un lavoro per lui. In quel tempo si edificava il Villaggio Dolce Sposa. L’operazione immobiliare faceva capo al dottor Indraccolo di Lecce; il conte Della Noce s’interessava dell’iniziativa con l’assistenza della nostra agenzia. Il primo fabbricato era quasi terminato, così pure l’alloggio destinato al futuro custode. Dopo un’immediata autorizzazione telefonica, Renzo fu assunto come guardiano del cantiere, sia per la sorveglianza, sia per dare le dovute indicazioni ai potenziali acquirenti.
Dopo qualche mese un violento temporale allagò l’immobile e il custode venne da me richiedendo un risarcimento di trenta milioni per i danni arrecati all’abbigliamento e alle sue fotografie. Ripensando al “corredo” che aveva con sé al suo arrivo, lo cacciai dall’ufficio indispettito. Dopo circa otto mesi dovetti licenziarlo, mio malgrado, su perentoria richiesta del Conte Della Noce: improvvisamente arrivato in cantiere di sabato, era stato cacciato dal guardiano perché sprovvisto di autorizzazione. A nulla valsero le motivazioni del Conte: lui non voleva sentire ragione e io purtroppo non venni rintracciato: in quell’epoca non esistevano i telefoni cellulari. Dopo un po’ di tempo don Raimondo Fresi m’invitò a pranzo dicendomi che aveva comunicazioni urgenti. Mi recai nella casa del parroco, che si trova sotto la Chiesa Stella Maris. Don Fresi era solito far degustare i suoi tanti vini pregiati; per me, quella, non era la prima volta. Gian Paolo Spano, custode di Sa Conca, era di casa, e spesso mi chiedeva di accompagnarlo. La sorella di don Fresi, che fungeva da perpetua, preparò un pranzo speciale, direi pantagruelico; per me, piuttosto sobrio, fu una vera sofferenza dover ingurgitare tanto cibo. Solo al caffè, don Raimondo mi svelò lo scopo dell’invito. Mi chiedeva di aiutare Renzo e la famiglia che si trovavano in condizioni disperate. Ero abituato alle richieste di don Raimondo rivolte ad aiutare chi aveva necessità e spesso riuscivo ad accontentarlo, ma questa nuova richiesta mi spiazzò. Gli dissi che il soggetto era una persona particolare e che comunque avrei cercato di trovare una soluzione. Renzo era onesto, educato e di fiducia, ma anche piuttosto difficile. Dopo varie ricerche, grazie alle qualità della moglie svizzera, ottima cuoca e buona conoscenza delle lingue, riuscii a farlo assumere come guardiano e giardiniere nella villa del Principe Amin, fratello dell’Aga Khan. Lavorò bene ma l’esperienza durò solo pochi mesi: dopo l’estate venne nel mio ufficio e mi chiese di scusarlo ma si sentiva costretto a dare le dimissioni per incompatibilità con le abitudini dei padroni di casa.
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INDICE
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XX
RICORDI D’ESTATE
Lo studio di architettura Delta, degli architetti Pippo Polese e Jean Paul De Marchi era, negli anni Settanta, lo studio che aveva il maggior numero di progetti. Aveva sede nei locali ora occupati dai negozi Billionaire e le Civette al Villaggio Porto Cervo. Era pieno di tavoli da disegno, occupati costantemente da circa una decina di geometri e disegnatori. Si progettavano complessi residenziali, tra i quali la Residenza del Porto e numerose ville, l’hotel Le Ginestre ecc..
Con Pippo Polese spesso ci si incontrava a tavola, per il pranzo al ristorante Pomodoro assieme a Nardo, uno dei suoi più fidati collaboratori e con Giuseppe Carteri, don Raimondo Fresi, Leo, che gestiva la libreria edicola della Piazzetta delle Chiacchiere, e il mio collaboratore Salvatore. Questa pausa pranzo era sempre molto allegra: si rideva e scherzava continuamente con spirito goliardico, anche per via della nostra giovane età. Leo chiamava Pippo con l’appellativo Corto Polese, scatenando piccoli litigi e discussioni. Don Fresi pagava qualche volta con gli spiccioli provocando le battute di Giuseppe che gli diceva di non usare le offerte. Nardo, per divertirci e distrarci dallo stress del lavoro, ne combinava ogni giorno una nuova: una volta vicino al nostro tavolo presero posto una giovane bella ragazza e il suo ragazzo e Nardo, per scherzo, fece ripetutamente l’occhiolino alla avvenente signorina, fino a quando il ragazzo si alzò dirigendosi verso il nostro tavolo. Nardo, alla vista del giovane, alto circa 1,90 con robuste spalle, fece immediatamente finta di avere un tic nervoso e strizzò l’occhio per tutto il tempo del pranzo. Il ragazzo fece dietro front e si rimise a sedere e, quando uscimmo, a stento trattenemmo le lacrime dalle risate. Un’altra volta chiamò arrabbiatissimo il direttore del ristorante, dicendo che aveva trovato nella pasta e fagioli un dente: anche noi rimandammo i nostri piatti in cucina di fronte al personale mortificato. All’uscita dal ristorante Nardo ci confessò che qualche istante dopo si era reso conto che il dente era suo…
Spesso, quando al nostro tavolo si sedeva una persona estranea alla nostra compagnia, Nardo stupiva l’ospite perché nel bicchiere usava fare il seguente miscuglio: versava un po’ di acqua, un po’ di vino o birra, sale, pepe, e tagliuzzava un paio di stuzzicadenti che metteva nel bicchiere. Infine, con il manico della forchetta, girava con cura e beveva con grande meraviglia e stupore della persona estranea.
In quegli anni, la piazzetta era spesso animata dalla compagnia dell’attrice Adriana Russo, figlia del pittore Mario, proprietario di una villa a Porto Cervo. Mario Russo era conosciuto da tutti e credo sia difficile trovare dei consorziati dell’epoca che non abbiano un suo pregiato quadro. Era un ritrattista e un paesaggista molto apprezzato. Adriana all’epoca stava con Pippo Baudo che frequentemente era in Costa.
Nel complesso residenziale La Dolce Sposa ho conosciuto il signor Prete, proprietario di una delle prime importanti società che operavano nei sistemi computer, allora in piena evoluzione. Non era certamente un uomo alto ma spiccava per la sua intelligenza, decisamente superiore alla media. Stava costruendo sulla collina est di Porto Cervo la più grande villa della Costa e di questo andava fiero. Il progetto era dell’architetto Vietti e i lavori erano costantemente seguiti dal suo assistente, il geometra Vanni Fiori. Appena completata, la villa venne chiamata “Le Valchirie“. Mario Prete mi chiese alcune consulenze e mi incaricò di ricercare e assumere un bravo custode giardiniere. La villa venne abitata saltuariamente. Il signor Prete amava invitare molte personalità e far visitare la sua casa, questa era talmente grande che a volte non si riusciva a vederla completamente. Un giorno mia moglie, insieme ad alcuni amici, dopo aver visitato ampi saloni tra i quali quello della musica, un’infinità di stanze, bagni, una serie di piscine, sculture, fontane, opere d’arte e giuochi d’acqua, e perfino un luogo di preghiera con la Madonnina di Lourdes, si arrese sfinita dalla stanchezza e non volle più proseguire la visita. Dopo qualche anno la villa fu ceduta a un magnate russo con a capo una delle più grandi aziende del mondo dell’alluminio, si dice sia molto vicino a Putin.
Una signora milanese, scomparsa da circa un anno è forse stata una tra le clienti più originali e allo stesso tempo più ostiche e difficili. Arrivò negli anni Settanta al condominio il Sestante e, dopo qualche anno, rimase vedova. Non aveva figli e si dedicava con amore al suo piccolo cane barboncino, di nome Milly: per lei era come un figlio, lo portava a tutti i concorsi cinofili del mondo. Vinse il 1° premio, credo in Giappone, e immediatamente me lo comunicò inviandomi foto e ritagli di articoli di giornali italiani e stranieri. Casualmente, un giorno la vidi in televisione, ospite della trasmissione di Maurizio Costanzo “Bontà loro”. Per molto tempo mi arrivavano delle lettere scritte in prima persona dal cane che evidenziavano alcune problematiche condominiali, e io mi sentivo in obbligo di rispondere rivolgendomi alla cagnetta: “Cara Milly ecc.ecc..
I problemi, per tutto lo studio, le segretarie e il custode, iniziarono dopo la morte del cane per vecchiaia. La signora mi scrisse chiedendomi gentilmente di darle un’approssimativa valutazione del suo immobile, poiché stava pensando di venderlo. Dopo che gli indicai il più probabile valore della casa, per tutta risposta mi scrisse minacciando una denuncia nei miei confronti: secondo il suo parere e la sua visione, il valore dell’immobile, pieds dans l’eau, sul nuovo porto, era molto superiore e mi accusava di un mio probabile accordo con le agenzie per un raggiro e una truffa nei suoi confronti. Le risposi pregandola di non disturbarmi ulteriormente. L’appartamento non venne mai venduto a causa del prezzo eccessivamente alto. Più tardi, trasferì la residenza da Milano a Porto Cervo. Ogni settimana arrivavano le sue lunghe lettere scritte a mano, quasi indecifrabili con continue proteste e minacce legali.
A fine anni novanta una calda domenica di agosto, mentre passeggiavo con mia moglie lungo il bagnasciuga della spiaggia dell’isola di Mortorio, incontrai casualmente un mio cliente napoletano con alcuni suoi amici, il patron della industria di biancheria intima Yamamay. Ci soffermammo a chiacchierare per qualche minuto, contemplando le bellezze dei luoghi e soprattutto della trasparenza del mare, meditando sul probabile inquinamento che purtroppo lo minacciava. Mi allontanai per una breve nuotata con la maschera. Dopo qualche istante, mi riavvicinai al gruppo dicendo: vede, anche la vostra fabbrica contribuisce all’inquinamento del nostro mare e gli consegnai una busta di plastica con la scritta Yamamay che avevo appena recuperato in mezzo al mare. Sorridemmo entrambi, ben sapendo che la responsabilità era di chi non rispettava la bellezza del mare.
Il signor Tardito di Torino, proprietario della “Tamigi“, costumi da bagno mi pregò di aiutarlo per ricercare un locale a Porto Cervo da regalare alla figlia che aveva appena creato una sua nuova linea di costumi “Kristina T“. Mi diede appuntamento nella sua villa a Petra Manna. Appena entrai, notai un gran movimento di cineoperatori e fotografi, poi mi resi conto che era in corso una vera e propria sfilata di moda nel giardino e in piscina, tra le rocce di granito e la macchia mediterranea. Una decina di bellissime modelle presentavano le novità dell’anno. L’incontro di lavoro fu piacevolmente prolungato.
Giovanni e Marcello, abili sommozzatori, lavoravano nelle opere marittime; entrambi erano sempre all’erta, navigando, alla ricerca di barche che sovente finivano negli scogli affioranti che circondano la costa, per provvedere immediatamente al recupero. Numerose erano quelle che naufragavano nel passo delle galere, vicino alle isole Nibani, prima che venisse, negli anni successivi installata una boa di segnalazione. Marcello, originario di Cagliari, era un personaggio particolare. Un giorno mi invitò a casa sua per un aperitivo. A stento riuscii a raggiungere un grande divano perché in terra sul pavimento c’era di tutto: cartacce, lattine di olio, bottiglie di birra ecc. Con i piedi mi facevo spazio per passare. Dopo alcuni mesi Marcello venne inquisito, sotto il divano dove io mi ero seduto venne rinvenuto un deposito di esplosivi che non poteva detenere e che utilizzava per le opere marittime.
Leo era un personaggio particolare. La sua libreria era un notevole punto di aggregazione: non a caso la piazzetta veniva chiamata la Piazzetta delle Chiacchiere. Dopo la scomparsa di Leo, la libreria/edicola venne gestita da Francesco Marchiori che, poco dopo, la trasferì ad Abbiadori.
I residenti a Porto Cervo risentono ancora della mancanza di Leo, che tutti ricordano sempre con nostalgia.
Leo viveva da solo in una bella villa verso Santa Teresina. Un giorno insistette per invitarmi a pranzo assieme a Salvatore. Appena entrammo in casa restammo impressionati dal disordine.
Ai fornelli c’era una signora tedesca che risiedeva a Liscia di Vacca, che ben conoscevamo e subito ci venne in mente il disordine ancora più grande che una volta avevamo visto nella sua abitazione. Mi passò l’appetito e trovai la scusa di un malessere allo stomaco per non mangiare, mentre Salvatore dovette, suo malgrado, ingurgitare i tortellini. Dopo due o tre forchettate, Salvatore richiamò la mia attenzione e mi fece osservare un pezzo di cartone nel piatto. Altre volte Leo c’invitò, ma avevamo sempre una scusa pronta per dirottare l’appuntamento al ristorante Baffo.
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XXI
ARRIVANO I… PIRATI
Un tempo la piazzetta di Porto Cervo era il salotto della Costa Smeralda. Ogni sera era presa d’assalto da una folla di gente, residenti, turisti di passaggio, curiosi alla ricerca di personaggi noti. La piazza fungeva da gran teatro per tutte le manifestazioni, le premiazioni delle regate, le sfilate di moda, i concerti, le conferenze, le mostre d’arte. lo ero incredibilmente impegnato, come amministratore del villaggio Porto Cervo, nell’offrire la mia assistenza a tutti questi importanti eventi.
Desidero descrivere una giornata particolare che ancora oggi in molti ricordano: l’accoglienza ai fratelli della costa di tutto il mondo che sbarcarono da una grande nave, dopo una crociera nel Mediterraneo. I fratelli della costa sono una comunità formata da uomini amanti del mare, nata in Cile nel 1951; riunisce molti gentiluomini appassionati di yachting che solitamente hanno una profonda pratica di vita marinaresca. Ben presto si sono costituite nuove sedi in tutto il mondo, chiamate tavole. Le riunioni sono chiamate Zafarranchos governate dall’ottalogo: i principi della fratellanza della costa. La fratellanza prende spunto e nome dalla confraternita nata nel 1620, aveva il suo quartiere generale nell’isola di Tortuga e venne fondata da illustri pirati avventurieri del mare. Assieme a diversi amici faccio parte del sodalizio chiamato Tavola di Tavolara, in quel tempo presieduta da Marcello Bedogni (Luogotenente) poi Gran Commodoro, cioè governatore di tutte le tavole d’Italia. Lo Zafarrancho mondiale (congresso) di tutta la fratellanza era stato organizzato in crociera nel Mediterraneo con tappa a Porto Cervo. Lavorammo incessantemente per accogliere i fratelli di tutti i paesi del mondo: volevamo ben figurare e allo stesso tempo stupire. Marcello, allora direttore dei Cantieri della Costa Smeralda, aveva molte conoscenze e, con il mio supporto, quello dello scrivano (Segretario) Nando Manunta e di tutti gli altri fratelli della tavola di Tavolara, riuscì ad organizzare un evento straordinario. Allertammo il comune di Arzachena, le forze dell’ordine e il Consorzio. La nave da crociera ormeggió al largo di Porto Cervo e le scialuppe iniziarono a far sbarcare i crocieristi. Nella collina all’imboccatura del porto avevamo sistemato una colubrina, una specie di cannoncino che viene usato per la partenza delle regate, gentilmente messo a disposizione dallo Yacht Club. Iniziammo a sparare i colpi di cannoncino per dare il benvenu to. Allo stesso tempo, un elicottero e un aereo leggero dell’aeroclub volteggiavano attorno alla nave e alle scialuppe e un grande motoscafo della Finan za accompagnava lo sbarco. Ad attendere gli ospiti c’erano tutti i fratelli della costa schierati in divisa di ordinanza, con giacca blu, bottoni d’oro e tricorno. Improvvisamente, nella collina, arrivarono due pattuglie di carabinieri che, non sapendo del cannoncino e avendo sentito ripetuti spari, intervennero per paura di atti terroristici. I croceristi appena sbarcati vennero accolti da gruppi in costume che si esibirono in balletti sardi con musiche tradizionali. Con l’autorizzazione degli amici proprietari degli immobili sulla piazza, addobbammo tutti i terrazzi con enormi bandiere della fratellanza con sfondo nero piratesco. In mezzo alla piazza in una grande botte della Bacardi, due belle ragazze in minigonna vestite da pirata offrivano rhum (la bevanda de los hermanos) a tutti. Un grande e lungo banchetto con salumi, formaggi, vini e prodotti tipici della Sardegna, faceva da cornice alla piazza. Questo evento ancora oggi è ricordato con nostalgia. Molti furono gli attestati e ringraziamenti che arrivarono da tutte le parti del mondo per questa eclatante accoglienza.
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XXII
JAMES BOND A PORTO CERVO
L’intera costa era diventata, negli anni Settanta, un set cinematografico, con diverse troupe che chiedevano collaborazione e assistenza per effettuare le riprese. Nel 77 alcuni signori incaricati da un produttore inglese mi chiesero la disponibilità di una grande area coperta necessaria per alcuni mesi per il ricovero di tutte le varie attrezzature e diavolerie utilizzate per le riprese del film “007 La spia che mi amava“.
Dopo accurate ricerche ottenni l’autorizzazione dal proprietario costruttore del complesso “La Dolce sposa“, allora in costruzione, di poter usufruire degli ampi spazi dei garage che presto diventarono il quartiere generale del set. Ricordo che a stento riuscimmo ad allontanare folle di curiosi che arrivavano anche da lontano per vedere i marchingegni utilizzati nel film: auto di grossa cilindrata, motoscafi, moto sommergibili, elicotteri e ogni diavoleria utilizzata dall’agente segreto più famoso del mondo. Questo film contribuì moltissimo a far conoscere le bellezze della Sardegna in tutto il pianeta.
Negli anni successivi, “La Dolce sposa” venne abitata da illustri personaggi tra i quali il Ministro delle partecipazioni statali del governo Andreotti, Franco Piga, che morì improvvisamente a Cortina nel 1990, l’onorevole Leccisi, l’avvocato Taormina e il celebre scrittore Luca Goldoni. Di quest’ultimo ricordo con particolare simpatia le sue citazioni e il suo humor; le poche volte che ha partecipato alle assemblee dei proprietari riusciva subito a placare gli animi dei condomini super agitati. La sua arguzia e le sue parole tranquillizzavano tutti gli ascoltatori e la riunione filava senza più alcun problema. Tutti i partecipanti preferivano ascoltare e dialogare piuttosto che discutere delle fastidiose beghe condominiali.
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XXIII
AVVENTURE E FOLLIE
Un noto gioielliere con casa sul golf e vista sulla baia di Cala di Volpe, un giorno, mi invitò a casa sua per presentarmi quello che lui definì “un grande progetto”. Mi chiedeva di aiutarlo a far approvare dagli enti locali l’installazione di un altissimo pilone d’acciaio sulla sommità della collina della spiaggia di Liscia Ruja, da noi chiamata Punta Guinness. Il pilone doveva sostenere un grande diamante che, illuminato di notte, pubblicizzasse la sua ditta. Lo si sarebbe dovuto vedere a grande distanza. Rimasi sbalordito e, a fatica, gli feci capire che non solo non avrei presentato un simile progetto, ma che io stesso mi sarei battuto per non farlo mai approvare.
Ad Acquamarina, fin dagli anni Settanta, abita la famiglia Vismara, titolare di un’azienda sportiva di Bergamo. Il figlio più piccolo, Cesare, era un ragazzo vivacissimo. Appena raggiunse la maggiore età si appassionò di auto sportive e di moto d’acqua: scorrazzava continuamente per tutta la baia del Pevero creando spesso malumori ai residenti, sia per i rumori, sia per il pericolo che arrecava ai bagnanti. Aveva ottenuto una concessione al Piccolo Pevero, proprio davanti alla sua abitazione, per l’affitto dei lettini e delle moto d’acqua. Cesare divenne pluricampione del mondo di corsa di moto acquatiche e vinse numerosi titoli europei. Purtroppo, nel 2009 a soli 36 anni, morì in un incidente durante una corsa negli Stati Uniti, a Lake Havasu in Arizona dove due anni prima aveva conquistato il titolo mondiale. Ora che non c’è più i residenti del Pevero rimpiangono questo ragazzo che, nonostante le rocambolesche avventure, era buono e generoso.
Una piccola lapide in suo ricordo è stata posta al confine ovest del Piccolo Pevero.
Verso la fine degli anni Ottanta conobbi Loris Abate, insieme alla moglie, una persona molto gentile di origini sarde, e un suo dipendente di fiducia, Tony. Loris Abate, designer dell’alta moda, abbigliamento e gioielli, patron della Loris Abate-Schontess, ex presidente della camera della moda di Milano dal 1985 al 1991, e appassionato di cavalli, possiede una grande azienda agricola in Toscana, “Allevamento il Barocio“. Loris mi chiese di aiutarlo a trovare dei locali a Porto Cervo e una casa per lui. Dopo diversi mesi apri un grande negozio di abbigliamento sulla piazzetta e una gioielleria sulla passeggiata. Indimenticabili sono le feste grandiose, sponsorizzate da grandi marche di gioielli, che Loris Abate, innamorato della Sardegna, organizzava per moltissimi invitati. Tutta la passeggiata veniva chiusa con alte siepi e, all’interno si allestivano gli stands con prodotti tipici: veniva offerto un mix di tutto ciò che la Sardegna offriva. Eccellenti pietanze erano preparate direttamente sul posto, accompagnate da vini rigorosamente sardi e offerte agli invitati da bellissime ragazze in costume, con canti e balli tradizionali. L’organizzazione della cucina era affidata a Renzo, noto chef con un grande ristorante nei pressi di Oristano.
Appena mi misi in proprio, fui sommerso da innumerevoli richieste di lavoro. Oltre al gruppo Finanziaria Costa Smeralda, molti altri imprenditori mi affidarono la consulenza per la preparazione dei regolamenti, condominiali o consortili, e delle perizie per l’elaborazione delle tabelle millesimali. Senza rendermene conto, con il tempo, ero diventato un esperto di questa materia. In quel periodo, in Costa, ma anche a Olbia e sud di Olbia, si edificavano grandi condomini e lottizzazioni e molti mi interpellavano.
Tra gli imprenditori, mi affidò le pratiche anche Giulio De Angelis, grande amico dell’agente immobiliare Luisa Novello; allora edificava il complesso di Alba Ruja a Liscia di Vacca. Proprio in quegli anni, purtroppo dovette subire due gravi tragedie: l’incidente mortale del figlio Elio, famoso campione di Formula 1 nel 1986, in Francia, nel circuito di Le Castellet poi il sequestro di persona, che durò sei mesi nel 1988; avvenne nella sua casa a Romazzino (ex villa Lee). Fu, assieme al sequestro Kassan una delle pagine più buie della Costa Smeralda.
Molti decisero di trasferirsi definitivamente in Costa. Tra questi, Cesare Fiorio, noto direttore sportivo della Ferrari, oggi commentatore RAI. Tra i vari eventi organizzò un’indimenticabile manifestazione sportiva: una gara/parata di auto storiche di Formula 1, nel circuito di Porto Cervo che richiamò tantissimi appassionati. Amii Stewart, la famosissima cantante pop-disco americana, sempre presente in numerosi concerti con la sua straordinaria voce.
Nel complesso “Sa Cascada” ricordo con simpatia il dottor Fregola, primario chirurgo a Sorrento, scomparso già da diversi anni. Mi raccontava frequentemente che aiutava negli studi un ragazzo, appassionato di musica classica, giovane talento al pianoforte. Mi chiese per tanto tempo di aiutarlo e ne parlai con il geometra Monagheddu, direttore del Consorzio, che mi diede carta bianca per organizzare il tradizionale concerto di luglio, nella serata che segue l’assemblea del consorzio. Fu per me una gran fatica: assieme al giovane pianista di Sorrento, chiamai un noto chitarrista di Olbia, Marino Derosas, e la bellissima voce di Andrea Parodi dei Tazenda, ancor oggi ricordato in tutta l’isola con manifestazioni e concerti. Fu un grande successo.
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XXIV
LA METAFORFOSI
Il numero dei consorziati da 500/600 iniziò man mano ad aumentare fino a superare i 3000. Mi resi conto del cambiamento dei tempi da un particolare costruttivo del complesso Cala de flores. L’ingegnere che seguiva i lavori per conto della società Quintia, si era intestardito, contro il mio parere e quello di molti altri tecnici, nel voler installare nel prendisole di una grande piscina un prato sintetico al posto di una pavimentazione o di un vero prato all’inglese. Non vi è dubbio che una tale scelta, in Costa Smeralda, non fosse un buon biglietto da visita: a volte un particolare riesce a trasformare la percezione dei luoghi. Quel prato finto riusciva a rendere meno elegante tutto il complesso che, al contrario, con la sua discesa al mare e il suo grande parco, era molto apprezzato. Servirono diversi anni per convincere i proprietari a sostituirlo prima con un bel cotto e poi con un marmo locale di Orosei.
In quegli anni, tutto il territorio si arricchiva di nuovi complessi residenziali e, di conseguenza, più persone iniziarono ad arrivare in Costa e a comprare appartamenti e ville: non più soltanto l’alta borghesia, ma anche la cosiddetta classe medio alta sbarcò in Costa.
II Principe aveva portato con sé illustri personaggi della finanza e della nobiltà internazionale creando il mito. La nuova clientela, figlia del nuovo corso espansionistico, aveva fatto scegliere altri lidi a gran parte della bella vecchia guardia.
Nei primi anni Ottanta fu edificato il complesso Cala Romantica, di fronte alla baia del Piccolo e Grande Pevero, a qualche centinaia di metri da Porto Cervo. I 115 appartamenti vennero acquistati quasi tutti sulla carta. Tra i primi acquirenti ricordo la famiglia Mazzucca, Lea Pericoli, l’ambasciatore Sergio Berlinguer, che fu ministro nel primo governo Berlusconi, il professor Aristodemo, allora direttore generale del ministero del Lavoro, l’attrice Eliana Merolla, compagna di Achille lauro e altri personaggi della finanza e del mondo dello spettacolo.
Negli anni, molti divennero amici di famiglia; una particolare amicizia si venne a creare con Franco e Lella. Purtroppo Lella venne a mancare nel 2004 improvvisamente. Fui invitato, insieme a mia moglie Giovanna, a Modena per i festeggiamenti del mio quarantennale di ingresso in Accademia. Franco e Lella appena lo seppero ci raggiunsero da Monza per incontrarci e passare una serata assieme. Andammo a cena con altri amici modenesi che da anni frequentavano Porto Cervo. Alla fine, verso mezzanotte ci salutammo e i nostri amici ripartirono per Monza.
La mattina seguente mentre viaggiavamo in auto per Roma arrivò la telefonata del custode Tonino che diede la triste notizia della morte di Lella. Non volevamo crederci e insistevamo che si trattasse di un errore, in quanto eravamo insieme poche ore prima. Purtroppo era vero e con una profonda tristezza prendemmo l’aereo per Milano, gli amici comuni, Massimo e Valeria ci presero in aeroporto e ci accompagnarono ai funerali. Mia moglie soffrì moltissimo per la perdita di una delle sue più care amiche.
A Cala Romantica si era creato un bel gruppo di amici. Indimenticabili sono state le serate trascorse a casa di Gianfranco ed Elisa: lui, da buon napoletano, si dilettava ai fornelli cucinando piatti di pasta in tanti modi diversi. Memorabili anche le cene a casa di Marisa e Gabriele: il loro grande terrazzo con vista sulla Baja del Pevero si trasformava in un grande convivio di amici che arrivavano da ogni luogo. In quegli anni, questa casa era diventata un ritrovo e la grande ospitalità di Marisa e Gabriele avevano varcato i confini della Costa Smeralda.
Gabriele, con l’ausilio della fedele collaboratrice indonesiana Umi, cucinava per tutti una moltitudine di piatti, dagli involtini primavera ai tanti piatti orientali senza dimenticare i fritti, la sua specialità. La compagnia era piacevolissima, tra gli invitati c’erano sempre Gianni e Olga, di Roma, e la famiglia libanese Roger e Nora. Durante queste serate, considerata la presenza di ospiti di diversi paesi, si parlavano tutte le lingue e, nelle varie discussioni, si passava dall’italiano al francese, dall’inglese all’arabo e, per noi, diventava difficilissimo seguire il filo dei discorsi…
Roger, per il suo compleanno, per ricambiare l’ospitalità, ci invitava tutti a cena al Cala di Volpe. Gianni e Olga organizzavano nella loro casa di Sa Conca, serate culturali/gastronomiche a tema. Ciascun ospite doveva presentare un piatto, descriverne gli ingredienti e le origini e abbinarlo a un manufatto artistico o a una poesia.
Maria José e Dimitri, grande imprenditore greco, festeggiavano nella loro casa attigua alla buca 18 del Pevero Golf. Erano presenti a queste serate le sorelle Ginetta e Giulia, cantanti liriche appassionate di musica classica con i rispettivi consorti Nino e Carlo. Indimenticabili le serate con concerto a casa di Giulia e Carlo. Spesso con l’intera compagnia ci si incontrava in barca nelle isole dell’Arcipelago.
Gabriele e Marisa, italo-egiziani, sono sempre stati molto ospitali: la loro casa è sempre stata un viavai continuo di amici provenienti da tutto il mondo. Gestiscono diversi hotel a Roma. Gabriele, da noi chiamato Pupo, era in quei tempi direttore e corrispondente per l’Italia della compagnia aerea indonesiana Garuda. Spesso si andava in viaggio in oriente o, in Egitto, a Hurgada che per noi divenne, per alcuni anni, abituale ritrovo invernale.
Una anziana nobildonna di Genova, scomparsa da diversi anni, un giorno venne a trovarmi in studio. La accolsi chiamandola signora Contessa, e lei mi interruppe esclamando: “non sono contessa, sono marchesa… un gradino più su”. Dopo un lungo colloquio, mentre andava via, mi chiamò dottor Costi e io, subito, risposi: “Non sono dottore, ma geometra… un gradino più giù”.
Un simpatico e noto professionista, napoletano verace, si divertiva a stupire. In una serata di beneficenza organizzata dalla pellicceria Pagano allo Yacht Club, dopo la cena, durante la sfilata di moda, furono distribuite ai presenti le buste per depositare le offerte. Il professionista, seduto accanto al nostro gruppo, avendo dimenticato il portafoglio, mise nella busta mille lire. A tutti fu consegnato un numero per l’estrazione di un premio: una bellissima pelliccia di visone. Il premio fu vinto proprio da lui, ripeteva a tutti che con mille lire aveva vinto una pelliccia.
Un giorno durante una cena/spuntino organizzata in piscina a Cala Romantica ci raccontò che mentre passeggiava sul molo del porto vecchio si soffermò a leggere il menù esposto al ristorante “Il pescatore”. Aveva notato che l’aragosta veniva indicata con un prezzo al quale, per errore, non era stato inserito “l’etto”. Con la moglie entrò e i due si concessero una lauta cena a base di aragosta. Il più bello arrivò al momento del conto che naturalmente pagarono, pur contestandolo energicamente. Dopo aver fotografato il menu esposto, lo inviarono al direttore generale Starwood. Dopo qualche giorno, con tante scuse, furono invitati nuovamente al Pescatore per una ricca cena accompagnata da champagne.
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XXV
GUERRA E PACE IN COSTA
In oltre quaranta anni di professione credo di aver conciliato decine e decine di litigi fra proprietari d’immobili, attraverso la ricerca di accordi e compromessi che hanno evitato lunghe e dispendiose azioni legali. Raccoglievo spesso sfoghi e confessioni. Una delle più laboriose transazioni è stata quella delle Case del Porto. Negli anni Novanta, una società immobiliare che faceva capo all’imprenditore Maurizio Pierro acquistò i terreni attigui alle Case del Porto, prima e seconda fase, sul porto vecchio. In questi terreni, fin dagli anni Settanta, era prevista la realizzazione della terza fase, come testimoniano il plastico e i progetti dell’architetto Bonicatti in mio possesso. Questa società fece elaborare nuovi progetti, ottenne le concessioni e avviò i lavori. Presto mi accorsi che le aree nelle quali erano previsti i parcheggi e dove, fin dal 1973, avevano parcheggiato tutti i residenti delle Case del Porto, sarebbero state occupate dai nuovi fabbricati e i proprietari sarebbero rimasti senza alcun spazio per parcheggiare. Immediatamente parlai con gli amministratori della nuova iniziativa e, dopo inutili tentativi, fui costretto ad avviare una causa legale e richiedere un provvedimento di urgenza contro la società “I tramonti” e la “Ciga immobiliare”. Il cantiere fu immediatamente bloccato. Era il 1997 e avviai una lunga trattativa direttamente con il ragionier Pierro amministratore della società costruttrice,.. Dopo alcuni incontri trovammo un accordo ma, due giorni dopo, venni a conoscenza dalla stampa che il ragionier Pierro era stato assassinato. Fu ritrovato a Milano, nella sua auto, ucciso da colpi di pistola. Qualche mese dopo fui interrogato al commissariato di Porto Cervo poiché, nella sua agenda era stato ritrovato l’appunto della data dell’incontro che aveva avuto con me pochi giorni prima di essere ucciso. Agli eredi, rappresentati dagli avvocati, parlai degli accordi precedenti, ma non ne vollero sapere e decisero di continuare il giudizio in corso. I lavori rimasero bloccati per diversi anni, fin quando la società fu ceduta alla Gocil. Iniziai quindi un laborioso e lungo lavoro con i legali e i responsabili della nuova società. Furono interminabili le sedute presso il mio studio con il presidente della Gocil, l’avvocato Renzo Persico, con i tecnici e i legali. Dopo numerose riunioni riuscimmo finalmente a trovare un accordo che, nonostante lo scetticismo dei proprietari delle Case del Porto, venne approvato. Il blocco della costruzione fu sospeso, i lavori furono ultimati e, nel 2008, firmammo gli atti di cessione gratuita di un garage per ciascun immobile nei sottopiani del nuovo complesso oggi chiamato Promenade du Port.
Durante quel periodo, l’avvocato Persico mi telefonava spesso aggiornandomi sulla trattativa in corso tra la Starwood e la Colony, finché mi annunciò l’imminente passaggio di quote. Dopo alcuni mesi Renzo Persico divenne presidente del consorzio della Costa Smeralda: dopo la prima presidenza di S. A. Aga Khan, seguita da quella di Franzo Grande Steven e dell’ingegner Gallia, ci si aspettavano azioni più brillanti… Avevo prima assistito all’immobilismo della Starwood interessata, più che altro, alla gestione degli hotel e ora avevo capito che il nuovo imprenditore mirava non tanto a una programmazione nel tempo, ma ad accrescere i valori del patrimonio per poi cederli.
Così è stato, nel 2012 è subentrato l’emiro del Qatar. Per questo motivo, per amore del nostro territorio, sono stato uno dei promotori dell’associazione dei proprietari in Costa Smeralda, chiamata APICS.
Ho cercato di affrontare i dirigenti del consorzio con una civile e democratica opposizione che mirava a ottenere tutte quelle regole richieste da molti consorziati. Devo ammettere che, nonostante le numerose adesioni, non ho ottenuto il risultato prefissato e neppure il seguito sperato. Così, un po’ alla volta, mi sono persuaso e convinto che l’obiettivo sia ancora lontano.
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XXVI
UNA PARATA DI STELLE
Porto Cervo, oltre che dai grandi nomi dell’industria e della finanza internazionali era frequentata dai re del mondo. Non mancavano mai Margaret e Tony d’Inghilterra, Costantino di Grecia, Juan Carlos di Spagna, i Fustenberg, il duca di Kent, il re del Belgio, gli Onassis e Niarchos, i Guinness e i Mentasti, con la Croce del Sud sempre ancorata al porto. Non mancava mai, nella sua villa a Liscia di Vacca, Bettina Graziani. ex modella francese ed ex compagna del principe Aly Khan. Così come ogni estate c’era Jasmine, sorellastra dell’Aga Khan, figlia di Rita Hayworth. Tutti venivano folgorati dalle bellezze di questa terra allora vergine, deserta, quasi inaccessibile, con poche strade, con le spiagge profumate e bianchissime, con il mare smeraldo cristallino, con i graniti dalle svariate forme.
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LE STRUTTURE E SOCIETÀ DELLA COSTA SMERALDA
L’AGENZIA IMMOBILIARE COSTA SMERALDA era il cuore dell’organizzazione che acquistava i terreni, definiva le lottizzazioni, programmava gli investimenti, costruiva, vendeva e affittava.
La STEGCS si occupava dei servizi tecnici per gli interventi di qualsiasi natura, specie per ogni tipo d’infrastruttura elettrica, fognaria, idrica. II Consorzio fu il primo, in Sardegna, a dotarsi di un grande impianto di depurazione dei reflui.
La CERASARDA, prestigiosa fabbrica di vasellame, ha prodotto fino all’ultima piastrella per gli hotel e per le ville in costruzione. I modelli, i colori e le tonalità erano disegnati dai migliori architetti, ma specialmente dall’architetto Vietti, con studio a Milano e con un ufficio anche in piazzetta di Porto Cervo, controllato dal sempre attivo collaboratore geom. Vanni Fiori.
L’ALISARDA, attuale Meridiana, oggi Air Italy, era la compagnia aera creata per permettere ai turisti di raggiungere la Costa; aveva sede in corso Umberto a Olbia e operatività a Vena Fiorita
L’ALIMENTARIA SARDA, fu il primo supermercato di Porto Cervo, nel sottopiazza, dove ora c’è il bar “La virgola”.
La Società ALBERGHIERA gestiva tutti gli hotel e i ristoranti.
La FALEGNAMERIA, sulla collina di Porto Cervo, approvvigionava tutti i cantieri di infissi e armadi; terminò la sua operatività con un grande incendio alla fine degli anni Settanta.
La BIANCASARDA, si occupava del lavaggio e del noleggio della biancheria degli hotel.
La MARINASARDA, creata per la vendita e il nolo delle imbarcazioni.
L’AGRISARDA, era strutturata per impiantare e gestire la manutenzione dei giardini.
La PORTO CERVO Spa fu costituita per la gestione dei porti.
II CANTIERE NAVALE fu ideato per il rimessaggio e la manutenzione delle barche.
II CENTRO MEDICO fu costituito per offrire ai consorziati ogni cura medica.
La PROTEZIONE AMBIENTE PER LA CURA DEL VERDE
La VIGILANZA PER LA SICUREZZA DEL TERRITORIO
II COMITATO DI ARCHITETTURA, presieduto da S. A. Karim Aga Khan per il controllo meticoloso dei progetti.
Lo YACHT CLUB COSTA SMERALDA, in origine con sede nella Maison du Port, oggi alla Nuova Marina, uno dei più prestigiosi al mondo, con una succursale a Virgingorda, nelle Isole Vergini Britanniche.
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INDICE
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L’Alisarda sorvola l’Hotel Cala di Volpe
Tra gli altri, Mike Bongiorno e don Raimondo Fresi
Immagini dell’Hotel Cala di Volpe