LA GRANDE IMPORTANZA DELLA TAPPA A TEMPIO PER LA DATAZIONE DEL LIBRO

tratto da
SARA SEVERINI

Poligrafia pittoresca. La scrittura eccentrica di Marie Gamél Holten tra l’Italia e la Danimarca del primo Novecento.
Tesi di Dottorato di ricerca in Letterature e Culture classiche e moderne (Università degli Studi di Genova, 2020).

(Si seguano le indicazioni QUI per la lettura del saggio della Dott.ssa Severini)

PAG. 186 – L’unico riferimento ad una persona reale, nonché dato cronologico che è possibile inferire da L’Isola Sconosciuta holteniana, è quello al soggiorno tempiese di Grazia Deledda nel 1911, per lo più noto ai biografi deleddiani per essere stato l’ultimo nell’Isola per la scrittrice: all’autrice de L’Isola Sconosciuta che alloggia presso l’albergo Scala di Ferro a Tempio Pausania, viene «assegnata la camera in cui l’anno prima aveva soggiornato Grazia Deledda…».

PAG. 190 – … questo soggiorno deleddiano, meglio noto ai biografi della scrittrice sarda, permette di interpretare l’espressione “l’anno scorso” (ifjors) come 1911, e dunque di collocare il soggiorno tempiese di Marie Gamél nel 1912. La missiva tempiese contiene a sua volta un riferimento a “l’anno scorso”, epoca in cui Marie Gamél fece la conoscenza di Ranieri Ugo a Cagliari. Pertanto, la missiva da Tempio deve collocarsi successivamente alla lettera scritta da Firenze e immediatamente dopo il soggiorno cagliaritano. Cagliari è, dunque, la prima tappa sarda visitata dalla viaggiatrice nel 1911, seguita da Nuoro; Tempio Pausania viene dunque visitata nella “seconda primavera”, che si colloca, considerando la data di pubblicazione del libro sardo, nel 1912. Si tratta di due primavere, presumibilmente nate sotto due egide diverse: la prima, quella in cui compare la figura di Ranieri Ugo e si colloca la visita a Cagliari e Nuoro, legata alla traduzione del romanzo deleddiano Dopo il Divorzio; la seconda, più personale e intima, legata a luoghi che esulano dalla ‘geografia deleddiana’ che, come nota Maria Giacobbe, si identifica esclusivamente con la Barbagia, e per di più, con la Barbagia di Nuoro, frutto della spinta di Maria Gamél Holten a fare ritorno nell’Isola per scrivere il proprio libro di viaggio sulla Sardegna, esperendo così la propria isola, diversa e non limitata da e a quella deleddiana, come ella stessa dichiara esplicitamente al destinatario nella seconda lettera (vedi infra), ove il proprio intento poetico si manifesta a chiare lettere.

PAGINE 2-3 – La traduzione letteraria di questo romanzo deleddiano, di poco antecedente al libro di viaggio sardo, costituisce un tassello fondamentale di quello e quale motore nonché fonte di ispirazione dei due viaggi storici in Sardegna compiuti da Marie Gamél Holten rispettivamente nel 1911 e 1912, il primo presumibilmente proprio ai fini pratici di questa traduzione, e constatare dunque coi propri occhi la realtà delle cose descritte nel romanzo deleddiano, il secondo per raccogliere materiali e impressioni preziose al fine di scrivere il proprio libro di viaggio sulla Sardegna, appunto L’Isola Sconosciuta.

TEMPIO

di Marie Gamel Holten

Sardegna Isola sconosciuta

1913

Traduzione dal danese di Annette Bodenhoff Salmon
Oliena, Iris, 2005

[I titoli dei paragrafi sono stati inseriti da Gallura Tour]

In viaggio da Sassari verso Tempio

Con l’autobus da Sassari. La corriera che porta passeggeri e la posta, via Tempio fino a Palau sulla costa settentrionale, era un disadorno esemplare della razza delle automobili.

Non aveva lustre borchie di ottone, fiancate lucide di pittura, un conducente elegante. Al contrario, saltavano agli occhi tutte le cose che mancavano perché l’animale si potesse mettere in moto: il tappo del radiatore e quello del serbatoio della benzina, i ganci ai finestrini, gli oliatori e persino i bottoni nel cappotto del conducente. Tuttavia, con grande inventiva, questi ultimi erano stati sostituiti da forcine per i capelli.

Quando giungemmo alla periferia della città, ci fermammo per fare rifornimento d’olio e di benzina, cosa che era stata dimenticata alla partenza. Durante il viaggio ci fermammo spesso perché il conducente, seduto all’esterno, potesse salire bestemmiando sulla vettura, cacciare i passeggeri dai loro posti e sollevare una botola sul fondo, che si apriva su una disgustosa cavità lurida dove con una pietra trovata in strada si mise a battere su qualche pezzo del motore. Una volta legò con lo spago qualcosa che si trovava davanti, all’interno della corriera, mentre continuava a bestemmiare: “Cristo! Accidenti!”. Il bigliettaio, sporgendosi dal finestrino, chiacchierava con il conducente, il quale, dimentico del divieto, fumava una sigaretta dietro l’altra. Un viaggio di forcine al posto di bottoni!

Però il paesaggio lungo il percorso era bello, nonostante la pioggia e il mezzo di trasporto primitivo.

Lungo il primo tratto si vedevano ampie vallate fertili con estesi campi di grano che ricordavano quelle della Foresta Nera o del Tirolo – [anzi] no, la Sardegna è unica e non rassomiglia a nessun altro luogo. Le rocce rosse che fanno da corona alle cime delle montagne, la strada rossa e il Coghinas, il piccolo fiume che tra oleandri e asfodeli in fiore attraversa una vallata pantanosa per poi diventare scuro sotto le ripide rocce di basalto dove si restringe attraversando una stretta e profonda gola, tutto ciò poteva essere solo la Sardegna.

La strada continua a salire a serpentina per inerpicarsi sulle montagne. Non si vedono più campi di grano ma pendii d’un verde vivo punteggiati fittamente di frondose querce da sughero, come enormi funghi sembra quasi che rotolino giù dai ripidi costoni.

La Fumosa, Vallata di Tempio, verso Sassari

L’albergo Corona di Ferro

La pioggia rimuove la polvere e mette in risalto i colori più vi vidi di alberi e arbusti, il cielo è plumbeo con nubi nere fluttuanti ed è sotto queste nuvole che facciamo la nostra entrata trionfale a Tempio, la città più grande della Gallura. Qui tutto è fatto di granito, le pietre delle case come quelle delle strade, e sotto la pioggia tutto appare pulito e d’un nero brillante.

Era bello trovare riparo nell’ospitale “Corona di Ferro” che a detta del conducente era un “bellissimo albergo”.

Si attraversava un vano col pavimento di pietra pieno di promettenti botti di vino e di varie cianfrusaglie. Si saliva per una scala che terminava in una specie di vestibolo, che da una parte si apriva su un balcone dove si trovavano sia un indispensabile gabinetto con una bella vista sulle montagne sia una dispensa, dall’altra parte si trovava la sala da pranzo con vista sulla piazza principale di granito scuro. Mi fu quindi assegnata la camera, dove l’anno precedente, durante la sua visita a Tempio, aveva soggiornato Grazia Deledda, la famosa scrittrice sarda, l’orgoglio della Sardegna.

Non vorrei ammalarmi qui a Tempio – giacerei tremante per la paura del letto.

Infatti è circondato nei quattro lati da una specie di impalcatura di ferro che ricorda da vicino qualche strumento di tortura medievale. Termina in alto con una specie di corona di spine che ha delle minacciose punte e delle palline che si agitano rabbiose ogni volta che ci si muove nel letto. A destra e sinistra sono appese le fotografie chiazzate di macchie brune di Garibaldi e Vittorio Emanuele che sembrano solenni giurati alla Corte di giustizia. Per completare il quadro la parte centrale del soffitto è affrescata con terrificanti simboli della giustizia una bilancia sbilenca, una spada sguainata e un grosso tomo con “la legge” impressa in caratteri d’oro, il tutto racchiuso in un serto d’alloro.

D’altra parte i padroni della “Corona di Ferro” non sono persone da incutere paura. Nella mia grande camera intonacata di bianco, dal pavimento in cotto, mi hanno fatto trovare la meraviglia di un fuoco scoppiettante di ciocchi di quercia da sughero nel camino e una lampada celeste di porcellana l’unica in tutta la casa e per di più un dono di nozze, come mi ha raccontato la giovanissima albergatrice. Appena diciannovenne ha una bambina di tredici mesi che ha già otto dentini ed è stata fotografata due volte.

E tutti, dall’albergatore e la moglie con la bambina in braccio alla giovane sorella che dà una mano nell’albergo, vengono volentieri nella mia camera per chiacchierare. Le sorelle sono belle come le Madonne di Murillo, entrambe sono raffinati tipi spagnoli con i lucidi capelli a crocchia, occhi grandi dalla pupilla nera che riempie quasi tutto il bianco, una leggera ombra sopra la bocca rossa e arcuata e il profilo incantevole. La bambina dagli otto dentini bianchi come perle ricorda quella del bellissimo quadro della Madonna di Murillo che si trova a Palazzo Corsini a Roma.

Coll. Erennio Pedroni, Tempio

Tempio si trova in una posizione graziosa circondata da sughereti più o meno grandi e con vista sulle montagne circostanti. La vista più bella è però quella verso le chiare cime frastagliate di Aggius, che appaiono come una gigantesca ondata che si è solidificata quando stava per rompersi.

Un gelido vento soffia spesso nelle montagne della Gallura e di solito passa fischiando per le strette vie tortuose di Tempio.

Aggius, foto propria

Le donne portano come mantello una gonna a pieghe fitte che indossano al rovescio per mettere in evidenza il bordo variopinto; si mettono la balza sulla testa per poi avvolgere le pieghe intorno al viso in modo che si vedano soltanto gli occhi. Gli uomini portano mantelli d’orbace grosso – panno ruvido tessuto in casa – con grandi cappucci che si tirano sulla testa. Devo ammettere che li invidio!

Il clima rigido non influisce però sugli abitanti che sono garbati, educati e premurosi, molto diversi dai Sardi del centro e del sud. Sono più simili agli Spagnoli nell’aspetto e hanno modi più gentili, sono più ciarlieri e curiosi come bambini. Per esempio se ti fermi e ti guardi intorno, inevitabilmente qualcuno verrà a domandarti che cosa cerchi o se hai perso la strada e ti accompagnerà per un pezzo per assicurarsi che non sbaglierai di nuovo. […]

in «L'Illustrazione popolare», 28 giugno 1908

Preti e Poeti

L’orgoglioso popolo sardo può contare su molti poeti popolari ed estemporanei. Parecchi erano pastori e contadini poveri e illetterati che non sapevano né leggere né scrivere. Non si serba nessun ricordo dei loro nomi, ma gran parte delle loro poesie e canzoni sopravvive per tradizione orale nella gente. Vengono cantate ai matrimoni e alle feste dei santi, sotto la finestra dell’amata o nelle processioni. Possiedono spesso grande senso ritmico e autentica bellezza poetica. Anche se non si capisce la lingua sarda e si è costretti a intuirne il significato, è veramente piacevole la melodiosità di questa breve poesia contadina che viene cantata in processione per implorare la pioggia nei periodi di siccità. […]

Parecchi preti e frati hanno dato il loro contributo alla poesia popolare sarda; venivano richiesti come poeti estemporanei alle feste, e hanno spesso cantato l’amore e l’amata con parole appassionate. Da ciò si può dedurre che i poeti non sempre hanno bisogno dell’esperienza personale per poter descrivere uno stato d’animo in maniera realistica – ma sarà proprio così?

Del resto ho notato che i preti nell’isola non hanno l’aspetto di donnone grasse travestite, a differenza del clero in continente. Qui assomigliano piuttosto ad allegri contadini col costume di carnevale, persone sane dalla carnagione scura e dai movimenti scattanti e agili. Sempre pronti allo scherzo girano per il paese chiacchierando con ragazze e massaie e si vedono spesso a cavallo con gli altri uomini – uno spettacolo buffo.

In Gallura e soprattutto a Tempio la poesia ha prosperato rigogliosamente. Ciò si spiega forse con l’indole particolarmente poetica dei tempiesi e con la presenza […] di una cosa così straordinaria come un liceo [una scuola] in cui si insegnava grammatica, retorica e filosofia. In quei tempi Tempio era la più aristocratica delle città sarde, dimora di parecchie famiglie nobili e rifugio di molta gente per sfuggire alla peste. […] 

[…] Le donne sembrano nate per comandare piuttosto che per servire qui si trovano assai più “Rosine” che “Zerline”.

Una bella e simpatica “Rosina” mi accompagnò a un nuraghe maestoso ed interessante nei pressi della città.

Seguimmo un sentiero verde ombreggiato da antiche querce da sughero, le cui radici erano ricoperte d’un graziosissimo manto di ciclamini color vino dagli steli succosi e ugualmente rossi. Il ciclamino è il delicato fiore tipico della Gallura; cresce dovunque come gli anemoni nei boschi della Danimarca. È una caratteristica del paesaggio, a differenza dei robusti papaveri color rosso sangue che predominano nel resto dell’isola.

Per “caso” si unirono a noi il farmacista e il daziere – Rosina era bellissima e volevano incontrarsi con una straniera!

Mi parlarono delle querce da sughero, la cui corteccia viene staccata ogni sette anni senza che l’albero ne risenta. Con poca fatica i proprietari acquisiscono un guadagno sicuro. La maggior parte del sughero viene esportata in Spagna e in Germania; nell’isola si trovano soltanto pochi stabilimenti di piccole dimensioni che producono tappi. Iniziativa e cooperazione non sono il punto forte dei Sardi.

Il nuraghe era bello anche se la volta era crollata e l’interno ricoperto di felci, edera e vitalba. Si poteva però salire sui muri dallo spessore di alcuni metri e abbracciare con lo sguardo la campagna verde dove alla solita distanza si vedevano i massi grigio-gialli del nuraghe gemello.

Il farmacista Claudio Demartis, in Giovanni Gelsomino, Claudio Demartis. Il socialista dei poveri, 2018
Il farmacista Claudio Demartis, in Giovanni Gelsomino, Claudio Demartis. Il socialista dei poveri, 2018
coll. Giuseppe Sotgiu - il nuraghe Majore nel 1930

La vendemmia

Mi parlarono anche del periodo della vendemmia, quando i giorni passano in un’atmosfera di festa. Si parte cantando e tutti i membri della famiglia sino ai bambini più piccoli colgono con calma e in allegria i saporosi grappoli d’uva. Nelle ore più calde intorno a mezzogiorno ci si riposa, si dorme sognando, o si parla bisbigliando con l’amata. Si continua a lavorare piacevolmente durante il pomeriggio indorato dai raggi del sole. Si balla tutta la sera, si cantano sotto la finestra di Rosina canzoni nate dall’estro del momento e gli amici chiudono ogni strofa col loro coro a tre voci. In Gallura la vendemmia è la stagione più felice di tutto l’anno e in quel periodo la madre di Rosina chiude un occhio davanti alle piccole libertà che si prende la figlia.

Vendemmia 26 settembre 1914, di Antonio Carruccio
Vendemmia 26 settembre 1914, di Antonio Carruccio
Vendemmia 26 settembre 1914, di Antonio Carruccio

Autunno e inverno – Arrivederci!

Segue l’autunno con piogge e tempeste di vento che soffiano dalle cime frastagliate di Aggius per investire i fianchi ripidi del Limbara. In quei mesi Rosina deve rimanere dentro casa e solo raramente le è permesso uscire e mai da sola. Anche la musica tace sotto la sua finestra.

Le ragazze possono uscire, sempre accompagnate da una donna, soltanto per andare alla fonte alla quale si dirigono con la brocca in testa. A Tempio si trovano tre fonti di acqua squisita, ognuna in un angolo della città.

Per un caso curioso i ragazzi hanno scoperto che proprio vicino alle fonti è bello passeggiare. Si dice che le ragazze si prendano parecchio tempo per riportare a casa le brocche ricolme d’acqua.

Troppo presto arrivò il momento in cui dovetti dare un triste addio all’accogliente “Corona di Ferro”. Rincresceva a tutti non avermi potuto offrire un tempo più bello, ma erano comunque certi di poter far di meglio se avessi dovuto tornare a settembre Poi mi porsero la piccola Mariuccia perché la baciassi, e molte volte ci dicemmo “Arrivederci!” Infine ci salutammo con la mano-Arrivederci! Il mondo è grande e la vita è breve e aleatoria.

Fonte Nuova
Fonte Nuova, ca 1916

Si ringrazia anticipatamente Annette Bodenhoff Salmon e l’Editrice Iris di Maria Dolores Turchi per la concessione dell’utilizzo della traduzione

NOTA. Si sta cercando da tempo, senza riuscirci, di contattare la Signora Bodenohoff e la Sig. Turchi, per ottenere l’esplicito consenso. Lo pubblichiamo nelle more di riceverlo, fiduciosi che riceverà – come già da tutti gli altri editori – il loro permesso. Gallura Tour infatti preferisce, quando possibile, dare merito ai libri che se ne sono per primi occupati, favorendo così una nuova meritata vetrina di attenzione agli stessi. (Ciononostante si resta a pronta disposizione).

Cartoline e foto dell’800 e primi ’900

di Erennio Pedroni, Domenico Melia, Giuseppe Sotgiu, Giovanni Gelsomino

Foto contemporanee

– dell’Autore

– Quelle sulla vendemmia (autore Antonio Carruccio, 1913) provengono dal libro di Andrea Di Stasio, Brigata Sassari e Sardegna, Sassari, Carlo Delfino, 2021.

– Quelle su Claudio Demartis dal libro di Giovanni Gelsomino, Claudio Demartis. Il socialista dei poveri, 2018. 

© Tutti i diritti riservati

TEMPIO

DET SKØNNE GALLURA – TEMPIO – FOLKEPOESI

af Marie Gamel Holten

Den Ukendte Ø

J. Frimodts Forlag, København

1913

[Mange afsnitsoverskrifter blev indsat af Gallura Tour]

Rejser fra Sassari til Tempio

Med Automobil fra Sassari. Det er et utrolig tiggefærdigt Individ af Automobilracen, den Motordeligence, som bringer Post og Passagerer fra Sassari over Tempio til Palau ved Nordkysten. Ingen blanke Messingbeslag, ingen lakerede skinnende Sider, ingen smart Chauffeur men derimod en iøjnefaldende Mangel paa alt, hvad der overhovedet kunde mangle, naar Dyret da skulde være istand til at bevæge sig. Dæksler, Kroge paa Vinduer, Smørekander – alt manglede – om det saa var Knapperne i Chauffeurens Frakke, var de væk og paa højst opfindsom Maade erstattet med Haarnaale.

Da vi var kommet til Udkanten af Byen, holdt vi for at smøre og fylde Benzin paa, det var glemt ved Afgangen. Og undervejs maatte vi ofte stoppe, for at vor Styrer under energisk Banden kunde gaa ind i Vognen, genne Passagererne tilside og lukke en Lem op i Bunden ned til et modbydelig snavset Hul, hvor han med en Sten fra Vejen hamrede løs paa noget af Maskineriet. En Gang blev noget indvendig forude bundet sammen med Sejlgarn, og stadig bandedes der: Cristo! Accidente! – Konduktøren hang ud af Vinduet og konverserede Chauffeuren, der, uden at ænse Forbudet, rog et Utal af Cigaretter – det hele Haarnaale i Stedet for Knapper!

Men Vejen var smuk, trods rædsom Befordring og Regnvejr.

I Begyndelsen frugtbare, brede Dale med store Kornagre, der mindede om Valders, eller Tyrol nej, det var alligevel Sardinien og ikke noget andet. Disse røde Klipper, der kanter Bjergenes Toppe, den røde Vej og den grønne, lille Flod, Coghinas, der løber gennem en moseagtig Dalbund mellem Nerier og blomstrende Asfodel, for derefter at blive ganske sort under de stejle Basaltklipper, hvor den klemmer sig sammen i en smal, dyb Kløft, det var altsammen ganske sardisk.

Vejen stiger stadigt og snor sig stærkt for at kunne komme op i Højden. Kornmarkerne er der ikke mere, men rivende grønne Skrænter, tæt besat med kuplede Korkege, der som kæmpestore, grønne Champignons ligesom kommer trillende ned ad de stejle Bjergsider.

La Fumosa, Vallata di Tempio, verso Sassari

Hotel Jernkronen

Regnen holder Storvask og faar de friskeste Farver frem paa Træer og Buske, men Himlen er graa med sorte, drivende Skyer. og under disse holder vi vort elegante Indtog i Tempio, det skønne Galluras største By. – Alt er Granit her, Husene saavel som Gadernes Stene, og alt er rent, skinnende sort under Regnen. Dejligt at komme i Læ i den gæstfri “Corona di ferro”– Jernkronen, om hvilken Chauffeuren havde fortalt mig, at det var et “bellissimo albergo”.

Man gik ind gennem et brolagt Rum, hvor der laa fuldt af lovende Vintønder og ubestemmeligt Skrammel, op ad en Trappe, der dukkede op midt i en Art Forstue, hvor man til den ene Side kom ud paa en Balkon, der baade rummede et højst nodvendigt fille Kabinet med herlig Udsigt over Bjergene, og et Forraadskammer, til den anden Side havde man Spisesalen med Udsigt til Byens sorte Granitpiazza. Og saa fik jeg da det værelse, hvor Grazia Deledda, den berømte sardiske Forfatterinde. Sardiniens Stolthed, havde boet, da hun ifjor besøgte Tempio. Jeg vilde nødigt blive syg her i Tempio – saa vilde jeg ligge og blive bange for min Seng.

Den er nemlig omgivet paa alle fire Sider af et rustent Jernskafut, der grangiveligt ligner et eller andet middelalderligt Marterredskab og ender øverst oppe i en Slags pinefuld Krone med truende Spidser og nogle smaa Klumper, der ryster arrigt ved hver Bevægelse; til højre og venstre hænger Garibaldi og Vittorio Emanuele som højtidelige, brunskjoldede edssvorne i Retten, og for at intet skal mangle i Billedet, er Midten af Loftet dekoreret med gruopvækkende Symboler paa Retfærdigheden – en skæv Vægtskaal, et draget Sværd og en tyk Bog med “la legge” -Loven – i Guldbogstaver, altsammen bundet sammen med en Laurbærkrans.

Ellers er Folkene i Jernkronen saavist ikke skrækindjagende; de har i mit store, hvidkalkede, murstensgulvede Værelse givet mig noget saa herligt som en knitrende Brændeild af Korkeg i en aaben Kamin, samt en lyseblaa Porcellænslampe af Glas – Husets eneste – og saa er den ovenikøbet en Brudegave, fortalte den purunge Værtinde, som i sine knap nitten Somre har en “bambina” paa tretten Maaneder, der har otte Tænder og er fotograferet to Gange.

Og alle Folkene, Værten, Værtinden med Barnet paa Armen og den unge Søster, som hjælper med i Huset, elsker at komme ind hos mig og slaa en Sladder af. – Søstrene er smukke som Murillos Madonna’er, begge to fine, spanske Typer, med deres skinnende, buklede Haar og store Øjne, hvor man for bare sort næsten ikke kan se det hvide, med den lille bitte Skygge over den røde, buede Mund og deres dejlige Profil. Bambina’en med de otte Perletænder er som taget ud af Murillos herlige Madonnabillede i Palazzo Corsini i Roma.

Coll. Erennio Pedroni, Tempio

Dejligt ligger Tempio omgivet af større og mindre Skove af Korkege og med et storslaaet Bjergpanorama til alle Sider, men skønnest er dog Udsigten over mod Aggius’ takkede, lyse Tinder, der ligner en Kæmpebølge, der er stivnet, som den var paa sit højeste. – Men der suser en isnende Vind i Galluras Bjerge, og den synes med Forkærlighed at fare ud og ind i Tempios smalle, krogede Gader.

Aggius, foto propria

Beboere

Alle Kvinderne bærer som Overtøj en stærkt rynket Nederdel, som de vender Vrangen ud paa, saa der viser sig en broget Skoning; Linningen lægges ovenpaa Hovedet, hvorpaa de svøber sig ind i Folderne, saa kun Øjnene bliver fri. Mændene har Kapper af grovt “orbace” – hjemmevævet stridt Vadmel – med store Hætter, som de trækker op over Hovedet – jeg kunde fristes til at misunde dem!

Men Klimaets Barskhed har ikke paavirket Beboerne, der er venlige, høflige og tjenstvillige, en hel anden Type, end Sarderne længere syd paa og inde i Landet, mere spanske i Udseende og blidere i Manerer, snaksomme og nysgerrige som Børn. Det er f. Eks. umuligt at staa stille og se sig om, uden at en eller anden kommer og spørger, hvad man søger – om man ikke kan finde Vej, og gaar gerne med et Stykke, for at overbevise sig om, at der ingen Fejltagelse sker.  […]

Folkepoesi

Dette stolte Folk har fostret mange folkelige Digtere og Improvisatorer; mange af disse var fattige, uvidende Hyrder og Bønder, som hverken kunde læse eller skrive; deres Navne er glemte, men deres Digte og Sange lever for en stor Del i Folkets Mund. De synges ved Bryllupper og ved Helgenfester, under den elskedes Vindue og ved Processioner, og viser ofte en stor rytmisk Sans og virkelig poetisk Skønhed.

Selv om man ikke forstaar det sardiske Maal, men maa gætte sig til Betydningen, vil man dog kunne glæde sig over Velklangen i dette lille Bondedigt, som synges, naar der i Tørtid foranstaltes Procession for at bede om Regn. […]

Mange Præster og Munke har ogsaa givet deres Bidrag til den sardiske Folkedigtning og været søgte Improvisatorer ved festlige Sammenkomster, ligesom de ofte har besunget Kærligheden og deres elskede i varme Ord. Der kan man dog se, at Digtere ikke altid behøver Selvoplevelse for at skildre en Stemning naturtro – eller mon – – –

Forøvrigt har det været mig paafaldende, at de gejstlige her paa Øen slet ikke har det Præg over sig af at være forklædte fede Fruentimmer, som man saa tidt ser hos Kleresiet paa Fastlandet. Her ser de meget mere ud som lystige Bønder i Karnevalsdragt brune, raske, hurtige i Bevægelser; oplagte til alle mulige Narrestreger gaar de omkring, sladrer med Piger og Koner og ses ofte tilhest med de andre Mænd – i Parenthes bemærket, et højst pudsigt Syn.

At Lyrikken har blomstret særlig frodigt her i Gallura og specielt i Tempio, kan maaske, foruden Befolkningens ualmindelig poetiske Temperament, tilskrives den Omstændighed, at der allerede i Middelalderen […] fandtes noget saa sjeldent som en højere Undervisningsanstalt i Grammatik, Retorik og Filosofi der i Byen. Paa den Tid var Tempio Øens fornemste By, Opholdssted for mange adelige Familier og blev yderligere søgt, fordi Pesten gik Byen forbi. […]

[…] Kvinderne ser meget mere ud til at være født til Herskerinder end til Tyende – Rosina’er er her mange flere af end Zerlina’er.

En saadan sød, smuk Rosina fulgte mig ud til en nærliggende, interessant, stor nuraghe.

Vi gik ad en grøn Sti under gamle Korkege, hvis Rødder var dækket af det yndigste Tæppe af vinrøde Alpevioler med ligesaa røde, saftfyldte Stilke. Det er Galluras egen, fine Blomst; den mylrer her som Anemonerne i Danmarks Skove – saa karakteristisk for Landskabet, i Modsætning til de stærke, blodrøde Valmuer, der dominerer Resten af Øen.

Ved et “Tilfælde” stødte baade Apotekeren og Toldinspektøren til – Rosina var meget smuk – det var nu én Grund og saa dette at være sammen med en Udlænding!

Og saa Fik jeg at vide om Korkegene, at hvert syvende Aar tager de Barken af dem, og det skader ikke Træet det mindste. Det er en sikker Profit for Ejerne og forbunden med ringe Ulejlighed. Den meste Kork gaar saa til Spanien og Tyskland; der er her paa Øen kun ganske primitive smaa Fabrikker, som laver Propper. Initiativ og Sammenslutning er nu en Gang ikke Sardernes stærke Side.

Nuraghe‘n var smuk; Loftet var ganske vist faldet ned og det indvendige Rum groet til med fine Bregner, Vedbend og Klematis, men man kunde bestige de metertykke Mure og se ud over det grønne Land, hvor Søsternuraghe’n viste sine gulgraa Sten i den sædvanlige Afstand.

Il farmacista Claudio Demartis, in Giovanni Gelsomino, Claudio Demartis. Il socialista dei poveri, 2018
Il farmacista Claudio Demartis
coll. Giuseppe Sotgiu - il nuraghe Majore nel 1930

Vinhøsttiden

Og jeg hørte om Vinhøsttiden, hvor Dagene gaar som i Fest, hvor man drager syngende ud, hele Familien, ogsaa de allermindste Børn, plukker de krydrede Druer under Lystighed og uden Jag, hviler og drømmer et Par soltunge Middagstimer – eller hvisker med den Pige, man har kær, fortsætter det festlige Arbejde i den gyldne Eftermiddag og danser og synger Aftenen igennem, synger under Rosinas Vindue de Sange, der fødes af Øjeblikkets Stemning, medens Vennerne staar hos og slutter hvert Vers med deres trestemmige Kor. Den lykkeligste Tid er denne i det skønne Gallura. I Vinhøsttiden ser Rosinas Moder lidt igennem Fingre med smaa Friheder.

Vendemmia 26 settembre 1914, di Antonio Carruccio
Vendemmia 26 settembre 1914, di Antonio Carruccio
Vendemmia 26 settembre 1914, di Antonio Carruccio

Efterår og vinter – Gensyn!

Siden kommer Efteraaret med Regnskyl og Storme, der suser fra Aggius’ takkede Krone og slaar mod Limbaras stejle Bjergsider. Saa maa Rosina sidder stille og faar sjældent Lov at gaa ud, og aldrig alene, og Musikken tier under hendes Vindue.

Kun til Brøndene gaar de unge Piger med deres Amfora paa Hovedet, dog aldrig uden kvindelig Ledsagelse. – Øg Tempio har det herligste Vand i tre Kilder, en paa hver Kant af Byen. Saa er det saa forunderligt, at de unge Mænd har fundet paa, at netop ved Brøndene er der saa smukt at spadsere. – Man siger, at Pigerne er noget længe om at bære Vandet i Amfora’en hjem til deres Huse.

Saa kom altfor hurtigt den Stund, da jeg maatte tage vemodig Afsked med den venlige “Jernkrone”, hvor de alle var meget kede af ikke at have kunnet skaffe mig smukkere Vejr; dersom jeg vilde komme igen i September, haabede de sikkert at kunne gøre det bedre for mig. Øg saa blev den lille Mariuccia rakt frem til Kys, og vi sagde mange Gange: paa Gensyn! og vinkede paa Gensyn! – Paa Gensyn Verden er stor, og Livet er kort og usikkert!

Fonte Nuova
Fonte Nuova, ca 1916

Postkort og fotos fra det 19. og begyndelsen af ​​det 20. århundrede

af Erennio Pedroni, Giuseppe Sotgiu, Giovanni Gelsomino

Nutidige fotos

af forfatteren

Dem om druehøsten (forfatter Antonio Carruccio, 1913) kommer fra bogen af Andrea Di Stasio, Brigata Sassari e Sardegna, Sassari, Carlo Delfino, 2021

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