Fuerat multa perpessa a compluribus medicis[1]. Sopportò molti dolori e moltissimi medici la Sardegna! Vollero alcuni nasconderne più che curarne le vaste piaghe, distendendo sulle membra scarne dell’Isola le bende intessute di retorica adulativa e di cieca alterezza altri vollero risanare il misero corpo intaccando e lacerando con l’inesorabile coltello anatomico anche le parti più sane e più vitali dell’organismo isolano.

I medici troppo blandi son quasi tutti Sardi i quali, trascurando o non avvertendo i malanni dell’Isola, li hanno resi più funesti i troppo spietati medici son quasi tutti Italiani della Penisola, continentali che, rigidamente applicando le più esagerate teorie etnografiche e sociologiche, han fatto scempio pur delle membra più vigorose.

Fra gli opposti pareri di quanti han creduto di pronunciare precise diagnosi dei mali che hanno afflitto la Sardegna durante la seconda metà del secolo scorso, i popoli si son rifugiati in un deplorevole fatalismo: i Sardi si sono limitati alla continua quotidiana protesta contro i Governi centrali anzichè affinare, riunire e spingere ogni propria forza alla resurrezione, della quale son degni; i continentali han preferito trascurar coscientemente l’Isola, proclamandola non suscettibile di progresso alcuno, piuttosto che indagarne scoprirne e raccoglierne le sopite energie.

Ancor oggi la Sardegna è ignota alla grande maggioranza degli Italiani: la realtà dell’Isola è nascosta ai più.

Non è gran danno l’ignoranza della storia sarda, storia grigia di servilismo e di servitú, nella quale è raro il bagliore pieno della coscienza collettiva e della collettiva libertà. Ma è danno grande la diffusione della leggenda che perpetua la triste sorte dell’Isola, la maligna leggenda che ovunque reca la fama di regioni triste, di più triste gesta, di tristissimi uomini.

Fiorisce una notevole letteratura d’argomento sardo: ma anch’essa rispecchia il dualismo al quale abbiamo accennato. Gli scritti dei Sardi son quasi sempre soggettivi, appassionati o interessati addirittura, sì che non riscuotono piena fede e non comunicano quindi efficacemente la parte di realtà conosciuta che contengono: gli scritti dei Continentali sono spesso il prodotto di superficiale osservazione esercitata talvolta dal finestrino d’un treno in corsa e di costante pregiudizio, ed ospitano tristi leggende piuttosto che realtà serene.

Le comunicazioni dirette della penisola-madre con la Sardegna sono state fino a pochi anni fa rare e difficili è minima la percentuale dei continentali che conoscono l’Isola per averla almeno attraversata in ferrovia.

Il malgoverno secolare e la politica del divide et impera, la diffidenza ed il misoneismo degli Isolani, la malaria e l’usura han contribuito a mantenere la società sarda nei legami della tradizione. precludendole ogni forma di educazione civile.

Quando i varii padroni limitarono la oppressione sulle rozze genti, furono aspre e sanguinose contese di città contro città; quando pervenne all’Isola qualche raggio d’amore lungamente atteso, gli Isolani si dilaniarono a vicenda nei borghi e nelle campagne; ostentarono una fiera alterezza ma non ebbero fiducia in sé stessi, nella propria energia e nel proprio avvenire. Ammoniva la grande voce profetica di Giuseppe Mazzini: il popolo sardo non ha bisogno che di fiducia in sè, d’amore dato e ricambiato, per essere attivo e capace. Ogni fiducia mancò manco ogni amore!

E quando l’Italia, risorta a pena ad unità e libertà, spinse e assillò ogni sua regione alla rinascita morale e sociale, taluna indugio stupita: la Sardegna non le segui, perchè non ebbe fede nelle proprie energie. Allora implorò gridò urlò perchè la soccorressero e disse parole d’amore. Poi le parve che nessuno ascoltasse la sua disperata invocazione, e che nessuno sentisse il suo dolore; si rinchiuse nel suo fatalismo, protesto e disse parole d’odio.

Fu, per l’Isola, il più triste degli arresti di sviluppo ch’essa abbia sofferto: in simile stato la osservarono superficialmente nella seconda metà del secolo scorso i sociologi ed i pubblicisti, italiani e stranieri, che vennero alla scoperta della Sardegna. Allora fiorì la leggenda sulla base della realtà esistevano veramente vecchi pastori di Gallura che non avevano mai visto il capoluogo del loro Comune; esistevano numerose associazioni a delinquere che davan l’assalto ad un intero villaggio e lo depredavano; i banditi imperavano sui monti del Nuorese e dettavan proclami e riscuotevano imposte e ordinavan la chiusura delle scuole appena aperte! La pastorizia era diffusa ed errante; l’agricoltura trascurata nelle poche zone coltivate; il magro bestiame soggetto al furto ed al danneggiamento; i commerci erano assai scarsi; le industrie nulle; gli uomini vittime della malaria, della vendetta o della grassazione.

Si diffuse la triste fama: la Sardegna era il luogo d’ogni terrore. Gli scrittori italiani e stranieri vantavano fra le righe dei loro racconti il non comune coraggio da essi dimostrato nell’attraversar l’isola selvaggia ed aspra e forte, che nel pensier rinnova la paura!

I Sardi conoscevano i mali che avvilivano la loro terra: ma quando li seppero oggetto di frequenti discorsi fuori di casa, e quando li videro scoperti piuttosto al disprezzo che alla pietà altrui, allora insorsero. Risposero con passione violenta; si divisero in due schiere: una nascose e negò il malanno; l’altra ne accusò il governo dei continentali.

Oggi è dovere di tutti quanti conoscono ed amano la Sardegna di abbandonare il campo delle leggende di vent’anni fa oggi è lecito richiamar quelle leggende soltanto quale pietra di paragone delle nuove manifestazioni di vita civile che si svolgono in ogni regione dell’Isola. Chi s’indugia pur oggi a descriver gli elementi tradizionali della vita sarda l’esistenza patriarcale, i costumi primitivi, le selvaggie abitazioni, le strane foggie di vestire, la delinquenza terribile e la secolare inerzia degli uomini ha il dovere di avvertire che simili elementi o sono scomparsi dalla società nuova o sono destinati a scomparire incalzati dal progresso che si va diffondendo qui con rapidità meravigliosa. Qui la rinascita d’ogni energia e di ogni industria è stata ed è caratterizzata da tanto rapido sviluppo, che è necessario acquistarne conoscenza piena per averne piena fede e sincero entusiasmo.

Le notizie qui raccolte su una delle due provincie dell’Isola, detta ancora Capo di sopra[2], varranno a dimostrarne le ricchezze di natura di energia e di opera, ed a segnalarne l’incomparabile progresso compiuto da circa vent’anni, da quando cioè nel cuore della provincia stessa sanguinava la zona che ricevette il triste battesimo di zona delinquente per antonomasia!

Non esporremo in gran copia aride cifre nè rileveremo frequenti date sterili pochi amano col Quételet la sociologia ridotta ad una fisica sociale ricavata dall’indagine statistica! Sarà tuttavia necessario riferire talvolta dati specifici di iniziative e di risultati, affinché la meraviglia del lettore di fronte alla generica esposizione dei fenomeni che caratterizzano la rinnovata società sarda non accusi le notizie riferite di parzialità o di menzogna. Tanto più ripeto che qui si offre alla nostra indagine una così rapida evoluzione di cose e di uomini impreveduta ed imprevedibile la quale deve necessariamente stupire tutti quanti associano pur oggi al nome di Sardegna la triste serie di idee tradizionali[3].

[1] S. Marco, IV-6.

[2] Ancor oggi la provincia di Cagliari è dagli Isolani distinta col nome di Capo di sotto; quella di Sassari col nome di Capo di sopra. Questa misura 10.678 chilometri quadrati, è popolata da 338.526 abitanti, secondo il censimento generale del 10 giugno 1911. Comprende i circondarii di Sassari, Alghero, Nuoro, Ozieri e Tempio: cioè le regioni dette con antichi nomi Nurra, Logudoro, Anglona, Crucca, Goccano, Barbagia, Monte Acuto, Gallura.

[3] Non è forse inutile nè inopportuna una avvertenza. Chi ha raccolto queste notizie non è sardo, nè di nascita nè di elezione.

Golfo Aranci

La società nuova

Il 5 gennaio dell’anno 1836 il vicerè Montiglio tolse alla Sardegna la piaga del feudalesimo!

Non dobbiamo dunque meravigliarci se ancor oggi la provincia di Sassari presenti un complesso di condizioni sociali varie spesso e talvolta contradittorie: vigono tuttora infatti alcune forme e manifestazioni primordiali di vita collettiva accanto ad evolute organizzazioni di classe o di mestiere; si svolgono tuttora criminose prove del tradizionale spirito di vendetta accanto ad efficaci istituti di cooperazione e di previdenza sociale.

Qui non è compiuto ancora l’accentramento delle genti sparse da gran tempo in regioni deserte e malsane; e nei villaggi, nelle frazioni di Comune, di recente formazione, lo spirito di associazione si sviluppa ancora nelle forme primitive necessarie ai bisogni della collettività: igiene, sicurezza, istruzione.

Il progresso si svolge in ragione diretta dell’azione che l’uomo esercita sulla natura, ed in ragione inversa dell’azione coattiva esercitata dall’uomo sull’uomo (Guyot). Qui veramente homo erat homini lupus! qui veramente la natura appariva aspra e difficile! Le tristi condizioni del più recente passato facevan prevedere assai lontano il completo progresso dell’Isola, che sembrò non suscettibile di benefiche reazioni nelle sue terre e nei suoi abitanti.

La tradizionale diffidenza che i Sardi han per secoli nutrito non soltanto contro gli Italiani delle altre regioni ma anche e sopratutto contro sè stessi, era il sommo ostacolo allo sviluppo ed alla concordia delle classi sociali. D’altra parte i provvedimenti legislativi e gli ordinamenti amministrativi esperimentali nella Penisola con positiva efficacia dettero in Sardegna prova non altrettanto felice: qui rimasero in terre malsane e poco abitate gli uomini dalle antiche abitudini e dall’ignavia antica.

Oggi la provincia di Sassari è quasi totalmente rinnovata nel suo territorio e nella sua popolazione: tardi hanno avuto gli Italiani della penisola ed i Sardi la coscienza dei loro reciproci doveri; ma presto per comune virtù godono gli uni e gli altri le conseguenze più salutari della concordia operosa.

Oggi la provincia di Sassari vanta una borghesia attiva ed illuminata e benevola verso il proletariato della regione: il progresso delle classi è qui parallelo. Se risponde a verità l’insegnamento di Luigi Luzzatti, secondo il quale son destinate a spegnersi le borghesie che non sentono il loro dovere verso il proletariato, questa borghesia della provincia di Sassari è destinata certamente al più sicuro avvenire.

È stato osservato lo scarso sviluppo di associazioni proletarie in questa provincia, ed è stata ricordata la tradizionale diffidenza quale causa del fenomeno. A noi pare che la stessa benevola fraterna condotta della borghesia verso il proletariato sopisca in esso lo spirito di associazione di classe, eliminandone la causa prima, cioè la difesa degli interessi antagonistici[1].

Quando il legislatore avverti la necessità di curare con speciali rimedii legislativi[2] le piaghe sociali che affliggevano con speciali manifestazioni morbose una regione assai diversa dalle altre d’Italia (specialmente per i successivi arresti di sviluppo da essa subiti) recò uno dei maggiori contributi al rinnovamento isolano. Ricordiamo tre dei sommi mali che hanno per secoli afflitto la provincia di Sassari: l’abigeato che soffocava ogni più attiva iniziativa di commercio del bestiame; il pascolo abusivo, che originava frequenti criminose vendette; l’usura che rendeva più grave il malessere economico delle masse lavoratrici.

Lo Stato ha imposto così efficaci controlli alla compra-vendita ed alla esportazione di ogni singolo capo di bestiame, che l’indagine sull’abigeato è divenuta facile quanto n’è grave la punizione.

Il pascolo abusivo è divenuto reato d’azione pubblica, diligentemente e severamente perseguito e l’opera della Giustizia è intesa a prevenire ed a reprimere non tanto il tenue reato per sè stesso quanto a reprimere ed a prevenire il ripetersi di tristi e feroci delitti che ne conseguivano[3] diretti all’omicidio, oppure allo sgarrettamento ed allo slinguamento del bestiame[4].

Il più grave ostacolo allo sviluppo dell’agricoltura e delle industrie minori derivò ai piccoli proprietari numerosissimi nella provincia di Sassari dalla usura. Provvidamente e sollecitamente si è però diffuso un equo e abbondante credito agrario, il quale ha efficacemente opposto le sue benefiche istituzioni alla usura già dominante.

Dalla Cassa ademprivile della provincia di Sassari traggono abbondanti mezzi finanziarii i numerosi Monti frumentarii e nummarii: nel 1910, in un anno cioè di scarso raccolto e di più vivi bisogni economici, il bilancio della Cassa salì a circa due milioni e mezzo; nello stesso anno furono date in anticipazione per miglioramento agrario centottanta mila lire. Gli istituti ordinarii di credito agrario hanno ridestato tanta energia nella borghesia e nel proletariato della campagna liberandoli dai gravi ceppi dell’usura che meritano cura e gratitudine da tutti i Sardi, per questo se non per altro: essi han dimostrato all’Italia che l’ignavia non domina e non può dominare perpetuamente, fatalmente l’Isola, e che questa è degna e suscettibile di illimitato progresso se in poco più di un ventennio messa finalmente in grado di sviluppare liberamente le sue energie, ha rinnovato la sua vita civile, ha creato la sua fiorentissima industria dei campi e del bestiame, ha aperto e diffuso ai commerci i suoi tesori di natura e di opera.

Tutti quanti si sono occupati di problemi isolani hanno rilevato il fenomeno che caratterizza la popolazione di questa regione: qui la popolazione è scarsa: pure qui si lamenta una condizione di iperpopolazione. Ed a questo fenomeno si attribuisce una gran parte della infelicità economica della Provincia. Ma l’attenta osservazione dell’attuale società ci dimostra qui che, mentre la popolazione assoluta è in aumento[5], il fenomeno di iperpopolazione va scomparendo: la popolazione cresce specialmente verso le zone costiere e verso le terre aperte alla cultura intensiva.

Un altro notevole elemento ha recato benefica influenza nella rinnovata società: l’aumento economico della popolazione. L’aumento fisico di essa può ancora da taluno esser disconosciuto nei suoi effetti positivi: ma dev’esser argomento di universale compiacimento e di orgoglio la constatazione della progressiva diminuzione della grave mortalità nella provincia di Sassari, grave sopratutto perchè ha fino a ieri colpito in massima parte individui di sesso maschile e di età giovane od adulta.

Nè è da trascurarsi l’evoluzione subita dal movimento migratorio negli ultimi anni. Nel quinquennio 1906-1910 l’emigrazione dalla provincia di Sassari è stata proporzionalmente assai inferiore alla media del Regno ed ha rivelato una spiccata tendenza ad evolversi nelle forme di emigrazione temporanea volgendo circa la metà del suo corso all’Europa e agli altri paesi del bacino del Mediterraneo[6]. Ma la somma causa del progresso del Capo di sopra è riposta nel risorgimento agricolo della regione, al quale lo Stato ha provveduto con l’opera svolta costantemente dal 1887 ad oggi: mediante la quale si è giunti non soltanto al progressivo sviluppo dell’agricoltura, ma anche al rinnovamento igienico e morale della Provincia[7].

Esamineremo rapidamente le attuali condizioni agricole, alle quali fanno degno riscontro le condizioni edilizie e sanitarie di città e di paesi, che van proseguendo la nobile gara di perfezione etica ed economica i soli capoluoghi di circondario hanno speso dal 1885 al 1905 oltre due milioni per il loro rinnovamento edilizio e sanitario!

[1] Meritano d’esser segnalate alcune federazioni di mestiere: quelle di operai dipendenti dal Ministero della guerra in Ozieri ed in Maddalena (in complesso 108 socii); la lega dei quadrettai e turacciolai di Tempio (172 socii); la lega degli infermieri a Sassari. Le organizzazioni proletarie agricole raccolgono nella Provincia 255 soci. Fra le organizzazioni padronali ricordiamo la Unione industriale sarda per la lavorazione del sughero di Tempio, la quale occupa circa 500 operai.

[2] Per l’abigeato ed il pascolo abusivo vedi il Regolamento 14 luglio 1898, numero 404.

[3] Un abusivo pascolo di poche capre fu l’origine prima della triste serie di reati che dal 1850 al 1856 funestò la Gallura: in poco più di un lustro settantadue omicidii decimarono due genti nemiche. Di tali tristi vicende Enrico Costa ha intessuto il suo romanzo Il muto di Gallura, del quale la ditta G. Tortu di Tempio pubblica ora una nuova edizione.

[4] Purtroppo lo spirito di vendetta infierisce ancora contro il bestiame, tagliando i garretti del bue o strappando la lingua del cavallo. Notiamo però fin d’ora la costante diminuzione di simili delitti.

[5] L’aumento medio annuo aritmetico della popolazione del Regno risulta dai censimenti del 1901 e del 1911 di 6,6 per ogni mille abitanti. Tale aumento risulta per la provincia di Sassari di 7, 4. Queste cifre e le altre medie di paragone fra il Regno e la provincia di Sassari sono in gran parte desunte dall’Annuario statistico italiano del 1911, testè pubblicato dalla Direzione generale della statistica e del lavoro.

[6] Proporzioni per 100.000 abitanti. Quinquennio 1906-1910:

Regno: Emigranti per l’Europa ed altri paesi del Mediterraneo: 755. Emigranti per paesi transoceanici: 1154.

Provincia di Sassari: Emigranti per l’Europa ed altri paesi del Medi terraneo: 597. Emigranti per paesi transoceanici: 623.

[7] Nella relazione sui provvedimenti per la Sardegna letta al Consiglio Provinciale di Sassari il 27 febbraio 1910 il Prefetto della provincia, commendatore Raffaele Orso, dimostrò quale e quanta efficacia di applicazione da parte dello Stato abbiano conseguito le leggi destinate al rinnovamento sociale dell’Isola.

Pastorizia e agricoltura provincia di Sassari

L’agricoltura. Bonifiche e credito agrario

I recenti lavori catastali han confermato la ignota produttività dei terreni della Sardegna: tale produttività è superiore a quella media del Regno[1]. Pure questi terreni furono fino a pochi anni fa o abbandonati, o sfruttati quasi esclusivamente dalla pastorizia, sopratutto dalla pastorizia errante che fu da Paolo Mantegazza giudicata la rovina della Sardegna.

La storia recentissima della resurrezione morale sociale ed economica della provincia di Sassari procede parallelamente alla crescente fortuna della agricoltura locale. Alla terra feconda non poteva mancare pieno sviluppo: questo si è svolto unitamente al progresso delle popolazioni. Si è ancora una volta affermato il principio che primo formulò Ippocrate da Coo: Gran parte della storia delle popolazioni è legata alla fecondità del suolo».

Qui la fertilità del suolo era infruttuosa poichè fiumi e ruscelli e frane devastavano ogni cultura iniziale, poichè gli scarsi lavoratori della terra erano minacciati e decimati dalla malaria. L’avidità speculatrice, abbattendo i boschi montani, facilitò l’opera deleteria delle pioggie e delle inondazioni. Prima di spingere gli uomini ad una diffusa e razionale cultura dei campi, occorreva ridurre il suolo in condizioni favorevoli al lavoro ed alla produzione. Lo Stato, emanando speciali disposizioni legislative per l’Isola[2], ha inteso pienamente la necessità di rinnovare il territorio prima di ottenere il rinnovamento degli abitanti. Fu pertanto iniziata la bonifica delle valli ed il rimboscamento dei monti.

Soltanto da quindici anni le grandi opere di bonifica sono state decise dalla Legge: e già in grande parte sono state compiute, in parte si stanno compiendo: di alcune si ritarda necessariamente pur l’inizio, dovendo esser prima condotti a termine i lavori di arginatura dei grandi fiumi[3]. Gli abitanti della provincia di Sassari osservano talvolta e lamentano la lentezza con la quale le grandi opere idrauliche procedono qui in confronto al loro sviluppo nella provincia di Cagliari: tutti dovrebbero ricordare o sapere che l’ufficio del Genio civile di Cagliari iniziò studii relativi fin dal 1889 (assai prima cioè che la legge del 1897 fosse promulgata), mentre in Sassari si attese la legge prima di iniziare provvedimenti per l’esecuzione! Allora dominarono la diffidenza e l’inerzia dell’ambiente… Oggi è grave pur la attesa breve a chi soffri troppo lunga attesa!

La legge del 1897 ordinò la bonifica delle paludi di Salinedda e dello stagno di Corcò, presso Terranova; del padulo di Tempio; della palude Scudo, presso Torralba (e tutti i lavori relativi sono già compiuti): della valle di Santa Lucia, presso Bonorva, i lavori sono in gran parte eseguiti; la correzione dei tronchi inferiori dei fiumi Cedrino e Coghinas (appaltata in lotti distinti) è in corso di esecuzione. Il costo di previsione di ione di tali opere ammonta a circa otto milioni.

Alla bonifica degli agri di Sassari e Portotorres, di Posada e Siniscola, di Orosei e della valle inferiore del Liscia ha provveduto la legge del 1900: le opere relative, delle quali si è iniziata l’esecuzione, importeranno la spesa di circa due milioni.

Il progressivo rimboscamento delle regioni montane coopera al risanamento della Provincia: è tuttavia necessario che le opere di bonifica idraulica e quelle di rimboscamento procedano in perfetta armonia sì che l’azione simultanea e reciproca sia sempre di reci- proco ausilio e non minacci mai di allontanare o di diminuire le benefiche conseguenze comuni. Oggi però, mentre i campi vanno riacquistando per le cure assidue dello Stato la loro piena fecondità, è sommo dovere della borghesia e del proletariato delle campagne di conservare e di aumentare con amorosa assiduità il tesoro naturale offerto dalle bonifiche al lavoro ed all’industria. Lo spirito di iniziativa non è più ora impedito dalle tristi condizioni del suolo: nè è avvinto dall’usura. Abbiamo già accennato allo sviluppo del credito agrario: esso permette oggi ai contadini ed ai piccoli proprietarii di buona volontà l’esperimento di culture intensive e l’uso di strumenti agricoli perfetti.

Gli istituti ordinarii di credito agrario sono ormai diffusi in tutta la Provincia: erano tre soli i Monti di soccorso nel 1887; erano ottantacinque nel 1909; oggi son circa cento[4].

La propaganda scientifica dell’agricoltura[5] ed il successo di ardite iniziative agrarie[6] contribuiscono con la suggestiva potenza dell’esempio a ridestare sopite energie e a ricondurle ai campi. Già gran parte del «Capo di sopra offre al visitatore superbi spettacoli di campagne feconde e fiorenti e razionalmente coltivate. Orti e vigneti e oliveti e frutteti frequenti intorno a Sassari e ad Alghero si diffondono verso l’oriente e verso il mezzogiorno della Provincia: la superficie dei campi coltivati è in continuo aumento: va diventando comune nelle zone più progredite l’uso di aratri a vapore e di perfetti strumenti meccanici. Le piantagioni di tabacco sono vaste e rigogliose.

Arditi tentativi di colonie agricole fallirono completamente nel secolo scorso[7]: oggi, là dove abbondante capitale e lavoro illuminato si applicano concordemente, vivono e prosperano colonie agricole fiorentissime. A titolo d’onore, d’ammirazione e sopratuto di esempio dev’esser ricordata la grande impresa sviluppata presso Alghero dalla ditta Sella e Mosca[8].

Vaste zone bonificate fertili attendono ancora l’iniziativa che le coltivi e le sfrutti è dovere nazionale per i piccoli proprietarii e per i grandi latifondisti corrispondere con operosità sollecita al sacrificio che la Nazione amorosamente si è imposto rinnovando la potenzialità produttiva della Provincia[9].

Alla terra nuova diamo nuova energia! L’ignavia di oggi produrrebbe domani la vergogna di tutti.

[1]L’Annuario statistico ricordato così ripartisce il territorio della Sardegna: terreni produttivi (produzione agraria e forestale) chilometri quadrati 96,4 per cento; improduttivi chilom. quad. 3,6 per cento. Per il Regno si hanno le cifre medie di 92 chil. q. per cento di terreni produttivi, e di 8 di terreni improduttivi!

[2] Ricordiamo le due leggi fondamentali del 2 agosto 1897, e del 22 marzo 1900.

[3] Così non si potrà procedere alla bonifica dell’agro di Posada, se non sarà stato prima regolato il corso del torrente Posada.

[4] I primi Monti di soccorso furon quelli di Sassari, Portotorres e Tissi. Oggi son fiorentissimi quelli di Alghero, Florinas, Osilo, Siligo e Sorso. Sorsero nel 1909 quelli di Berchidda. Mores. Oschiri e Torralba: nel 1910 quelli di Dorgali e Orosei; nel 1911 di Alà dei Sardi e Borutta. Sassari ed Ozieri vantano anche fiorenti Consorzii agrarii cooperativi.

[5] Per l’opera feconda di propaganda merita ampia lode la Scuola pratica d’Agricoltura di Sassari, alla quale è annessa una importante stazione zootecnica.

[6] All’iniziativa privata spetta anche l’opera complementare della bonifica, particolarmente l’opera di prosciugamento di piccoli stagni e di apertura di minori canali di scolo.

[7] Basti ricordare il fallimento d’ogni tentativo di colonizzazione della fertilissima valle inferiore del Coghinas, dove frane e inondazioni frequenti minacciano rovinano ogni cultura: sì che vani rimasero gli esperimenti felici della coltivazione della canna da zucchero, del caffè, del cotone e del tabacco.

[8] Quella Ditta coltiva 105 ettari di terreno per solo vigneto, ed otto ettari per vivaio. La eccellente produzione vinicola è curata razionalmente in due grandi cantine capaci di novemila ettolitri, fornite di macchinario a forza motrice. La Ditta stessa alleva bestiame, semina cereali, diffonde la cultura di prati artificiali: si serve del sistema di aratura a vapore tipo Vernette.

[9] Lo Stato ha finalmente seguito l’indirizzo che fu tracciato con amorosa sapienza dal conte Bogino, il grande ministro di Carlo Emanuele III: nello sviluppo dell’agricoltura è il segreto del risorgimento sardo.

Coghinas
Sughero di Gallura
Sughero di Gallura

Industria e commercio

Lo storico sardo Siotto Pintor, parlando della fortuna dei Liguri che nella prima metà dell’ottocento arricchirono sfruttando l’Isola, risponde ai suoi corregionali dando loro piena colpa se «anzichè seguire l’esempio si rammaricavano standosi con le braccia conserte, nella secolare inerzia, a vedere straricchire gli strani!». A tanto giunse tale inerzia che la Sardegna è l’unica isola mediterranea la quale non abbia mai vantato una attiva e gloriosa vita marinara. Ebbero e soffrirono l’esempio dei Fenici, dei Greci, dei Cartaginesi, degli Spagnuoli, delle nostre fiorenti Repubbliche marinare le popolazioni dell’Isola: però non lo seguirono.

Ma le stesse imprese straniere che hanno successivamente sfruttato i tesori naturali della Sardegna han ridestato nei suoi abitanti iniziative industriali e commerciali.

Fu la provincia di Sassari agevole mercato di bestiame per la Francia: si offriva a prezzo mediocre un più mediocre genere. Oggi specialmente nel circondario di Ozieri si pratica su vasta scala un razionale allevamento di bovini e si offre un mercato di bestiame che può esser invidiato da ogni altra regione d’Italia, e che forma una delle più cospicue risorse economiche della Provincia. Ed anche lo sviluppo di questa industria ci rivela la eccezionale rapidità con la quale felicemente procede la evoluzione dell’allevamento.

I pascoli ubertosi sono stati in gran parte trasformati in prati falciativi; diminuite per il lamentato disboscamento le risorse naturali si è diffusa la cultura dell’erba medica; l’allevamento stallino in ricoveri razionalmente costruiti è pure diffuso.

Il fortunato elemento dell’industria del bestiame è stato ed è lo spirito di emulazione che anima gli allevatori, al quale si devono i felici tentativi di incrocio delle razze bovine ed il crescente successo delle Esposizioni zootecniche di Ozieri. Da oltre cinquant’anni si esperimenta l’incrocio del tradizionale bovino sardo con i prodotti della razza Schwitz e si è ormai prossimi ad una nuova forte razza regionale. Al sempre più razionale allevamento concorre il Ministero d’Agricoltura con frequenti concorsi a premio.

Ozieri che dal 1896 ha una domenicale fiera di bestiame prepara ogni anno una esposizione zootecnica alla quale accorre il migliore bestiame della Provincia. Poche cifre ci dicono del progressivo trionfale successo di simili mostre: nel 1901 furono esposti 260 capi di bestiame; nel 1905 i capi esposti salirono a 680; nel 1910 e nel 1911 a circa 1300. Il bue sardo dello scorso secolo pesava 140 chili: oggi si allevano buoi del peso di cinque quintali.

Anche l’allevamento del cavallo segue felicemente nella Provincia la evoluzione del suolo.

È noto lo sviluppo crescente quanto la recente trasformazione della industria casearia, la quale rende alla provincia di Sassari parecchi milioni: la resa di latte della pecora sarda è altissima in confronto della frugalità e della resistenza di essa. Ma lo sviluppo crescente della industria casearia è purtroppo un ostacolo non indifferente alla evoluzione agricola della regione: chè si costringono intere popolazioni a cristallizzarsi nella pastorizia con tutte le barbarie che l’accompagnano[1].

Già di sua iniziativa il popolo sardo aveva reso razionale la produzione dei latticini, prima che industriali continentali tentassero qui la speculazione dei caseifici moderni nel circondario di Ozieri si è pure felicemente tentata l’imitazione di formaggi svizzeri. Auguriamo tuttavia all’Isola che avvenga rapido e completo il passaggio dalla pastorizia ch’è vantaggio di pochi e danno della collettività alla agricoltura razionale, nella quale è riposta la somma fortuna del territorio e della popolazione.

[1] CAMBONI L. La delinquenza della Sardegna 1902. Sassari. Tip. G. Gallizzi

Ozieri - Fiera del bestiame
Fiera del bestiame
cavallo provincia di Sassari

La pesca e l’industria del tonno è pure qui notevolmente rappresentata: la tonnara Saline di Portotorres vanta un’annua produzione di circa duemila quintali. Da Portotorres si esporta anche pesce fresco di qualità fina ed in grande quantità, diretto specialmente ai mercati di Sassari, Roma ed altre città continentali.

Nella Nurra fiorisce l’industria mineraria, esercitata nelle miniere dell’Argentiera e di Canaglia, ricche di ferro.

La maggior ricchezza della Gallura è rappresentata dalla industria del sughero, della quale Tempio è il più notevole centro. Il prodotto della «quercus suber» gallurese è assai apprezzato dovunque e l’esportazione n’è assai ingente, fors’anche troppo ingente in quanto che toglie alla industria manifatturiera locale il meglio della produzione. E spesso rientra in Italia dall’Estero ed è messo in commercio ad alto prezzo il sughero esportato grezzo e comperato qui a prezzo modesto![1]

[1] Si diffonde ora la notizia dell’avvenuta costituzione di una grande società italiana per l’industria del sughero; la società avrà sede in Tempio. Formuliamo l’augurio che sia prossimo l’impianto di una scuola di Stato per la lavorazione del sughero nella città che n’è il maggior centro di produzione. La Sardegna produce trentamila quintali di sughero all’anno!

Donne galluresi che trasportano sughero

Fra le industrie minori meritano di esser segnalate quelle del corallo ad Alghero; delle concerie, delle paste alimentari e del legno a Sassari;[1] del burro ad Ozieri; dell’apicultura e del carbone in Gallura; della teleria a Bonorva. Ricordiamo in ultimo l’orbace, apprezzatissimo tessuto di lana indigena.

venditrici di orbace

È assai attivo il commercio degli olii e degli agrumi del Logudoro; del pomodoro e dei vini di Alghero; e della fauna del Capo di sopra, la quale vanta grande abbondanza di uccelli, cinghiali, daini, cervi, martore: e rari esemplari di muflone, capra selvatica e gatto selvatico, quest’ultimo preziosissimo per la pelle.

Sassari che soltanto nel 1880 fu congiunta a Cagliari dalla ferrovia è oggi notevole centro commerciale, per le vie ordinarie che ne percorrono la provincia e per le vie marittime che fanno capo ai porti di essa. Le comunicazioni interne sono in continuo progresso: or ora è stata compiuta la strada nazionale che va da Ponte Liscia a Porto Pozzo, la quale ha riavvicinato Santa Teresa di Gallura all’isola della Maddalena. A facilitare la navigazione commerciale si sta provvedendo con la costruzione di molteplici fari lungo le coste settentrionali della Sardegna[2].

La esportazione dei prodotti della provincia di Sassari ha raggiunto una notevole intensità: il movimento dei suoi porti maggiori aumenta di anno in anno[3]. La sistemazione dei porti di Terranova e di Portotorres è divenuta questione di vitale importanza, la quale esige pronta e definitiva soluzione. Gli scambi commerciali dell’Isola con il Continente, già frequenti di quotidiane relazioni, metteranno quando saranno più facilitati e protetti in pieno valore le fortune naturali ed industriali della Provincia.

Un’altra lacuna lamentata si va colmando: quella rappresentata dalla deficienza degli Istituti di credito. Oltre alle Istituzioni ricordate, aventi a scopo il credito agrario, e ad altre minori, segnaliamo la fiorente Società Bancaria Sarda la quale pur contando pochi anni di vita ha raggiunto un bilancio superiore ai sei milioni.

[1] I corani di Sassari sono stimati fra i primi del mondo. I principali industriali della conceria e della mobilia in legno Salvatore Dau e Pasquale Clemente han conseguito la Croce al merito del lavoro.

[2] Nel 1911 furon costruiti i fari di Punta Filetto (nell’isola Santa Maria, alle Bocche di Bonifacio) e di Punta Sardegna (nell’estuario della Maddalena) i quali permettono la navigazione notturna per il Canale di Santa Maria. Pure nel 1911 fu costruito il faro sulla secca della Reale (ancoraggio dell’Asinara). E in costruzione un faro sul Capo d’orso.

[3] Movimento dei principali porti nel 1910 (navigazione ed esportazione):

 Igiene ed istruzione. Delinquenza.

 Tacito, nel libro secondo degli Annali, narra che nell’anno 19 dopo Cristo il Senato trattò di cacciar via le religioni degli Egizii e de’ Giudei. E decretarono i Padri che quattromila liberti di tali sette, di buona età, si portassero in Sardigna…: se fossero morti in quell’aria pessima poco danno!!»

L’aria pessima ricordata da Tacito ha dominato per lunghi secoli l’Isola: essa ne ha indebolito a tal segno le generazioni che qualche antropologo ha parlato senz’altro di razza inferiore» e qualche altro ha riscontrato nel cranio sardo il numero di degenerazioni che non si trovano in una serie di cranii di qualunque regione[1] e giù di seguito! Sarebbe però interessante che si indagassero a fondo le conseguenze che nell’ordine antropologico e nell’ordine economico hanno portato le condizioni di perpetua e diffusa malaria, alle quali son sopratutto dovuti pauperismo e mortalità, degenerazione fisica e degenerazione morale che hanno afflitto e caratterizzato la razza maledetta»[2].

La trista piaga malarica ha da secoli funestato la provincia di Sassari: da lustri n’è stata avvertita tutta la gravità: da pochi anni soltanto si è iniziata una lotta attiva ed assidua la quale ha dato risultati diretti ed indiretti superiori ad ogni più ardita speranza ed ha dimostrato quanto sia sacro il dovere di persistere nell’opera di rinnovamento igienico della regione, indispensabile – come abbiam detto – allo sviluppo economico ed etico di essa.

Chi tentò di perpetuare quindici anni fa la leggenda della razza maledetta dichiarandone la non adattabilità e l’impossibilità di progredire, di evolversi (1) ritorni nell’Isola a constatarne la evoluzione, ad ammirarne il progresso, a controllar le notizie che qui ne esponiamo.

Per quanto riguarda la lotta contro la malaria le notizie non potrebbero esser più soddisfacenti: i risultati sono miracolosi.

Nel quinquennio 1887-1891 la mortalità per febbre da malaria e cachessia palustre era, nella provincia di Sassari, in proporzione del 22,1 per diecimila: nel quinquennio 1905-1909 la mortalità in tal proporzione si ridusse a 6,8[3].

[3] Il Camboni (op. cit.) riporta il seguente specchietto per la Provincia stessa:

                                anno            Morti per malaria (per 10.000)

1903              14.4

1904              13.2

1905              10.9

1906                6.4

Parallelamente la mortalità generale della Provincia ch’era nel periodo 1872-1875 del 31, 8 per mille è stata, nel periodo 1860-1910, del 19,2. I tristi effetti della malaria e del pauperismo permangono tuttavia nello sviluppo fisico delle nuove generazioni, le quali presentano uno scarso contingente di giovani abili al servizio militare.

Abbiamo accennato al rinnovamento edilizio ed igienico dei centri abitati: è doveroso ricordare specialmente la costruzione di acquedotti, della quale città e paesi hanno compresa tutta la necessità. Nella provincia di Sassari – ricca di sane acque potabili – i primi aggruppamenti di case si son formati presso sorgenti di pure acque: le case stesse però sono state costruite più in alto, a monte, delle sorgenti; sì che la zona abitata ha progressivamente inquinato le acque. Nei secoli scorsi sono state pertanto assai frequenti le epidemie originate dall’uso di acque malsane. Oggi tuttavia pochissimi sono i paesi che non abbiano provveduto a trasportare per lunghi acquedotti le più pure acque potabili dalle sorgenti montane.

Nel febbraio del 1899 il latitante Solinas proibì agli abitanti di Sarule di mandare i ragazzi alla scuola e la scuola fu chiusa!

Ma lo stesso anno 1899 fu quello che vide la fine del classico brigantaggio sardo.

E da quell’anno si instaurò nella provincia di Sassari la lotta contro l’analfabetismo. La Sardegna ha perduto fra le regioni d’Italia il triste primato dell’ignoranza: la provincia di Sassari aveva nel 1870 il 70,01 per cento di analfabeti; nel 1894 il 63,5 per cento; nel 1901 il 68,7 per cento.

Sono purtroppo cifre ancora alte queste: ma non sono le più alte fra quelle offerte dalle regioni italiane[4].

Così la Provincia in parola ha una media di sposi analfabeti notevolmente minore di quella nazionale[5].

Se i risultati assoluti non sono qui ancora del tutto soddisfacenti, i risultati relativi alle condizioni del prossimo passato garantiscono di un felice avvenire della scuola.

É confortante l’entusiasmo col quale nelle campagne si chiedono e si frequentano le scuole primarie: in Gallura il solo Comune di Tempio mantiene, col concorso dello Stato, venti scuole rurali.

Qui come in altre parti d’Italia l’edilizia scolastica era in assai deplorevoli condizioni. Alle malsane stamberghe prive di aria e di luce si vanno universalmente sostituendo igienici e razionali edifici scolastici, specialmente dopo la promulgazione della legge del 4 giugno 1911. Tuttavia la provincia di Sassari vanta parecchi Comuni i quali non hanno atteso quella legge ed i suoi favori per provvedere le loro scuole di locali igienicamente e pedagogicamente moderni. Citiamo a titolo d’onore i Comuni di Alghero, Ittiri, Nulvi, Oschiri, Osilo, Ozieri e Villanova.

Sono ancora poco diffuse e poco sviluppate le istituzioni pre-scolastiche: fra i pochi asili d’infanzia meritano menzione quelli di Alghero, Ittiri, Sassari e Tempio.

Provvedono alla distribuzione di libri, ed indumenti ai fanciulli poveri numerosi Patronati scolastici, i quali però non hanno raggiunto ancora pel disinteressamento dei più lo sviluppo che meriterebbero.

Di ricreatorii non si parla ancora: un nobile tentativo del genere fu esperimentato, nel 1904, in Alghero dal Direttore-didattico Andrea Marcialis.

Già si nota nella provincia di Sassari un grande frutto di educazione civile se nelle ultime elezioni generali essa dette un contributo di votanti superiore a quello medio della Nazione![6]

Qua e là, discorrendo delle opere nuove e dei nuovi giorni della provincia di Sassari, abbiamo indirettamente parlato di gravi e varie manifestazioni della criminalità sarda, limitate od eliminate dalle rinnovate condizioni sociali. La bonifica rurale e lo sviluppo della agricoltura hanno preparato generazioni più forti non soltanto fisicamente ma sopra tutto moralmente: là dove ormai arbor non v’ha, non fico, vite, oliva, che l’abil mano del cultor non mostri[7], là non è più possibile la grassazione tradizionale, come non è più possibile il classico brigantaggio in regioni frequenti di comunicazioni commerciali, per crescente sviluppo della rete stradale e per rapidi mezzi di trasporto.

Un pubblico servizio di vetture automobili trasporta oggi i viaggiatori da Terranova per Orosei fino a Nuoro (quanto sembra lontana la zona delinquente per antonomasia!); un altro servizio simile congiunge – a traverso l’Anglona e la Gallura – Sassari a Tempio, al Palau prospiciente l’isola de La Maddalena.

S’è scritto molto a proposito ed anche a sproposito di delinquenza sarda: se n’è ricercata ed analizzata la natura dei fattori principali. Taluno ha dato importanza soverchia ai fattori antropologici e fisici gli osservatori più coscienziosi e più saggi hanno però constatato e dimostrato che tutte le forme tradizionali della delinquenza della provincia di Sassari hanno avuto ed hanno la loro origine prima e somma nelle condizioni sociali della regione. Sulla genesi e sulla natura di tale criminalità non è necessario ripetere qui quanto è stato divulgato a sufficienza[8] e neppur è necessario confutar l’opinione appassionata più che ponderata di qualche Sardo cui parve evidente l’influenza del contagio continentale nelle più terribili forme della criminalità isolana![9]

A dimostrare quale importanza ebbero i fattori sociali nella delinquenza tradizionale della provincia già ricordata di Sassari sarà sufficiente indagare se e quali effetti abbiano sulla delinquenza stessa prodotto i rinnovamenti sociali che abbiamo ricordato. Non è facile nè rapida la metamorfosi dei fattori antropologici e fisici della criminalità: se questa ha subito in pochi anni una benefica evoluzione deve necessariamente ricercarsene la causa nella metamorfosi dei fattori sociali i quali per la loro natura sono suscettibili di rapida se non di facile evoluzione.

Proclamarono, è vero, immodificabile la delinquenza della Provincia in parola: ma già da tempo Napoleone Colaianni rilevò la grande diminuzione dell’omicidio ivi avvenuta nell’ultimo trentennio del secolo scorso ed all’inizio del presente secolo.

La provincia di Sassari occupava nel periodo 1879-1883 il secondo posto nella scala dell’attività omicida delle provincie italiane: nel periodo 1899-1903 (venti anni dopo!) è scesa all’ottavo posto[10].

[10] Riportiamo gli indici degli omicidii e delle rapine avvenute durante gli anni 1863, 1883 e 1903 nella provincia di Sassari (per 10.000):

                       Omicidi             Rapine

1863                3.9                      2.3

1883                2.7                      1.2

1903                0.6                      0.00

Divengono sempre più rari qui i reati di violenza contro le persone, rarissime le rapine, pressochè nulli i ricatti. Corrisponde invece un aumento di reati contro la proprietà al disagio economico là dove questo perdura più grave.

Non tutte purtroppo! sono scomparse le più originali forme di questa tradizionale delinquenza ma chiunque rivolga ad esse il suo studio dev’essere indotto a conclusioni ottimistiche rispetto all’avvenire prossimo dell’ambiente morale della Provincia. Un indice, più d’ogni altro, induce a sicuro ottimismo: qui si ha la minima percentuale della delinquenza minorile di poco superiore al qui dove è invece massima la deficenza di istituti che proteggano e preservino l’infanzia dall’abbandono e dal vagabondaggio.

La delinquenza femminile minima in confronto di quella maschile è nella sua media inferiore alla media generale del Regno. È doveroso e confortante dunque constatare una progressiva e costante evoluzione dei fattori antropologici della Provincia.

Per l’avvenire

All’inizio di questo secolo molti egregi stranieri conosciuta l’Italia nuova le hanno dedicato volumi entusiastici rilevando unanimi l’elemento più meraviglioso della sua fortuna presente, cioè la rapidità con la quale si è compiuta la evoluzione nazionale malgrado la gravitá degli ostacoli che vi si opponevano.

L’importanza della posizione acquistatasi dall’Italia appare chiara se si tiene conto delle vicende che essa doveva attraversare prima di giungere alla presente altezza[11].

L’ammirazione per l’Italia presente è accompagnata dalla fiducia per l’Italia avvenire: «Non è cosa savia essere pessimisti quando si tratta dell’Italia. Noi dobbiamo soltanto guardare a ciò che gli Italiani hanno compiuto, malgrado le loro difficoltà, per sentirci rassicurati intorno a ciò che porterà l’avvenire»[12].

Così han giudicato dell’Italia quanti ne conobbero luoghi ed uomini, ne studiarono lo sviluppo sociale rapido e recente, ne sentirono pienamente ogni sana energia.

D’ammirazione e di fiducia appunto è degna l’isola dei Sardi, la regione d’Italia meno conosciuta, meno studiata, meno sentita. Se la Nazione intera ha dovuto superar tristi vicende prima di giungere all’altezza presente che rassicura pienamente per l’avvenire, e se la Nazione intera ha vinto finalmente l’ostilità e la noncuranza degli stranieri onesti che ne ignoravano la vita nuova, è dovere finalmente per ogni Italiano la conoscenza di quanto ha fatto la Sardegna negli anni più recenti, dell’altezza alla quale essa è pervenuta, dell’avvenire di cui si mostra degna e pronta.

L’Isola chiede ormai più affetto che soccorso di soccorso l’ha doverosamente provveduta lo Stato; di affetto debbono cordialmente animarla gli Italiani.

Come l’Italia dagli stranieri, così l’Isola dagli Italiani vuol essere conosciuta per essere amata. Allora quando sarà amata quanto merita allora la Sardegna avrà fiducia piena in sè stessa allora la laboriosità dei suoi figli moltiplicherà la sua energia. Scompariranno insieme l’inerzia tradizionale ed il fenomeno della emigrazione di una già tanto scarsa popolazione.

La terra ha qui ricchezze abbondanti per ogni gente quando esse saranno poste in pieno valore potremo ripetere ai Sardi l’ammonimento di Aristide Gabelli: Ora è moda di andare a cercare fortuna in America. Spero che a voi non passerà mai per la mente una cosa simile. Voi, la vostra America, l’avete qui».

[1] NICEFORO A. La delinquenza in Sardegna 1897. Palermo.

[2] A. Celli rilevò il rapporto che corre fra pauperismo morbilità e mortalità.

[3] Vedi nel testo

[4] La Sardegna è meno analfabeta della Sicilia, della Calabria, della Basilicata, delle Puglie, degli Abruzzi e del Molise.

[5] Nel 1905 la provincia di Sassari dette il 36 per cento di sposi analfabeti: l’Italia in tale anno ne dette la media di 39.4 per cento.

[6] Nelle elezioni politiche generali del 1909 il concorso degli elettori alle urne fu per il Regno del 65 per cento: la provincia di Sassari dette il 68 per cento di elettori votanti.

[7] OMERO. Odissea, XXIV.

[8] Nella recente opera di L. Camboni è esaurientemente studiata la delinquenza della provincia di Sassari, nei suoi fattori e nelle sue manifestazioni. Dall’opera stessa riportiamo le cifre che seguono.

[9] E. CASTIGLIA, Undici mesi nella zona delinquente. Sassari, Dessì, 1899.

ORANO, Il popolo Sardo (nel II volume del magnifico Libro d’oro degli Italiani all’estero diretto da Ubaldo A. Moriconi).

[10] vedi sopra, nel testo.

[11] Arnaldo Blankenfeld

[12] Wihtehouse (Form. IV-1901). Vol. CLXI, Serie V1 Ottobre 1912.

LA SARDEGNA D’OGGI

IL CAPO DI SOTTO

di

Ugo E. Imperatori

1914

in

«Nuova antologia di lettere, scienze ed arti» ⇒

Marzo – Aprile 1914 – Vol. CLXX, Raccolta CCLIV

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