LU GRAMINATOGGJU

di Mary Davey

Sardinia

Londra – New York – Pott, Young & Co.

1874

traduzione di Gallura Tour

Non ho bisogno di descrivere lo stazzo, perché nella sostanza somigliava molto ad altre abitazioni dello stesso tipo. Era, tuttavia, di una classe decisamente superiore e aveva molti segni di ricchezza e persino di lusso campagnoli.

Dimentico davvero quanti segni, o capi di bestiame, si diceva possedesse questo Leonardo, ma era qualcosa alla maniera degli antichi patriarchi. Si avvicinò, berretta in mano, con un profondo inchino, ad incontrarci, dandoci il benvenuto nella sua povera dimora nel modo più elaborato. Era un uomo di bell’aspetto, più alto e con più colorito di quelli che si trovano nel “Capo di Sotto”, o divisione inferiore, dell’isola, e con una barba ispida notevolmente lunga e una chioma arruffata di capelli folti. Un enorme pugnale era conficcato nella sua cintura riccamente lavorata, una berude, o lancia, nella sua mano; nell’insieme un personaggio dall’aspetto formidabile, che non aveva l’aria di seguire una vocazione così pacifica come quella del pastore.

Pittaluga-Levilly - pastore della Gallura, 1826
Jean Baptiste Barla - principale tempiese, 1841

Ciononostante, parlò in modo gentile e cordiale, e ci invitò con orgogliosa umiltà, al riparo del suo tetto. Best, naturalmente, in qualità di portavoce, andò per primo, io dietro, attraverso un grande recinto ordinato, o cortile, dove un gran numero di cavalli erano legati agli anelli nel muro, e sbuffavano e nitrivano, scalciavano e saltellavano, secondo il loro modo più tipico.
Proseguimmo, superando una specie di pesante veranda, fiancheggiata da secchi di sughero per la mungitura; e, infine, attraverso il grande appartamento generale, in una sala interna spazzata e addobbata per l’occasione. E che scena di novità, luminosità e trambusto, presentò.

Tra le venti e le trenta fanciulle, in costume di gala, il cui brillante rosso e oro contrastava favorevolmente con la loro carnagione olivastra, e lucenti e lisci capelli a trecce, erano sedute in cerchio per terra.

Naturalmente erano cariche di gioielli di ottima qualità, ma di fattura pesante e piuttosto rozza, e ogni ragazza aveva un piccolo bouquet di fiori profumati, per lo più rose, nella cintura. In mezzo a loro c’era un grande mucchio di lana, che raccoglievano e pizzicavano con dita rapide e pronte.

Philippine de La Marmora - Tempio, 1860

Oltre a questi, seduti su forme appoggiate alle pareti e che formavano un cerchio esterno, c’erano gli spasimanti o gli ammiratori delle dame, uno dei quali, nel momento in cui entrammo, stava suonando un’aria nazionale su quel meraviglioso e antico strumento a canne noto come launedda. Era una scena graziosa, molto simile alla moda delle “api” americane. Queste persone si erano riunite per aiutare in allegria la moglie del pastore a preparare la lana per il successivo processo di filatura e tessitura in orbace, la stoffa filata in ogni casa del paese e utilizzata sia dalle classi superiori che da quelle inferiori di contadini.

Bernardino Palazzi, suonatore di Launeddas
Filippo Figari, Il Suonatore di Launeddas, 1916

Quando entrammo ci fu una piccola pausa nel lavoro e uno sguardo curioso e indagatore, che improvvisamente si trasformò in una serie di luminosi sorrisi di riconoscimento quando Best fece la sua apparizione, e “Serbiridos Signore” echeggiò da tutte le parti.
Pensai che Best avesse un’aria molto raggiante e un po’ alla mano, mentre ricambiava con grazia il saluto. I suoi chiari occhi azzurri e i capelli castani ondeggianti formavano un così grande contrasto con i Sardi dalla pelle scura. Sembrava conosciuto da tutti e scambiava qualche parola o battuta con la maggior parte di loro.

“Stai attento, Charley”, disse rivolgendosi a me, “a distribuire le tue attenzioni in modo piuttosto generico, perché se per caso dovessi concentrarle in modo troppo marcato su una di queste gentili donzelle, potresti ritrovarti uno di quei pugnali feroci nelle costole. Nessun popolo sotto il sole è così geloso come i Sardi; più degli italiani, il che è tutto dire”.

Le giovani felici raccoglitrici di lana scimmiottavano la nostra lingua, così nuova per le loro orecchie. Poi giunse una risata.
Fece la sua comparsa la moglie del pastore, tutta splendente di sorrisi e ornamenti d’oro, con tre timide creature brune attaccate alla sua gonna, tutte intente a vedere bene i meravigliosi Milordi Inglesi di Bertoldo.

Pittaluga-Levilly - pastora della Gallura, 1826

A poco a poco si ristabilì il silenzio, la launedda riprese a suonare e la raccolta della lana riprese con rinnovato vigore.

A un dato segnale una delle fanciulle, molto carina, tra l’altro, si alzò e, dopo qualche risatina e civetteria rustica, prese in mano una chitarra dall’aspetto strano, chiamata cetra, e suonò una specie di rondò tintinnante; poi, prorompendo in una specie di recitativo selvaggio, accompagnò la sua voce con alcuni accordi semplici ma intonati.

Le parole erano dolci e melodiose, la voce della ragazza ricca e piena. Tutta la sua figura e “posa” aggraziata. Aveva appena finito, che un’altra, e ancora un’altra a sua volta riprese la cadenza, finché ciascuna, con più o meno abilità e grazia, contribuì con la sua parte al divertimento generale. Ciò fatto, la fanciulla che aveva cantato per prima, il cui nome era Teresa, e che pareva essere la riconosciuta bella della comitiva, si alzò di nuovo, e, avanzandosi timidamente, presentò il suo bouquet ad un giovanotto di bell’aspetto, vestito da contadino (coltivatore), accompagnando intanto il dono con mezzo verso.

Il giovane fece un profondo inchino mentre le prendeva il mazzolino di mano e completava il distico. Il bel dialetto sardo – composto variamente dall’italiano, dallo spagnolo e, in alcuni distretti, anche dall’arabo e dal latino – si adatta molto facilmente a questa sorta di versificazione estemporanea, e la vena della poesia innata si risveglia presto nel petto dei sardi. Come prima, le altre fanciulle seguirono ciascuna a sua volta l’esempio di Teresa, finché tutte ebbero presentato i loro mazzi di fiori ai rispettivi corteggiatori. La raccolta della lana nel frattempo procedeva rapidamente. I cesti pieni di lana preparata furono portati via; il mucchio andò diminuendo sensibilmente.

Best si mise all’opera con grande abilità e riuscì a completare un distico, quando la figlia del pastore gli regalò degli splendidi fiori di campo.

Manca di Mores - danza al suono delle launeddas, 1861-1876

Ma, in mezzo a tutta questa apparente allegria, una nube incombeva sullo spirito della festa. Teresa aveva molti estimatori, circa la metà, sicché la sua preferenza per un semplice coltivatore suscitava in più d’un cuore una fitta di gelosia; ma il primo di questi malcontenti era un certo Ignazio, un giovane bandito dall’aspetto feroce, che, essendo il figlio maggiore di un pastore molto ricco, mal poteva tollerare un rivale, e soprattutto uno di una condizione inferiore alla sua. Fissò cupamente il giovane Felice, dall’aria felice, il quale, tenendo in mano il prezioso bouquet, sussurrava dolci parole all’orecchio della bella Teresa.

«Credo proprio che quel tipo avvia intenzione di fare del male», sussurrò Best in inglese.

«Quel disgraziato cupo e accigliato, non c’è da stupirsi che la ragazza preferisca quel giovanotto dall’aspetto brillante, Felice, che è un bell’uomo come se ne vedono pochi in Sardegna; ma è così… Ignazio è ricco… è la vecchia storia; quindi, fino a quando tutto non sarà veramente corretto, c’è poca speranza di pace e buona volontà e quel genere di cose.

Cominotti-Gonin-Lallemand - Graminatoggiu, 1826-1839

 […] Nel frattempo si respirava un’atmosfera di disagio; i giovani si parlavano sottovoce; le ragazze erano pallide e turbate. La padrona di casa fece del suo meglio per mettere le persone a proprio agio. Preparò un abbondante banchetto di cose buone, maccaroni e formaggio, frutta e dolci deliziosi, il più bianco dei panini, il più delizioso dei vini.

Dopo il rinfresco, i giovani non persero tempo in casa; la serata era fresca e serena, si affollarono nel cortile e furono presto immersi nel vortice, nel vortice, nel tramp dei vari ballo-tondo. Best era al centro del misterioso anello, che si snodava, apparentemente con il massimo divertimento.

Mi sedetti con il padrone di casa, la padrona di casa, il prete e un gruppo selezionato di zitelle del villaggio su panche asciutte e botti di vino rovesciate, proprio sotto la pesante veranda dello “stazzu”. Naturalmente facevo del mio meglio per rendermi gradevole e, a forza di sorrisi, alzate di spalle e gesti, con un po’ di italiano molto approssimativo e il maggior numero possibile di parole sarde, riuscii a rendermi comprensibile.

Cominotti-Gonin-Lallemand - ballo sardo, capo di Sassari, ed. 1826, 1839
Luciano Baldassarre - ballo tondo, 1841

La sera avanzava, le stelle che appaiono così grandi e luminose nel limpido viola del cielo del sud riscattavano la notte dall’oscurità, ma non c’era la luna e non era ancora stata accesa una lampada.

Leonardo si era disteso sulla sua panca e stava dormendo profondamente, quando all’improvviso un urlo feroce risuonò chiaro e distinto sopra ogni suono. Le danze cessarono, il gruppo centrale dei coristi rimase immobile e silenzioso, con gli occhi e la bocca aperti. Cosa poteva significare? Ignazio, il giovane e feroce pastore bandito, era sbucato dal ring, si trovava a metà strada tra i ballerini e gli astanti, o seduti, pallido di rabbia, schiumante e furioso.

Seguì un fiume di parole e di gesti rabbiosi, indicando Teresa e Felice. Il sacerdote si alzò dalla sedia, pallido come la morte, si fece il segno della croce e, avvicinandosi al giovane agitato, usò ogni argomento per placare la tempesta d’ira. Sembrava inutile. Ignazio si allontanò, saltando come una capra, slegò il cavallo, balzò dal blocco dei cavalli alla sella e si allontanò come uno spirito delle tenebre attraverso le rocce e le radure. Seguì una tempesta di interiezioni di ogni tipo, invocazioni, appelli ai santi, sospiri e lacrime.

Nel bel mezzo della confusione, Best si avvicinò di soppiatto. “Qual è il problema?” chiese.

“Ebbene, proprio questo; quel demonio di Ignazio si è accorto che quella bella fanciulla, Teresa, ha permesso a Felice, il giovane agricoltore, di stringerle la mano nella danza palmo a palmo, invece di limitarsi a intrecciare le dita, come si fa di solito. Ora, unire palmo a palmo significa che lei lo accetta come amante. Da qui la sua indignazione. Verrà versato del sangue, se non mi sbaglio di grosso; ma venite, andiamo via. È disgustoso assistere a tali scene di terribile e spaventosa discordia.

Teresa era in lacrime, il giovane Felice, eretto e virile, ma pallido e pensieroso, le stava accanto, offrendole ogni consolazione possibile. Leonardo, totalmente agitato, sembrava feroce e indignato; l’uomo aveva mangiato del suo sale e aveva portato tumulto e confusione al suo tetto. Le donne erano spaventate; il prete si sforzò di riportare la pace.

Best, con tutta la genuina bontà d’animo di un inglese, andò dritto da Felice, gli disse di essere di buon umore: la fanciulla lo amava, e con il tempo tutto sarebbe potuto andare bene. Il povero Felice scosse la testa, ma sorrise ringraziando. Ci inchinammo a tutti e partimmo.

Molti seguirono subito il nostro esempio e lo stretto sentiero di montagna si animò di cavalli; le ragazze si sedettero sui loro piccoli cuscinetti dietro ai loro allegri e robusti cavalieri. Le lucciole danzavano nell’aria limpida della notte, le rane gracidavano nelle valli, la civetta strideva tra gli alti alberi di sughero.

Si stava facendo tardi quando ci imbattemmo nelle vecchie e pittoresche strade di Tempio, ed era curioso vedere le esili forme delle ragazze che si allontanavano di soprassalto dai goffi balconi dove stavano conversando con i loro innamorati, sentire il rapido chiudersi delle finestre e notare le forme dei loro ammiratori che si ritiravano su per gli stretti vicoli o le strade ombrose.

Vecchio teatro di Tempio

FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Disegni, dipinti e litografie dell’800

Giuseppe Cominotti e Enrico Gonin [disegno], A.J. Lallemand [incisione], Graminatorgiu, ca 1826-1839, IN Alberto De La Marmora, Voyage en Sardaigne, ou Description statistique, phisique… Atlas de la première partie, 1. ed. Paris, Delaforest 1826; 2. ed. Paris, Bertrand – Turin, Bocca,1839.

Alessio Pittaluga, “Pastore della Gallura”, ca 1826, IN Royaume de Sardaigne dessiné sur les lieux. Costumes, par A. Pittaluga, [litografia incisa da Philead Salvator Levilly], Paris, chez Marino; Firenze, Antonio Campani, 1826 (rist. Carlo Delfino 2012).

Jean Baptiste Barla – principale tempiese, 1841 (coll. Angelino Mereu https://amerblog.wordpress.com/)

Giuseppe Cominotti e Enrico Gonin [disegno], A.J. Lallemand [incisione], Vestimenti sardi in serie – Tempio, ca 1826-1839, IN Alberto Della Marmora, Voyage en Sardaigne cit.

Philippine de La Marmora, Donna di Tempio, IN Luigi Piloni, Memorie sulla terra sarda: tempere inedite di Philippine de la Marmora (1854-1856), Cagliari, Fossataro, 1964.

Luciano Baldassarre, Pastore della Gallura, ca 1841, IN Luciano Baldassarre, Cenni sulla Sardegna, illustrati da 60 litografie in colore, Torino, Botta, 1841; Torino, Schiepatti, 1843 (rist. Archivio fotografico sardo, 1986, 2003).

Giuseppe Cominotti e Enrico Gonin [disegno], A.J. Lallemand [incisione], ballo sardo (o ballo tondo), capo di sopra, IN Alberto Della Marmora, Voyage en Sardaigne cit.

Luciano Baldassarre, Ballo tondo, ca 1841, IN Luciano Baldassarre, Cenni sulla Sardegna cit.

John William Cook, Graminatorgiu a Tempio, ca 1849, immagine IN John Warre Tyndale, The Island of Sardinia, London 1849, ed. italiana L’isola di Sardegna, Nuoro, Ilisso, 2002.

Cartoline e foto dell’800 e primi ’900

coll. Erennio Pedroni, Gianfranco Serafino, Vittorio Ruggero.

Foto contemporanee

Salvatore Pirisinu, IN Giovanni Gelsomino, La diga del Liscia, 2006.

Aurelio Candido – Flickr; Vittorio Ruggero – Flickr; Antonio Concas – Flickr; Hans Leysieffer – Flickr.

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