II.4 – Scelta del compare e della comare
di Maria Azara
Dopo che è stabilito il nome del neonato occorre scegliere il compare e la comare. Non vi sono al riguardo regole fisse in nessun luogo. Spesso, tuttavia, il primo nato è tenuto a battesimo dal nonno paterno e dalla nonna materna.
Quando il compare e la comare non sono persone di famiglia, è il padre che deve rivolgere al compare e alla comare l’invito, la cui formula non varia molto: Sòcu vinutu a dimandavvi un piaceri, e saría di fammi la carità di battisciammi lu stéddu (la stédda) chi m’è natu (“Sono venuto a domandarvi un piacere, e sarebbe di farmi la carità di battezzarmi il bimbo/la bambina che mi è nato”); oppure… (come sopra… di fammi cristianu lu mé stéddu… (“di farmi cristiano il mio bambino”). (38).
(38). Prima del battesimo il bambino è considerato come un musulmano.
E poiché gli infedeli, che infestarono l’isola con le loro imprese piratesche, sono ricordati in Sardegna particolarmente con i due nomi di mori o di tulchi i quali lasciarono più profonde le dolorose impronte della loro crudeltà, nelle frasi popolari ci si riferisce ad essi quando si vuol dire che al bambino manca ancora la luce della cristianità.
Il DE ROSA (op. cit. pag. 61) dice che ad Olbia il bambino non ancora battezzato è chiamato chisginéddu (piccolo impasto di cenere, chisgina, per significare probabilmente che gli manca ancora l’anima del cristiano ed egli è quasi fosse di creta, a cui non è stato impresso il soffio della vera vita. Lo stesso DE ROSA, riconosce, tuttavia, che, altrove, sempre in Gallura, il bambino è detto tulcaréddu (piccolo turco).
Ad altri ho sentito dire: fétimi cristianu chistu moraréddu (“fatemi cristiano questo piccolo moro”), oppure… chista resarédda (“questa bestiola”) sempre con lo stesso sottinteso, che vi è la vita animale nel bambino, finché non è battezzato, ma non vi è l’anima vera e propria.
Non vi son formule fisse e molti, sopratutto quando vi è confidenza, vanno per le spicce: E mi lu battisgìgi lu stéddu? (“Me lo battezzi il bambino?”) oppure Battisgià mi ’oi lu stéddu? (“Mi vuoi battezzare il bambino?”).
La madrina è più agevolmente trovata per lo più fra le donne della parentela, ed ha parte meno importante di quella del padrino nella cerimonia in sé stessa, nella considerazione dei genitori e negli aiuti che, eventualmente, possono sperarsene per il bambino quando sarà cresciuto, tanto è vero che la cerimonia può perfino svolgersi con la presenza del solo padrino. Allora madrina si considera la Chiesa.
Ottenuto l’assenso del compare e della comare si fissa la data del battesimo (39).
(39). Talvolta il battesimo si può fare anche per procura ed allora il padrino e la madrina sono sostituiti per lo più da due delle persone più distinte del paese, che poi sono considerati come i veri compari.