Per gentile concessione dell’Autore e della Casa editrice Taphros, Gallura Tour è lieta di pubblicare una bella selezione di estratti, rinviando i lettori ad approfondire la lettura sull’originale QUI.
INDICE
Capitolo I – Corso Umberto I. Passeggiata lungo la storia ⇒
Capitolo II – La collana di Funtana Noa. Un gioiello dell’antichità ⇒
Capitolo III – La basilica minore di San Simplicio. Storie di Giudici e di Martiri ⇒
Capitolo IV – Il castello di Pedres. Viaggio nel Medioevo ⇒
Capitolo VII – Tavolara. Miti e realtà dell’isola di Mercurio ⇒
Capitolo I – Corso Umberto I. Passeggiata lungo la storia
Attraversare Corso Umberto I e i suoi dintorni, a Olbia, è un po’ come fare una passeggiata lungo la storia. I luoghi fisici e i nomi delle strade riportano alla memoria gli oltre duemila anni di vita della città: non si vede solo l’esistente, ma viene alla luce anche ciò che da tempo immemore è scomparso. […]
Si inizia dal porto, strettamente connesso alla vita sociale ed economica della città: per lungo tempo si è pensato che l’antico porto di Olbia occupasse l’ansa nord del Golfo Interno, presso una località tuttora chiamata Porto Romano. Successivi studi, confermati dal sorprendente ritrovamento delle navi avvenuto in occasione della costruzione del tunnel nell’area portuale, non solo hanno risolto l’enigma relativo alla sua ubicazione, ma hanno consentito di ricostruirne le vicende nel corso dei secoli: importanza strategica in epoca romana, attacco dei Vandali, ricostruzione in epoca giudicale e pisana, incursioni piratesche e rinascita. […]
Il Museo archeologico, che sorge sull’isola di Peddone, ospita reperti che partono dal periodo prenuragico e attraversano i millenni: notevoli le navi romane ritrovate proprio davanti alla struttura tra il 1999 e il 2001, la testa di Ercole dell’isola Bocca e il frammento del planetario di Archimede. […]
Opposta al museo Villa Tamponi, realizzata su due piani in stile neoclassico e immersa in un incantevole parco, che nella seconda metà dell’Ottocento ospitò il padre dell’archeologia olbiese, Pietro Tamponi: uomo dall’immensa cultura, poliglotta, era in contatto con intellettuali di tutto il continente europeo. […]
Il nome di Elena di Gallura appare nella vicina piazza a lei dedicata, rimandando la memoria storica al periodo giudicale. Meno nota di Adelasia di Torres ed Eleonora d’Arborea, salì sul trono del giudicato di Gallura giovanissima, all’inizio del Duecento, e fu la prima donna a ricoprire tale ruolo. Contesa da diversi pretendenti, interessati a mettere le mani sul piccolo regno, andò in sposa al pisano Lamberto Visconti, scatenando l’ira del Pontefice, interessato al controllo del piccolo regno. […]
Il Municipio, ospitato in una splendida villa costruita negli anni Trenta dall’architetto Cipelli per conto di Giosuè Colonna, situato nel tratto iniziale del Corso, ci riporta alle tragiche vicende della Seconda Guerra Mondiale e ai bombardamenti del 1943, mentre lo spazio antistante rimanda al periodo della Roma Imperiale: il foro, le attività commerciali e i templi pagani, che nel corso del tempo si modificarono diverse volte fino a trasformarsi nelle chiese dedicate a Sant’Antonio Abate e Santa Maria del Mare, scomparse nell’Ottocento. […]
Dopo aver superato virtualmente le mura puniche, che circondavano gli oltre 20 ettari della città punica, costruite nel secolo IV a.C., i cui resti più imponenti possono essere ammirati presso via Torino, si presenta agli occhi del visitatore l’ex edificio scolastico. Nel 1911, in occasione della sua costruzione, vennero alla luce importanti reperti archeologici del periodo imperiale, epoca che riporta alla memoria le vicende di Atte, liberta che stregò l’imperatore Nerone e che visse a Olbia attorno al 65 d.C. Di probabile origine asiatica, godeva dei favori di Seneca ed era sgradita a Tacito, e rimase accanto all’imperatore fino alla morte di questi, avvenuta nel 68 d.C. […]
Un passaggio presso l’ottocentesca biblioteca Simpliciana, sorta sui resti delle terme frequentate dagli olbiesi vissuti poco meno di duemila anni fa, e nell’adiacente piazzetta intitolata a Dionigi Panedda, studioso che tanto ha fatto per la conoscenza della storia della città e del territorio, e ci si inerpica lungo quel dolce rilievo sul quale sorge la chiesa di San Paolo. […]
Ubicata in una traversa di Corso Umberto I, risale al 1747, come ricorda l’iscrizione posta su uno degli archi della navata, e a partire dal 1939 subì sostanziali modifiche che la portarono alla configurazione attuale. Venne eretta su un precedente edificio sacro, anch’esso dedicato a San Paolo, di cui non rimangono resti ma solo documenti che ne attestano l’esistenza almeno a partire dal secolo XV. La chiesa conserva registri parrocchiali risalenti al 1663. […] L’adiacente chiesa di Santa Croce, ricostruita negli anni Novanta, prima scuola elementare di Olbia, vide tra i suoi insegnanti Mastru Ziccu, al secolo Francesco Derosas (De Rosa), che fu scrittore, poeta, pubblicista, studioso di tradizioni popolari e folklore, appassionato di storia e archeologia. […]
L’area di San Paolo costituiva l’acropoli della città, con il tempio dedicato ad Ercole posto proprio sulla sommità del leggero rilievo che sovrasta il centro storico. Via Cagliari, sulla quale si affaccia la chiesa di San Paolo, secondo recenti teorie costituiva, con via Amsicora, posta sul lato opposto di Corso Umberto I, il cardo maximum della città, cioè l’asse viario nord-sud tipico delle città romane, identificato in precedenza lungo via Regina Elena e via Porto Romano. […]
La zona alta di Corso Umberto I, con le sue vie disposte a pianta regolare, è quella parte di Olbia che è stata abitata, senza soluzione di continuità, negli ultimi 2.700 anni, fin dalla nascita della città. Quest’area molti secoli dopo divenne la Terranova fortificata, con i suoi Signori, Baroni, Marchesi e le sue epigrafi settecentesche tutt’ora visibili. […]
Nella seconda metà dell’Ottocento, con lo sviluppo dei commerci e dei trasporti, il borgo iniziò lentamente a espandersi. E lo fece verso e oltre l’elegante piazza Regina Margherita, che gli olbiesi chiamano semplicemente “piazza”, forse perché a lungo fu l’unica che potesse definirsi tale. Nota un tempo come Su Balchile, la vasca, forse per la presenza delle cisterne puniche visibili fino a pochi anni fa, oggi nascoste sotto la pavimentazione della piazza, ebbe in passato il nome alquanto lugubre di S’impiccadolzu, in quanto luogo d’esecuzione delle condanne capitali. […]
Tra piazza Regina Margherita e l’ansa sud si trova via Regina Elena. Come dimostrato dai risultati degli scavi eseguiti nel 2007 in occasione dei lavori per la ripavimentazione della strada, quest’area fu abitata in epoca punica e romana. Vennero ritrovati i resti di alcune strutture, per una lunghezza totale di circa 30 metri, la cui destinazione d’uso variò nel corso del tempo. […]
Non distante, in via De Filippi, si trova Villa Clorinda, realizzata nel 1920 da Bruno Cipelli su commissione di Antonio Colonna, fratello di Giosuè. Edificio in stile Liberty a due piani, ai quali in seguito ne è stato aggiunto un terzo, presenta un ingresso caratterizzato da un prònao a quattro colonne, provvisto di una gradinata ai cui lati sono state poste le sculture di due leoni. Ricca di elementi gotici, Villa Clorinda presenta una torre merlata che si innalza sull’edificio stesso. […]
A nord di Corso Umberto I, verso via Nanni, la memoria riporta al periodo romano, con le tracce del tratto finale dell’acquedotto, di un altro impianto termale, di una necropoli del secolo V d.C. […] Più recentemente, l’area ospitò l’idroscalo. […]
Nella parte finale di Corso Umberto I la vecchia stazione ferroviaria, alla quale si accede passando per una stretta via dedicata a Giacomo Pala, l’Onorevole Terranova. Originario di Luras, avvocato e parlamentare, il suo nome è indissolubilmente legato a una vicenda che è strettamente connessa con la storia sociale ed economica della città: il ritorno del piroscafo di linea a Olbia nel 1920, con la città unita in una battaglia che vide momenti di grande tensione sociale. […]
La più importante arteria cittadina termina presso la ferrovia. Da qui, si accede alle aree un tempo occupate dalle necropoli puniche e romane. […]
Capitolo II – La collana di Funtana Noa. Un gioiello dell’antichità
La tomba 24 della necropoli punica di Funtana Noa venne scoperta durante la campagna scavi dell’estate 1937. Si trovava, così come la maggior parte delle tombe presenti in quell’area sepolcrale, più o meno all’altezza delle attuali via Umbria, via Marche, via Barcellona e via Lombardia. […]
Databile attorno al 300 a.C., la tomba 24 era del tipo a pozzo, con una cella rettangolare, chiusa mediante tre grandi anfore. Date le ridotte dimensioni, era appena sufficiente a contenere un solo corpo. Vi era stata sepolta una donna, probabilmente avvolta in un sudario e adagiata in una cassa di legno, come lasciò supporre il ritrovamento di cinque chiodi e di alcuni frammenti lignei. Vennero rinvenuti resti delle costole e delle ossa del torace. […]
Il corredo funebre era composto da diversi oggetti. […] Tornò alla luce un pregiato specchio bronzeo a disco, da una parte levigato e dall’altra decorato con motivi concentrici incisi, che presentava una decorazione in rilievo a testa femminile nella parte superiore del manico. […]
L’oggetto che però attirò da subito l’attenzione del professore Doro Levi, responsabile degli scavi, e dei suoi collaboratori, fu un gioiello di notevoli dimensioni che la defunta portava al collo al momento dell’inumazione.
Era una magnifica collana in pasta vitrea composta da diciotto elementi, tra i quali quattro testine maschili, un volto femminile, una testa di agnello, diversi cilindri, alcune sfere decorate, un gallo e un occhio colorato.
Si trattava probabilmente di un amuleto che aveva funzione apotropaica, cioè difendere l’anima della defunta dagli spiriti maligni. Tra i vari elementi, però, l’occhio colorato (un occhio di Horus) non è presente nella collana che si può attualmente osservare presso il Museo archeologico di Cagliari. Rimane un mistero dove sia finito. […]
Un’oscura vicenda è legata a quest’oggetto. La collana stava per finire nelle mani di Hermann Göring, in visita in Sardegna, e volare in Germania. Quando il Soprintendente alle Opere d’antichità e d’arte della Sardegna Doro Levi venne a conoscenza di quanto stava accadendo, si oppose con tutte le forze a tale scempio. Riuscì a impedirlo, evitando che la collana emigrasse verso il Terzo Reich con un biglietto di sola andata. Ma, essendo ebreo, e con le leggi razziali appena promulgate, con tale atto Levi firmò la sua condanna, e nel mese di dicembre, onde evitare più gravi problemi, si trasferì negli Stati Uniti. Correva l’anno 1938. Poté rientrare in Italia solo dopo la guerra che di lì a poco avrebbe sconvolto le vite di milioni di persone. […]
Capitolo III – La basilica minore di San Simplicio. Storie di Giudici e di Martiri
La visita alla basilica minore di San Simplicio, gioiello romanico del nord-est della Sardegna, non può prescindere da una panoramica sull’area nella quale è ubicata. In questo luogo si respira la Storia: le evidenze archeologiche e le fonti scritte ci raccontano di un luogo frequentato nel corso dei secoli da diverse civiltà, con un’umanità che parlava diverse lingue e adorava diversi dei. Ed è forse questo percorso, lungo circa 2.700 anni, che ha portato all’Olbia multiculturale e multietnica dei nostri giorni.
Il viaggio alla scoperta di questo luogo non può non partire da una veduta della piazza, l’ultima realizzazione umana in ordine cronologico. Dopo un passaggio nella parte più antica, quel museo necropoli che da solo racchiude oltre 1.500 anni di storia, si risale la scalinata avvicinandosi lentamente all’edificio sacro dedicato al patrono della Gallura, e si ripercorre il contesto storico e religioso che ha visto protagonista questo luogo, arrivando fino ai giorni nostri. Una volta giunti in prossimità della Basilica, si può godere appieno della bellezza semplice, ma imponente allo stesso tempo, di quest’opera d’arte, che rappresenta un punto di riferimento per tutti gli olbiesi, qualunque sia il loro credo. […]
Sotto la Basilica e la sua piazza vi sono oltre 450 tombe e numerose strutture murarie, a testimonianza dell’utilizzo dell’area da parte di diverse civiltà, dall’epoca fenicia a quella giudicale. Sono stati rinvenuti numerosi materiali: ceramiche, monete, gioielli e vetri. È stata attestata, inoltre, la presenza di due pozzi di età greca, di un forno per la calce di età medievale e di un tempio di età romana dedicato a Cerere, dea connessa alla crescita delle piante e dei cereali e identificata con la dea greca Demetra. […]
San Simplicio è il patrono di Olbia e della Gallura. Nel martirologio romano, al 15 maggio, si legge di Simplicio, “vescovo e martire in Fausiana”. A causa del suo rifiuto di abbandonare la propria fede, nel 304, durante le persecuzioni di Diocleziano, venne gravemente ferito con un colpo di lancia dal preside Barbaro. Simplicio morì dopo tre giorni di agonia, e i cristiani lo seppellirono con tutte le onoranze funebri. […]
L’inizio dei lavori per la costruzione dell’edificio sacro più importante della Gallura si colloca alla fine del secolo XI. Nel 1117 i lavori erano molto probabilmente terminati. Risale a tale data, infatti, un documento che il giudice Ittoccorre de Gunale volle qui redigere. Si trattava di un atto di donazione nel quale il giudice, alla presenza del vescovo Villano, cedeva i diritti su alcune chiese galluresi e relative pertinenze all’Opera di Santa Maria di Pisa. Tra queste, Santa Maria di Larathanos (Santa Mariedda). […]
La chiesa fu soggetta ad alterne vicende, fino a perdere, nel 1839, il titolo di cattedrale. Al suo interno, tra le altre cose, vennero stipulate paci tra famiglie in lotta. […] Fu solo Pietro Tamponi, sul finire dell’Ottocento, a tentare di ridare dignità al luogo di culto, installandovi una raccolta epigrafica. Nonostante un restauro curato da Dionigi Scano, San Simplicio venne successivamente utilizzata anche come lazzaretto e ricovero per soldati. […]
La rinascita avvenne solo a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, fino al conferimento, nel 1993, del titolo di Basilica minore da parte di papa Giovanni Paolo II. […]
Capitolo IV – Il castello di Pedres. Viaggio nel Medioevo
La fortezza di Pedres venne costruita nel secolo XIII, con molta probabilità su un insediamento precedente. All’epoca, la Gallura costituiva un regno indipendente, anche se il titolo di Giudice era ormai saldamente nelle mani di una famiglia pisana: i Visconti. […]
Il castello venne realizzato su una conca granitica che dominava, da sud, la piana di Olbia, e si trovava, in linea d’aria, a non molta distanza dai monti che segnavano il confine con il giudicato di Torres. Situato a 90 metri di altezza, venne costruito probabilmente da maestranze e progettisti toscani, e comprende mastio, cisterne, cortili e mura difensive. […]
Non distante dal castello vi era un villaggio, Villa Petresa. Si trovava presso la parte meridionale di Su Monte ’e s’Abe, non lontano dalla tomba di giganti. Nei tafoni presenti sul colle sono state rinvenute schegge di ossidiana, che fanno presupporre una frequentazione del sito almeno fin dal periodo nuragico. Poche centinaia di metri a nord del castello si trova il nuraghe Casteddu, e diversi sono stati i ritrovamenti di materiale punico, romano e alto-medievale. […]
La più antica documentazione storica sul castello e sulle vicende ad esso legate risale alla fine del secolo XIII, quando il castello passò sotto il diretto controllo del Comune di Pisa, alla morte del giudice di Gallura Nino Visconti: amico di Dante Alighieri, venne da questi citato nell’ottavo canto del Purgatorio. […]
Sono noti i nomi di diversi castellani che si alternarono nei primi decenni del dominio catalano-aragonese: Bort de Congues, Pere Martì de San Martì, Raimondo de Ampurias, Garcia de Urries, Miguel Martinez d’Arbe, Johan Català, Matheu Çalom. […] Alcuni documenti confermano che nel castello venivano talvolta incarcerate delle persone. […] Tra alterne vicende, in un periodo di grande confusione e instabilità, durante le guerre tra Arborea e Aragona il castello cambiò proprietario varie volte, fino a quando, nel 1420, l’intera Sardegna finì saldamente nelle mani degli Iberici: fu allora che Pedres perse definitivamente la sua importanza strategica. […]
Capitolo V – Nuraghi e dintorni. La portatrice d’acqua, il nuraghe Riu Mulinu, la tomba di giganti di Su Monte ’e s’Abe e il pozzo sacro Sa Testa
Nel Museo archeologico di Cagliari, tra gli innumerevoli bronzetti del periodo nuragico, risalenti a circa tremila anni fa, è possibile osservarne uno molto particolare: la portatrice d’acqua, o idrofora, di Olbia. […] La portatrice d’acqua, che colpisce per la sua plasticità, il suo seno pronunciato e i suoi occhi profondi, venne ritrovata all’interno del nuraghe Riu Mulinu, in località Cabu Abbas, su una delle cime che dominano la piana di Olbia. Il panorama che si può godere da quassù, Punta Casteddu, presso il Monte Colbu, a poco più di 200 metri sul livello del mare, è semplicemente superbo. Come osservò Dionigi Panedda ne L’Agro di Olbia nel periodo preistorico, punico e romano, “la posizione impervia e appartata ha salvato questo importante monumento da quel vandalismo che ha fatto scomparire quasi del tutto gli altri numerosi nuraghi della Conca Olbiana”. […] Risalente a un periodo valutabile attorno al secolo XIV a.C., il nuraghe monotorre presenta dimensioni ridotte, con un diametro medio che si aggira sui 2,5 metri. Cintato da altre strutture murarie nella parte settentrionale, un ampio spazio lo separa dalla poderosa muraglia esterna. Questa si sviluppa per oltre 200 metri e include alcune formazioni granitiche presenti sul rilievo. Il contrasto tra la torre di dimensioni ridotte e l’imponente antemurale fanno sì che il monumento costituisca un unicum tra i nuraghi di tutta l’Isola. […]
Nella parte opposta della piana, a poca distanza dal Castello di Pedres, è possibile visitare un altro imponente sito risalente al periodo nuragico. Immersa in un luogo incantevole, la tomba di giganti di Su Monte ’e s’Abe è una delle più grandi dell’Isola. Orientata lungo l’asse sud-sud-est e lunga poco meno di 30 metri, è costituita da una tomba a galleria (allèe couverte), realizzata attorno al secolo XIX a.C., e da un’esedra (semicerchio), risalente al secolo XV a.C. […]
Le tombe di giganti sono il frutto di una lunga evoluzione costruttiva, avviatasi con i menhir e successivamente proseguita con i dolmen, presenti in Sardegna in numero non indifferente a partire da 6.000 anni fa (Neolitico Recente). Il menhir è costituito da una grande pietra infitta nel terreno; il dolmen, invece, è costituito da due pietre verticali sulle quali poggia una grande lastra, e si tratta di uno dei primi tipi di sepolcro collettivo. Allineando diversi dolmen si ottenne qualcosa di più complesso, l’allèe couverte (corridoio coperto), presente nella parte finale del Neolitico e durante l’Età del Rame. L’aggiunta di un semicerchio, costituito normalmente da grandi pietre verticali, in epoca più tarda anche a filari, con una grande stele centinata provvista di portello nella parte inferiore, portò a ciò che oggi viene definito tomba di giganti. […]
I corpi dei defunti venivano calati dall’alto previa sollevamento di una delle lastre che coprivano il corridoio, e veniva praticata la cosiddetta deposizione primaria (ovvero i corpi non venivano scarnificati). […] Le offerte votive sono state generalmente ritrovate nello spazio antistante l’esedra. Qui, nel momento dell’addio a un membro della comunità, o nel corso di una commemorazione, venivano fatte delle offerte e consumati cibi. […]
Il pozzo sacro Sa Testa si trova lungo la strada litoranea che collega Olbia a Golfo Aranci, all’estremità di un declivio posto a meno di un chilometro dal mare: è un luogo che unisce storia e natura, dall’indubbio fascino. Un bel sentiero di accesso al monumento sacro permette di osservare diversi arbusti e piante locali. La sua posizione particolare, non distante dalla costa nord del Golfo Interno, fa supporre che il sito, oltre ad essere stato utilizzato da diverse comunità, fosse un luogo nel quale avvenissero in totale tranquillità e sicurezza gli scambi commerciali con i mercanti provenienti d’oltremare, garantiti dalla sacralità del posto. […]
Usato ininterrottamente fino all’età romana, il pozzo sacro Sa Testa è il più importante monumento di questo tipo in Gallura. Realizzato in scisto e granito, si compone di quattro elementi, per una lunghezza complessiva di poco inferiore ai 20 metri. Un ampio cortile circolare, la cosiddetta Sala del Consiglio, un piccolo vano (vestibolo), una scala di accesso e il pozzo vero e proprio. […]
Capitolo VI – Memorie dall’acqua. Storie di acquedotti, fattorie, fari, torri puniche, castelli bizantini e attività umane
L’acquedotto romano di Olbia alimentava gli impianti termali della città. Realizzato in almeno due fasi, l’ultima delle quali a cavallo tra i secoli II e III d.C., era lungo oltre 3 chilometri. L’acqua veniva prelevata dalle sorgenti di Cabu Abbas (dal latino caput aquae, origine dell’acqua) e, tramite una struttura ad archi che proseguiva in direzione del vecchio ospedale di Olbia, raggiungeva l’attuale via Nanni e gli impianti termali. […] In Sardegna, nel corso della seconda parte del secolo II d.C., diverse opere pubbliche vennero restaurate, modificate o costruite ex-novo: tra le altre, gli acquedotti di Cagliari, Fordongianus, Porto Torres. I lavori che interessarono l’acquedotto di Olbia rientrarono quindi in un piano infrastrutturale generale. E seppur non sia ancora stato chiarito se Olbia avesse il rango di Municipio (comunità legata a Roma avente un certo grado di autonomia), è indubbio che in città vivessero persone di agiata ed elevata condizione sociale. […]
Fuori dal centro abitato, lungo la strada provinciale per Loiri, superato il ponte sul fiume Loddone, che nel tratto finale cambia nome in Padrongianus, è possibile visitare i resti della fattoria romana di S’Imbalconadu. Edificata verso la metà del secolo II a.C., venne abbandonata poco meno di un secolo più tardi, probabilmente a causa di un evento traumatico, forse una depredazione: sono state trovate tracce di crollo e di incendio, databili alla prima metà del secolo I a.C. […] Il sito, che occupa una superficie di circa 1.000 mq, si compone di una ventina di ambienti e di tre parti ben distinte: una corte, un settore lavorativo e un’area abitativa. Dalla fattoria si gode di un’ottima vista sul Padrongianus, il principale corso d’acqua della piana di Olbia, il cui tratto finale venne modificato nel corso del tempo. […]
Presso la foce del fiume si incontra il faro dell’isola Bocca, entrato in funzione nel 1887 e abitato fino al 1991. Bianca sentinella dell’ingresso a uno dei più importanti porti passeggeri italiani, la struttura è composta da una torre quadrangolare che supera i venti metri di altezza, da un edificio a due piani, al cui interno vennero ospitati per circa un secolo i fanalisti e le loro famiglie, e da altre piccole costruzioni adibite a magazzini. […]
Non distante, tra l’Isola Bianca e la linea di costa settentrionale, si trova un isolotto, dominato da una sorta di cupola granitica. Il fondale non è molto alto, e in epoca romana era più basso di almeno un metro. Conosciuta anche con l’appellativo di Cocciani, l’isola Gabbia, in periodo imperiale, verso il secolo II d.C., venne utilizzata come cava di granito. Le tracce sono tuttora visibili, con fori, tagli e materiale di scarto sparsi un po’ ovunque. Il granito, di ottima qualità, veniva tagliato, estratto e trasformato in colonne, architravi e capitelli. […]
Chiunque giunga a Olbia, e con qualunque mezzo, non può fare a meno di notare, nel Golfo Interno, gruppi di boe galleggianti di diversi colori. Queste sorreggono dei filari costituiti da doppie funi ancorate al fondo, ai quali sono appesi verticalmente dei pergolati. Attorno a questi è possibile osservare quello che può essere considerato il più tipico prodotto del golfo, molto utilizzato in gastronomia: la cozza. […] I primi vivai vennero installati al termine della Grande Guerra; attualmente opera il Consorzio Molluschicoltori di Olbia, che nel 2017 ha ottenuto una concessione demaniale di 150 ettari valida fino al 2032. Il consorzio riunisce 18 cooperative che producono, oltre alle cozze, arselle, cannolicchi, tartufi di mare, ostriche e bocconi. […] La mitilicoltura è talmente radicata in città che una delle canzoni olbiesi più famose è senza ombra di dubbio S’indattaraiu (indattaru è il nome con cui in olbiese si indicano le cozze, e indattaraiu è colui che è impiegato nella mitilicoltura), scritta negli anni Settanta da Tony De Rosas. […]
A poco meno di venti chilometri di distanza, Porto Rotondo. Qui, qualche anno fa, il locale Consorzio finanziò uno scavo laddove si riteneva che vi fossero le rovine di un piccolo nuraghe: il luogo stesso, non a caso, veniva identificato come Punta Nuraghe. Ma gli scavi, condotti sul campo dall’archeologa Paola Mancini, portarono a una sorprendente scoperta: il presunto nuraghe era in realtà una torre di avvistamento di epoca punica. […] La torre, unico esempio di questo tipo su tutto il territorio regionale, venne realizzata con blocchi di granito. Di forma circolare, è adagiata su un meraviglioso lembo di terra che si affaccia sul golfo di Cugnana. Utilizzata a partire dalla fine del secolo IV a.C. senza soluzione di continuità fino ai primi anni dell’epoca imperiale, la torre probabilmente comunicava in linea ottica con un’altra situata a nord di Olbia. […]
Nell’area di Porto Rotondo che sono state rinvenute alcune tra le più antiche attestazioni della presenza umana nel territorio di Olbia. Si tratta di alcune ceramiche della cultura di Bonu Ighinu, riconducibili al Neolitico Medio, ritrovate in una zona ricca di tafoni, nota come Monte Maiori. Il nome rimanda a Villa Maior, un villaggio della regione, del quale rimane ignota l’esatta ubicazione; nel periodo giudicale faceva parte della curatoria di Fundimonte e venne probabilmente abbandonato nel secolo XIV. […] Dall’altra parte del golfo, immerso in un incantevole paesaggio, sorge San Pantaleo. Circondato da maestosi picchi granitici, il paese è nato poco più di un secolo fa attorno alla chiesa dedicata a San Pantaleo di Nicomedia. […]
Spostandosi verso l’interno della piana di Olbia, a più di duecento metri di altezza, in direzione di Telti, si incontra il castello di Sa Paulazza (La Padulaccia, in sardo gallurese). Deve il suo nome ad una vicina palude scomparsa non tantissimo tempo fa a seguito di alcune opere di bonifica. […] Secondo Marco Agostino Amucano, autore di importanti pubblicazioni sul sito, la costruzione risalirebbe al periodo successivo la conquista bizantina dell’Isola, avvenuta attorno al 533 d.C. Gli studiosi ritengono sia stata realizzata per controllare alcune popolazioni interne (forse i Balari e i Corsi), le quali all’epoca costituivano ancora una costante minaccia. Problema che cessò solo con la conversione al Cristianesimo di buona parte delle popolazioni locali, avvenuta solo diversi anni più tardi. A quel punto, non avendo più alcuna importanza strategica, la fortezza venne abbandonata. […] La tradizione pastorale, riportata da Panedda, riferisce che ogni 25 marzo gli abitanti della zona vi si recavano per consumarvi dei pasti e per socializzare. […] La vista della piana di Olbia, e non solo, che si può godere dalla sua sommità è semplicemente superba, e ripaga la fatica necessaria per arrivarvi. […]
Capitolo VII – Tavolara. Miti e realtà dell’isola di Mercurio
“L’antica Hermaea, frequentata dai romani, è la più grande dell’arcipelago della costa. Fu in un certo modo offerta dal Re di Sardegna a un pastore corso, altro sovrano generato da quell’Isola, il solo essere umano che, con la sua famiglia, abita questo deserto. Questo pastore re, che ha per sudditi le sue pecore e le capre della montagna, coltiva il grano sulle coste della sua isola, e gode d’una certa agiatezza.” Queste le parole che Valéry dedicò al Re pastore di Tavolara nel suo ottocentesco Viaggio in Sardegna. Il Re pastore era tale Giuseppe Bertoleoni. Di origine corsa o genovese, nacque probabilmente a La Maddalena. […] Altri sovrani si succedettero nel corso del tempo, e la famiglia reale, fino a non tantissimo tempo fa, continuò a vivere sull’Isola. […] Il piccolo cimitero, ubicato presso quella lunga e sottile lingua di sabbia chiamata Spalmatore di Terra, ospita le tombe dei reali del più piccolo regno del mondo. […]
L’isola di Tavolara, imponente sentinella calcarea a guardia dell’ingresso del golfo di Olbia, fu frequentata dall’uomo fin dai tempi più remoti. Posta poco oltre il Golfo Esterno, si inerpica sul mare superando abbondantemente i 500 metri di altezza. La sua inconfondibile sagoma, unitamente a una trireme romana, è presente anche nel gonfalone del Comune di Olbia. […] La grotta del Papa, ubicata nella parte nordorientale di Tavolara, ha restituito una delle più antiche attestazioni dell’antropizzazione dell’area di Olbia. Qui sono stati rinvenuti dei frammenti ceramici risalenti alla cultura di Bonu Ighinu, databili a circa 6.000 anni fa. Nel suo ingresso, inoltre, sono visibili alcune pitture parietali, risalenti alla parte finale dell’Età del Rame. […]
Nel 2017, a seguito di alcuni ritrovamenti e di successivi scavi e ricerche iniziati qualche anno prima a Spalmatore, la Soprintendenza confermò una scoperta molto importante: sull’isola di Tavolara era stato ritrovato un insediamento villanoviano risalente alla prima Età del Ferro (poco meno di tremila anni fa). […]
L’isola di Tavolara è molto interessante sotto l’aspetto naturalistico. Attualmente fa parte dell’Area Marina Protetta di Tavolara – Punta Coda Cavallo, istituita nel 1997: la sua estensione è di circa 15.000 ettari, e include le isole di Molarotto e Molara e comprende alcuni tratti costieri. […] Anche l’isola di Molara è stata frequentata fin dall’antichità. Secondo la tradizione, non confermata dagli storici, nel secolo III vi morì in esilio papa Ponziano. Tuttora sono visibili i resti di una chiesa medievale a lui intitolata, con annesso monastero femminile. […]
Anni fa, durante il convegno Da Olbìa ad Olbia, lo studioso Massimo Pittau azzardò un’affascinante ipotesi: Tavolara rappresenterebbe quella che nell’Odissea di Omero veniva indicata come la nave dei Feaci pietrificata da Poseidone. […] È bene rimarcare che non esistono riscontri scientifici di tutto questo, ma ciò non toglie che tale ipotesi abbia un fascino particolare. Come tante delle storie legate a Tavolara. […]
Nel 1991 un gruppo di persone, amanti del cinema, diede vita al Festival “Una notte in Italia”, dedicato in particolare al cinema italiano e interessante vetrina per quello isolano: […] è suggestivo pensare che tale manifestazione, dopotutto, non sia altro che la naturale continuazione di quella produzione artistica iniziata nell’isola di Mercurio diversi millenni fa con le pitture parietali della grotta del Papa.
Capitolo VIII – Oggetti dal passato. La Dea Madre di Santa Mariedda, la stele di Mustafa Muhammad, il planetario di Archimede e la testa di Ercole
“Santa Mariedda, pochi chilometri a ovest di Olbia. Anni Settanta. I lavori di ampliamento di una vecchia strada di penetrazione agraria, che avrebbe collegato il nuovo quartiere di Orgosoleddu con la strada statale 127, all’altezza della vecchia casa cantoniera di Putzolu, procedevano spediti. Mentre era impegnato a rimuovere con poco entusiasmo e in modo meccanico alcune pietre, l’attenzione di un operaio venne improvvisamente attirata da un oggetto confuso tra le stesse. […] Chiamò immediatamente il responsabile dei lavori e alcuni colleghi. Ripulita dalla terra, la pietra tufacea rivelò i lineamenti di una donna prosperosa. La testa era stilizzata a forma di cilindro. Mostrava un enigmatico sorriso, appena accennato, e i tratti del volto geometricamente delineati a forma di T. Le braccia erano disposte verticalmente lungo i larghi fianchi. […] Dopo oltre 6.000 anni quell’antico oggetto, alto appena 15 centimetri, era ritornato alla luce. Aveva accompagnato un antico abitante della Sardegna nel suo ultimo, definitivo viaggio. Divenne celebre tra gli studiosi con il nome di Dea di Olbia.” La Dea Madre di Olbia, un idolo di tipo volumetrico, con caratteri femminili molto marcati, probabilmente faceva parte del corredo di una tomba della quale non è rimasta traccia alcuna. Gli studiosi ritengono risalga al Neolitico Medio (V millennio a.C.) e alla cultura di Bonu Ighinu. […]
“Terranova, anno 1847. Il canonico Giovanni Spano, dotto uomo di cultura, direttore del Museo archeologico di Cagliari, osserva quella che sembra essere una stele mortuaria in marmo, incassata nella facciata di una casa di Terranova, l’antica Olbia romana. Essendo docente universitario di lingue orientali, comprende che è scritta in arabo e ne riconosce i caratteri cufici. […] Riesce a identificare il nome di un uomo, forse colui per il quale tale lastra era stata realizzata. Si chiamava Mustafa Muhammad.” […] In un articolo apparso nel numero 10 del Bullettino Archeologico Sardo (ottobre 1860), scritto da uno dei padri fondatori dell’archeologia e della storiografia sarda, il canonico Giovanni Spano, si racconta di una scoperta avvenuta nel 1847. Durante una visita nella città di Terranova, allora un borgo di circa 2.000 anime, l’attenzione dello studioso, originario di Ploaghe, venne attirata dal frammento di una spessa lastra rettangolare marmorea, una stele funeraria scritta in arabo. […] Al momento non è dato sapere se una comunità araba abbia mai vissuto a Olbia o nelle sue vicinanze, e, nel caso ciò sia accaduto, se i rapporti con la popolazione locale siano stati pacifici o conflittuali. Tantomeno è possibile sapere se un tale Mustafa Muhammad vi sia passato a miglior vita. Ma è suggestivo immaginare una città anche allora crogiuolo di diverse nazionalità ed etnie. […]
“Siracusa, anno 212 a.C. Siracusa è stata conquistata. La città greca, che un tempo si contendeva il predominio dell’area con Cartagine, è ora sotto il controllo romano. Ma, nonostante la vittoria, il generale Marco Claudio Marcello è furioso. Malgrado avesse disposto di catturare Archimede vivo, un soldato romano, non avendolo riconosciuto, lo ha ucciso. Marcello avrebbe voluto convincere l’illustre scienziato […] a trasferirsi a Roma: la sua conoscenza, al servizio della città della Lupa, avrebbe costituito un’arma più potente di un intero esercito. L’unica cosa che poteva fare, ora, era portare con sé, come bottino di guerra, quanto il geniale cittadino siracusano aveva prodotto. Nient’altro. Fu così che il planetario di Archimede lasciò la Sicilia.” […] Era una calda giornata di luglio del 2006, quella nella quale a Olbia, durante uno scavo d’emergenza effettuato in concomitanza dei lavori che interessavano l’ex Mercato civico, avvenne un eccezionale ritrovamento. In uno strato che presentava alcuni reperti risalenti per buona parte alla metà del secolo II a.C., tra i quali parti di anfore e coppe, l’archeologo Giuseppe Pisanu, con grande sorpresa, si ritrovò tra le mani un frammento di ruota dentata. […] Subito dopo il ritrovamento, il reperto venne sottoposto ad accurata analisi. Non poche furono le sorprese che tale studio rivelò. […]
“Isola Bocca, 3 novembre 1990. Per Elio Melis è un giorno di lavoro come tanti altri. Oggi, come fa spesso, ha deciso di effettuare una battuta di pesca nei pressi dell’isola che ospita il faro di Olbia. […] Immersosi nelle acque che segnano il limite del Golfo Interno, la sua attenzione viene improvvisamente attirata da qualcosa che non si muove. Adagiate sul fondale, a poco più di cinque metri di profondità, delle anfore. E, più in là, qualcos’altro. […] Qualche giorno più tardi, seguendo scrupolosamente le indicazioni dell’archeologo Rubens D’Oriano, i sommozzatori iniziano a rimuovere delicatamente il fango e la sabbia attorno a quello che sembra un viso, con il naso appena sporgente. […] Dopo averla custodita per più di due millenni, il golfo di Olbia aveva appena restituito una testa di Ercole.” Oltre alla testa, quel giorno di novembre vennero riportate in superficie una zampa leonina e due dita di una mano, tutte appartenenti alla stessa statua, realizzata a grandezza naturale in terracotta. Il tutto, assieme ad anfore e resti ceramici, era quanto rimaneva del carico di una nave romana, il cui relitto non è mai stato ritrovato. Non è dato sapere, quindi, se il carico sia stato deliberatamente gettato in mare nel tentativo di salvare l’imbarcazione, oppure se sia naufragato con la nave stessa. […] Di probabile origine greca, la statua del dio, o una sua copia, era conservata nel santuario di Ercole, ubicato su un’area oggi grossomodo ricoperta dalla chiesa di San Paolo. […] La testa di Ercole, alta poco meno di 40 cm e larga 35 cm, è cava e presenta un foro nella parte posteriore. Ha un aspetto giovanile ed è reclinata verso la spalla sinistra. Sia le basette sia i capelli sono ricciuti, e la corta barba copre la parte inferiore delle guance e il mento. Bocca e naso appaiono piccoli, e il pomo d’Adamo risulta appena accennato. […]
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